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(Contratto Metalmeccanici)

«E adesso contratto»

(4 Dicembre 2005)

Roma invasa da 150 mila metalmeccanici: governo e industriali ci devono rispettare Carmine non arriva a fine mese «Tutto lo stipendio va via per i figli che studiano». Appello operaio: «Caro Silvio, caro Montezemolo: questo Natale voglio guardare mia figlia negli occhi senza vergognarmi». Epifani: ora è tempo di chiudere. Rinaldini: accordo sì, ma non a tutti i costi

«Contratto». Una sola, semplice parola apre i tre cortei dei metalmeccanici di Roma. E non poteva essere altrimenti. Dietro, un fiume infinito di 150 mila persone, 150 mila storie di uomini e donne che non abbassano la testa: l'Italia dei «furbetti» e degli speculatori, degli industriali che fuggono a est, deve sganciare 130 euro di aumento. Così non può continuare: ricchi sempre più ricchi, mentre tanti anziani, lavoratori, precari e disoccupati fanno i salti mortali per non essere affogati dai debiti. «Così non può continuare», dice Salvo, operaio nell'indotto del Petrolchimico di Gela. «Non ce la facciamo più», aggiunge Claudia, di una piccola azienda di componenti per elettrodomestici del vercellese. Fabbriche ferme all'80%, con punte del 90%-100% nelle zone più sindacalizzate.

Slogan contro le imprese e contro il governo, Berlusconi grande protagonista. E c'è l'universo di magliette bianche dei ragazzi di Locri, «lavoro e legalità», perché al sud non c'è alternativa: «Adesso ammazzateci tutti!». Ci sono i tantissimi piemontesi in trasferta di solidarietà, «barricati» fino a poche ore prima in Val di Susa, per difendere il proprio territorio dall'aggressione dell'Alta velocità. Un solo messaggio dal palco, ribadito dal segretario generale Cgil Gugliemo Epifani e dai tre leader metalmeccanici: «Federmeccanica si impegni a chiudere entro fine anno». Tantissimi i lavoratori ormai esclusi - o quasi - dal ciclo della produzione: è il meccanismo dell'appalto e della cessione di ramo d'impresa, ormai utilizzatissimo dalle grandi aziende, quelle con i marchi grossi, che hanno tante piccole dependances usa & getta, scatolette piene di dipendenti (e precari) di cui liberarsi appena non servono più: «E' la legge 30 che ha velocizzato questi processi, ci sono le srl create ad hoc, o l'esempio degli impianti telefonici Telecom - spiega Giovanna Marano, segretaria della Fiom siciliana - Nell'incrocio di appalti e subappalti si nasconde il lavoro precario, spesso in nero, e dunque lo sfruttamento». In un altro spezzone del corteo incontriamo Carmine, 52 anni e due figli universitari: «Lavoro otto ore al giorno, con turni anche il sabato e la domenica, e guadagno 1.150 euro al mese. Mia moglie è disoccupata. Il mio stipendio basta a malapena per mantenere i ragazzi agli studi, uno a Cosenza e l'altro a Pavia. Io e mia moglie ci arrangiamo con qualche piccolo guadagno extra».

In Piazza San Giovanni, dal palco, parla un delegato della Cmc di Milano: «Caro Silvio, caro "compagno" Montezemolo, cara Federmeccanica, non so cosa farete voi per Natale, ma personalmente aspiro solo a una cosa: poter guardare negli occhi mia figlia e mia nipote senza dovermi vergognare. Non chiedo la luna, solo la dignità». E affonda: «Volete che lavoriamo il sabato e la domenica, per le feste, volete gli orari dell'Ottocento, mentre i nostri figli sono oppressi dalla precarietà, dalla legge 30. Dobbiamo lavorare e basta: ma i nostri soldi dove sono?».

Indossando la maglietta dei ragazzi di Locri, il segretario generale della Fim Cisl Giorgio Caprioli attacca il governo e le imprese: «Basta con le bugie! Per loro i facili guadagni, per noi la precarietà. Le imprese preferiscono le speculazioni finanziarie agli investimenti, le rendite comode degli ex monopoli pubblici. Siamo costretti a sentire le promesse di un governo arruffone e arraffone, che ha tolto ai poveri per dare ai ricchi. Non chiediamo solo i 105 euro base, ma anche i 25 di produttività, per chi non firma gli integrativi. Martedì riprenderemo le trattative, ma è il tempo della responsabilità: vogliamo il contratto entro Natale».

Gugliemo Epifani interviene con un affondo a Berlusconi: «Il paese non si accontenta più di illusioni e propaganda. Come quella della casa a tutti. A tutti chi? In cinque anni i fondi per la casa sono stati tagliati. Avevamo chiesto di sostenere l'economia, di aiutare i pensionati, gli anziani, i precari. La risposta è stato nulla di nulla - aggiunge - Qualcosa è stato dato alle imprese, ma il governo poteva dire loro che quella riduzione del costo del lavoro avrebbero dovuto utilizzarla per chiudere il contratto dei metalmeccanici». «Ora Federmeccanica non tiri la corda: ritiri le sue proposte dal tavolo, ne formi di nuove e venga incontro a quelle di Fim, Fiom e Uilm. Entro fine anno faccia lo sforzo di chiudere, non chieda scambi impropri. E' il tempo della dignità». «Spero sia l'ultima prova di forza ma non è detto: non esiste l'accordo a tutti costi - spiega Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom - Non è possibile che si pensi di chiudere a 70-80 euro o che per avere qualche euro in più bisogna modificare l'orario di lavoro».

Antonio Sciotto (IL Manifesto 3 Dicembre 2005)

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