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Pace, lavoro e libertà

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(16 Ottobre 2010) Enzo Apicella
Manifestazione nazionale della FIOM

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(Contratto Metalmeccanici)

Da piazza Rossa a piazza di Spagna

Un giorno al sole per le tute blu che han preso Roma. Non chiedono democrazia, la portano

(4 Dicembre 2005)

Piazza di Spagna, foto ricordo frivola: clic. Sono targati Fiom, Altitalia. Piazza Venezia, foto ricordo patriottica davanti alla «macchina da scrivere»: clic. Anche questi sono targati Fiom, Bassitalia. Piazza Navona, foto romana-su-pianta-rinascimentale: clic. E' la Fiom di Bologna, bellezza. Roma sembra un'altra. Piazza San Giovanni sembra la Piazza Rossa, a vederla dal palco fa venire i brividi. Roma è occupata dai metalmeccanici, dalla Tiburtina, dall'Esedra, da Porta San Paolo si vede solo rosso-Fiom con qualche macchia blu-Uilm e biancoverde-Fim.

Il traffico è impazzito, brontolano i soliti tassisti mentre i postfascisti di An chiedono di fare di Roma una megazona rossa chiusa alle manifestazioni. I metalmeccanici se ne fottono di tassisti e nostalgici, vanno avanti. Ce l'hanno soprattutto con Berlusconi ma non vanno in brodo di giuggiole quando incontrano i dirigenti di quei partiti che stanno uniti per far cadere l'Uomo della Provvidenza ma sono divisi su quasi tutto il resto: guerra (molte le bandiere della pace) o legge 30 che sia e «te la do io la flexicurity». Quando i pullman partiti alle 23 da Mirafiori riescono a sfilarsi dal Raccordo anulare e conquistano San Giovanni, in tantissimi hanno già riarrotolato bandiere e striscioni per riprendere la marcia, questa volta verso il centro di Roma, per una foto, una pizza, e poi via di nuovo verso i treni e i pullman per Aosta e Trapani, quelli di Sassari sono messi ancora peggio e hanno una prospettiva di rientro vieppiù faticosa. Ma va bene così, ridono tutti. Se ne fottono anche delle telecamere («Adesso ci vedete? Vi sbagliate, non ci siamo, non c'è nessuno. Ecco - dice una irriverente fiommina friulana a una teleoperatrice di una tv non proprio amica - chiamami Nessuno». Sono colti questi metalmeccanici, anche perché tanti di loro sono appena usciti dalla scuola. Quanti giovani, e non solo quelli dei call center, i siderurgici della Ilva di Taranto sono ragazzini. Tanto per dire.

Ci sono anche corpi estranei (politici amici a parte) nei cortei di rosso vestiti. Ci sono i ragazzi e le ragazze di Locri. Ci sono i piqueteros della Val di Susa scesi in pullman nella capitale con le loro bandiere bianche «No Tav». Che ci fate con i metalmeca? «Noi e loro, una faccia una razza», dice un attempato signore che poi scopro essere operaio di una fabbrica del fondovalle, oltre che irriducibile antagonista delle ruspe. Tessera Ds, «per ora». Applausi per tutti questi corpi estranei, dai cortei come dalla città di Roma che se scavi un'anima glie la trovi. Un'anima paziente e generosa. A piazza Maggiore un drappello di africani alza uno striscione al passaggio di uno dei cortei e attacca briga, nel senso che «domani c'è la nostra di manifestazione contro la Bossi-Fini: siete tutti invitati». «Voi contratto, noi permesso», è la sostanza - e nasce un bel talk show in mezzo alla strada. Poi ci pensano gli occupanti di chissà quale stabile a fraternizzare con le tute blu. Hanno il miele `sti metalmeccanici: maltrattati di tutto il mondo unitevi.

Li vogliono più poveri e più divisi e, naturalmente, invisibili? «Se lo sognano», dice una trentenne anconetana, «prima li costringeremo a firmare il contratto, poi faremo ripetizione a tutti di democrazia. Ho detto a tutti, hai capito che intendo?». Ho capito, speriamo che lo capiscano quelli a cui l'invito a lezione è rivolto. 50 ore di sciopero, soldi e salute bruciati, un viaggio massacrante all'andata e uno al ritorno. Parlano di condizioni di lavoro, dicono «noi abbiamo dato anche troppo, adesso dobbiamo solo avere». Si capisce l'interesse limitato ai comizi dei dirigenti sindacali. Vogliono sciamare per le strade di Roma, e come sciamano. Il furgone padovano della Fiom ha già tirato via altoparlante, bandiere e cotillon metallurgici e mette in moto, innesta la retromarcia proprio quando quelli di Reggio Emilia vedono da lontano piazza e palco e quando Guglielmo Epifani non ha ancora iniziato a parlare. Parole importanti, quelle che dirà il numero uno della Cgil, ma forse ancora più importante è la soggettività di chi ha occupato Roma sapendo quel che vuole: contratto e democrazia, democrazia in tutte le sedi: «In tutte, hai capito?». Ma sì che ho capito.

Nelle metropolitane strapiene si canta Bella ciao, fuori il sole che ha illuminato i meccanici si affievolisce. E' l'ora del ritorno, grazie Roma.

Loris Campetti (IL Manifesto 3 Dicembre 2005)

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