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Contro il DDL 1660 Piantedosi-Nordio-Crosetto: il primo passo è fatto. Ora bisogna procedere spediti ai passi successivi

Report sulla assemblea on line del 21 luglio

(23 Luglio 2024)

no repressione

Se era necessaria una prova che quando un tema è ritenuto importante non bisogna farsi fermare dai tempi di ferie, l’assemblea on line di ieri l’ha data. Tanto per la partecipazione, nettamente superiore al previsto (abbiamo dovuto ricorrere ad un secondo link per allargare il numero degli ammessi al collegamento a 130, ma purtroppo, e ce ne scusiamo, altre decine non siamo riusciti ad ammetterli), quanto per la varietà degli organismi presenti, l’intensità del confronto, il numero degli interventi e – non ultimo – la sostanziale convergenza delle analisi e delle proposte.

L’introduzione di un compagno della TIR ha fissato, senza diplomazie, i punti discriminanti dell’iniziativa da mettere in campo, il più unitariamente possibile, contro il DDL e il governo che lo promuove e intende approvarlo in tempi rapidi.

Il primo è il carattere organico di esso, in quanto i bersagli che intende colpire con pene esemplari e l’istituzione di nuovi reati sono le iniziative contro la guerra e il genocidio in corso a Gaza, i picchetti operai (negli ultimi anni presenti soprattutto nella logistica), le manifestazioni contro le “grandi opere” e la catastrofe ecologica, i blocchi stradali, le occupazioni di case, le proteste nelle carceri e nei centri di detenzione per immigrati, insomma tutte le realtà e le esperienze di lotta al momento in piedi. Con un trattamento come sempre speciale per gli immigrati, attraverso nuove norme peggiorative sulla revoca della cittadinanza, l’inasprimento dei trattamenti nelle carceri, la restrizione delle pene alternative, la punizione perfino della resistenza passiva agli agenti di polizia nei centri di detenzione amministrativa. A fronte di questo aggravamento delle pene e moltiplicazione dei reati e dei divieti, c’è un rovescio della medaglia: la integrale protezione fisica, politica e giuridica degli agenti della violenza di stato come “persone sacre” da non sfiorare neppure con una spinta. Ne deriva che l’autentica opposizione al DDL e al disegno di repressione anche preventiva che gli sta dietro non può essere fatta a spizzichi e bocconi, deve essere integrale: il DDL non è assolutamente emendabile, va rigettato nella sua integralità, incluso il suo impianto ideologico con l’accostamento tra “terrorismo” (che è poi il nome con cui lo stato chiama la lotta di classe vera – l’ha enunciato in modo chiaro in particolare l’intervento del Comitato No Ponte) e “criminalità organizzata” (che è invece un’articolazione dell’apparato di dominio borghese, esterna-interna alla macchina dello stato).

Il secondo punto discriminante è lo strettissimo legame tra la stretta ultra-repressiva in corso, già anticipata da certe prassi poliziesche e da certi provvedimenti giudiziari, e la corsa verso una nuova guerra a scala mondiale – a partire dalle due grandi guerre il corso, quella coloniale di Israele contro i palestinesi, e quella inter-imperialista in Ucraina (opportunamente alcuni interventi ne hanno voluto ricordare altre, specie nel continente africano). Guerra esterna e guerra interna si tengono perché la pace sociale è, per lo stato e i capitalisti italiani, una condizione fondamentale per portare avanti con successo lo scontro con altri stati e forze del capitale. Il governo e la macchina statale ne sono coscienti. Dobbiamo esserne altrettanto certi noi: la sola forza che può mettersi di traverso a questa corsa verso la guerra è l’iniziativa delle masse oppresse e sfruttate, della classe lavoratrice e dei movimenti sociali con potenzialità anti-capitaliste. L’ultimo in ordine di tempo degli attacchi repressivi – quello che ha portato a 18 incriminazioni a Napoli e 4 obblighi di firma, e solo per poco non ha portato all’esilio da Napoli e dalla Campania di queste/i compagne/i del Movimento 7 novembre, Iskra, SI Cobas e TIR – ha un contenuto intimidatorio inequivocabile: non avete il diritto a manifestare a sostegno della resistenza palestinese, non avete il diritto a manifestare davanti alla Leonardo perché questo disturba “il gioiello” dell’industria bellica italiana. Fatto sta che per questi militanti, ed in modo speciale per gli internazionalisti, questi sono semplicemente obblighi elementari. Non ci faremo intimidire. Guerra alla guerra, perciò: “no war, but class war”.

Il terzo paletto, per così dire, è questo: la rapida approvazione di questo DDL può essere ostacolata, o quanto meno delegittimata, solo ed esclusivamente da un movimento di denuncia e di protesta nelle piazze e nei luoghi di lavoro perché nulla ci si può aspettare da un’opposizione parlamentare erede dei decreti-Minniti e della Turco-Napolitano (che creò i centri di detenzione per immigrati “irregolari”), e che in fatto di bellicismo targato NATO non è certamente seconda alle forze di governo. Tutt’altro! Questo movimento non dovrà essere, a nostro avviso, uno specifico movimento “tematico” contro la repressione, ma un’iniziativa che raccoglie e unisce le molteplici spinte sociali che hanno dovuto impattare in questi anni con gli apparati repressivi dello stato, e sono nel mirino delle politiche da economia di guerra, razziste, sessiste, anti-ecologiche dell’esecutivo Meloni – spinte rimaste, finora, quasi sempre separate o spaiate. Se perdurasse l’attuale frammentazione; se prevalesse l’idea velleitaria e piccina di fare da soli piantando la propria bandierina in uno “splendido”, in realtà impotente, isolamento; non ci sarebbe partita. Il governo delle destre vincerebbe per abbandono del campo. E’ solo con un grande sforzo unitario che possiamo ambire a condurre non una battaglia simbolica e di mera testimonianza, ma una battaglia reale che ci consenta, quanto meno, di accumulare forze, stringere solidarietà di lotta nell’immediato per fronteggiare nei tempi a venire le conseguenze dell’eventuale approvazione del DDL. Questa possibilità è legata largamente alla capacità che avremo di coinvolgere un’area sociale di lavoratori, di studenti, di disoccupati, di “persone comuni” che forse intuiscono, o addirittura avvertono, i pericoli che noi denunciamo, ma ancora non si sono messi in movimento.

L’introduzione ai lavori dell’assemblea è stata completata dall’intervento del compagno Ciccio di Iskra che ha collocato in questo contesto generale le operazioni repressive in corso a Napoli da anni, in specie contro il Movimento dei disoccupati 7 novembre. Le due manifestazioni coinvolte nell’ultima indagine riguardavano la lotta in solidarietà al popolo palestinese, e in particolare la censura posta dalla RAI a chi dal palco di Sanremo chiese lo stop dei bombardamenti e la fine della guerra. La manifestazione alla Leonardo, invece, condannava l’invio delle armi, denunciando le politiche di guerra che impongono sacrifici economici in cambio della necessità dei signori delle armi di partecipare ai conflitti bellici sempre più in aumento. Si prova così in tutti i modi a silenziare e reprimere chi si oppone ai piani dei governi di tutto il mondo che stanno portando sempre di più la popolazione globale in guerra. Per questo è necessario attivarsi contro la guerra e le conseguenze economiche delle politiche belliciste dei vari governi che penalizzano chi già vive in condizioni difficili: dobbiamo organizzarci per cambiare tutte le cose che non vanno, non possiamo assolutamente restare indifferenti e immobili.

Il successivo, intenso dibattito (una ventina di interventi), privo del tutto o quasi di frasi fatte, ha in larga misura confermato questo impianto di analisi, arricchendolo con un’altra serie di concrete “determinazioni” derivanti per lo più da pratiche di lotta.

Gli interventi di Angelo e Maria del Movimento 7 novembre hanno testimoniato la convinzione e la decisione con cui questo movimento impegnato quotidianamente per conquistare per centinaia di disoccupati il lavoro stabile e sicuro senza passare per l’umiliazione del clientelismo, è al tempo stesso impegnato nella lotta contro la repressione e contro la guerra, e la solidarietà profonda che sente verso tutte le realtà di lotta presenti in questa assemblea. Del resto, non è un caso se due delle quattro misure restrittive scattate nei giorni scorsi riguardano proprio le avanguardie della lotta dei disoccupati organizzati napoletani.

Gli interventi degli avvocati Marina Prosperi ed Eugenio Losco (dal solido impianto critico) hanno dettagliato e articolato l’analisi del contenuto repressivo del DDL, mostrandone gli elementi, per dir così, innovativi, dal reato di semplice detenzione di “materiale informativo” alla criminalizzazione della “resistenza passiva” nei luoghi di detenzione, e finanche in situazioni come i picchetti, soffermandosi tra l’altro sull’odioso giro di vite ai danni dei detenuti e degli immigrati internati nei centri di detenzione, e dando la loro piena disponibilità a spiegare i diversi aspetti di questa legge in formazione. Altrettanto ha fatto, da una posizione differente, Italo Di Sabato dell’Osservatorio repressione.

Di speciale significato la partecipazione, per la prima volta in questo genere di confronto, di militanti di Ultima generazione che hanno dovuto saggiare negli ultimi tempi la reazione degli apparati di stato, e che con molta forza hanno posto il tema del coinvolgimento della “gente comune” per spezzare l’isolamento nel quale vogliono chiuderci. Un tema ritornato dall’inizio alla fine dell’assemblea in tanti interventi, anche giustamente problematici perché porre un’esigenza (raggiungere la “massa della popolazione” o la “massa dei lavoratori”, o la “massa dei giovani”) è solo l’inizio, non la soluzione (come ha fatto notare l’intervento di Antudo, che ha aggiornato l’assemblea sulla detenzione del loro compagno Luigi, ma anche, con passione, il compagno che ha portato il saluto di SGB). Su questo tema sono ritornati diversi interventi, a cominciare da quelli di Markol del Fronte della gioventù comunista, del portavoce del Comitato No Ponte e di Davide di Insurgencia (Napoli), segno di un’attenzione ad “uscire dal ghetto” che è sempre più percepita come vitale. Ed è effettivamente vitale.

Ad esempio, Franco (del SI Cobas e della TIR) ha ricordato a tutti che l’area di Torino è stata negli anni passati un’area che ha subito una forte repressione sia verso i lavoratori sia, in particolare, verso compagne/i No Tav, con un accanimento in alcuni casi davvero speciale (come contro la compagna Nicoletta Dosio, presente all’assemblea dai suoi arresti domiciliari). E vede nell’iniziativa che sta partendo una grande occasione per Torino e i No Tav di unirsi a un movimento più ampio. La cosa importante è allargare la nostra agitazione ad un pubblico ampio di lavoratori e di giovani parlando in modo semplice e inclusivo, evitando le modalità autoreferenziali.

Parlando della situazione di Bologna (e non solo), il compagno Tiziano ha sostenuto che è necessario combinare le iniziative nazionali con quelle territoriali, in un’ottica di movimento largo che si propone di parlare ad ampie fette di popolazione, ma che deve essere nello stesso tempo caratterizzato, perché non può esserci posto per “tutto e il contrario di tutto”. Di tempo ne abbiamo poco in quanto per molti versi il DDL che il governo deva ancora trasformare in legge, è già legge prima di diventarlo nelle prassi usate in molti luoghi e nella stessa città di Bologna con fogli di via, episodi di violenza poliziesca impunita, etc. Il suo invito è a tenere insieme lotta alla repressione e lotta alla guerra, e a ricordare che il migliore antidoto alla repressione non è la lotta alla repressione, ma l’allargamento e l’unificazione delle lotte.

L’intervento del compagno Alessandro della CUB Rail ha messo in evidenza l’importanza dei recenti, riuscitissimi scioperi nelle ferrovie – un elemento centrale nella logistica di guerra – resi possibili da un’autentica auto-organizzazione dei ferrovieri, che ha respinto in secondo piano le differenziazioni e le querelles tra le diverse organizzazioni sindacali di base, e ha accennato alla costituzione di un collettivo di “ferrovieri contro la guerra”, nonché alle misure disciplinari dure davanti alle quali si sono trovati negli anni scorsi anche i lavoratori di questo comparto. La compagna Alessandra del SI Cobas ha voluto spiegare perché il SI Cobas non aveva potuto co-promuovere la chiamata dell’assemblea, e ricordato in quante e quali circostanze la sua organizzazione si è trovata di fronte alla repressione statale, intensificatasi negli ultimissimi tempi, e alle iniziative provocatorie della magistratura (che da ultimo ha colpito, addirittura con l’imputazione di “estorsione”, i coordinatori di Brescia e di Milano).

Un aspetto generalmente trascurato tanto nelle analisi politiche che nelle risposte di lotta da dare, quello della speciale e specifica oppressione che ricade sulle donne in tempo di guerra e di economia di guerra, è stato sottolineato – come grave lacuna da colmare anche nel campo dell’anti-capitalismo più militante – da Annamaria del Comitato 23 settembre, che ha anche fatto cenno all’insolito femminismo anti-colonialista e anti-imperialista che caratterizza questo organismo, e ne fa un elemento a sé nel contesto italiano, dominato da tendenze che eludono tanto la dimensione coloniale dell’oppressione femminile nell’immigrazione e nelle popolazioni “di colore”, quanto la necessità della convergenza tra le lotte delle donne e quelle di tutti gli oppressi.

I compagni del CPA di Firenze, nel condividere larga parte dell’impianto del testo di chiamata, hanno relazionato sulle iniziative in programma a Firenze, in particolare sul corteo che dirà “no al comando NATO”, contro guerra e spese militari indetto per il prossimo 21 settembre nel capoluogo toscano. Analoghi contributi sono arrivati dall’intervento del Centro sociale Boccaccio di Monza, da quello di Davide del centro sociale Insurgencia di Napoli, e da un compagno dell’area anarchica di Trento-Rovereto, dai quali è venuto l’auspicio di arrivare quanto prima alla definizione di un piano di mobilitazione. L’intervento del Coordinamento dei comitati di lotta di Viterbo e di Roma, nel concordare con l’impostazione e le finalità dell’assemblea, ha sottolineato che non si tratta solo del governo delle destre, evidentemente da lottare con tutte le nostre forze, si tratta dello stato democratico in quanto tale.

La dimensione internazionale e internazionalista della lotta contro la repressione statale e contro la guerra, le due cose stanno assieme, è stata ricordata negli interventi di Rafael Santos del Partito Obrero e di Alassa dell’associazione tedesca “Solidarietà Amici dei Rifugiati”. Dall’Argentina il compagno del Partido Obrero, oltre a rinnovare la vicinanza e la solidarietà della sua organizzazione ai militanti e ai proletari di avanguardia colpiti in Italia dalla repressione statale, e a sottolineare la concordanza di vedute con i promotori dell’assemblea, ha richiamato il pesante attacco che stanno ricevendo dal governo Milei il Partido Obrero e il Polo Obrero, con una trentina di membri e dirigenti sotto processo, e concluso invocando il rafforzamento dei legami internazionalisti. Il compagno Alassa (egli stesso espulso in Italia dalla Germania, dove ha potuto fare ritorno grazie a una campagna di massa e a una battaglia legale), ha denunciato la crescente violenza poliziesca contro le manifestazioni anti-AfD, organizzazione dai tratti sempre più chiaramente fascisti che istiga all’odio contro gli immigrati, e la violazione del diritto di protesta, con divieto di accesso agli avvocati per chi viene arrestato.

In un’assemblea che è stata percorsa dall’inizio alla fine da uno spirito internazionalista, con un’attenzione speciale all’operazione genocida in corso a Gaza e alla resistenza palestinese, gli interventi dell’Udap e del Centro Handala di Napoli hanno richiamato la forza e l’importanza del moto internazionale di solidarietà con il popolo palestinese, e la necessità di intensificare la denuncia della complicità degli stati europei e dell’Italia con lo stato sionista che passa anche attraverso misure repressive specifiche e sempre più diffuse contro i militanti solidali con la Palestina. Entrambi hanno dichiarato di voler essere parte dell’iniziativa tracciata dall’assemblea. Per un imprevedibile disguido i GPI non hanno potuto intervenire, ma hanno confermato anche loro che saranno parte integrante della mobilitazione in preparazione contro il DDL 1660, contro la repressione e a sostegno del popolo e della resistenza palestinese.

Una critica esplicita all’impostazione dell’assemblea è stata quella di ignorare la prospettiva, ed in particolare la prospettiva della trasformazione della guerra tra capitalisti nella guerra contro i capitalisti. Non concordiamo con questa critica: il tema l’abbiamo ben presente, a modo nostro, classico se così si vuol dire. Valutiamo attentamente, con il necessario realismo, il punto da cui ripartiamo, il percorso necessario da fare per avanzare verso il rovesciamento dell’ordine costituito, e la dannosità, già sperimentata in passato, dei corto circuiti soggettivisti.

Nelle conclusioni il compagno Eddy ha ringraziato anzitutto i contributi internazionali, e sottolineato che davanti ad un sistema sociale di sfruttamento e di guerra a carattere globale, ogni risposta efficace non può che essere, o almeno tendere ad essere, internazionale e internazionalista. Un secondo ringraziamento è andato a quanti hanno partecipato per la prima volta ad assemblee di questo tipo (Ultima Generazione, ad esempio) portando con sé l’invito ad una mobilitazione contro la repressione ampia e complessiva, che sappia andare oltre gli stretti giri militanti rivolgendosi alle sempre più ampie sezioni della classe lavoratrice e della società che stanno subendo le conseguenze di una crisi economica pluridecennale aggravata dall’ingresso in un’economia di guerra. Vogliamo arrivare a quante più aree della società possibile, portando in esse i nostri contenuti (“i punti fermi”) e senza concedere nulla alle forze parlamentari di “opposizione” che sono corresponsabili della situazione in cui siamo. I tempi brevi con cui l’assemblea è stata chiamata hanno forse impedito ad alcune realtà di fare i passi necessari “interni” per accoglierla, ma abbiamo egualmente voluto lanciare il sasso nello stagno perché i tempi di approvazione del DDL appaiono piuttosto stretti, e se non si vuole fare qualche iniziativa di bandiera a legge approvata, è ora che bisogna organizzarsi. Per questo, ha concluso, se mettiamo in previsione un’iniziativa contro il DDL nel mese di settembre, è il caso che tutte le realtà che hanno partecipato all’assemblea si riconvochino a breve (inizio di agosto) per tracciare insieme il piano di agitazione, di propaganda, di mobilitazione di piazza coerente con i contenuti dell’assemblea.

Chiediamo, infine, ai diversi organismi che hanno preso parte e preso parola nell’assemblea di farci pervenire le loro riflessioni su questo primo passo che, con soddisfazione, possiamo registrare come fatto.

A cura degli organizzatori dell’assemblea: Movimento 7 Novembre, Laboratorio politico Iskra, Tendenza internazionalista rivoluzionaria

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