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L'angoscia dell'anguria

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(24 Luglio 2013) Enzo Apicella

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Recessione e lotta di classe

(14 Settembre 2024)

crisi, recessione e lotta

Le speranze di una prossima ripresa economica sono di nuovo smentite dai fatti.

Come avevamo previsto, la situazione economica continua ad aggravarsi, presentando i sintomi di una nuova crisi economico-finanziaria.

Sono i rappresentanti dell’oligarchia finanziaria come Lagarde a dichiarare apertamente che bisogna prepararsi a un “atterraggio duro”.

Sono i capitani d’industria italiani a rivelare che “siamo alle porte di una crisi come quella del 2008/2009”. In effetti essa può manifestarsi in qualsiasi anello dell’economia capitalistica, in qualsiasi settore o sfera dell’impiego di capitale.

Il crollo delle Borse avvenuto il 5 agosto ha evidenziato che la minaccia di recessione economica mondiale è reale, nonostante gli sforzi dell’imperialismo di impedirla anche mediante il taglio dei tassi di interesse praticato dalla Fed statunitense.

Ma le contraddizioni intrinseche del sistema capitalista, in primo luogo quella fra il carattere sociale della produzione e la proprietà privata capitalistica dei mezzi di produzione, si manifestano inevitabilmente nei contrasti concreti che costituiscono le cause immediate delle crisi economiche.

Mentre l’economia capitalistica globale perde slancio e naviga in un mare d’incertezza, in Italia, la produzione industriale è in calo ormai da un anno e mezzo, specie per i mezzi di produzione e di consumo.

La produzione di auto è crollata del 30% nel primo semestre. La siderurgia arranca, la chimica di base e le TLC sperimentano una dura crisi. Tessile, moda, calzaturiero, macchinari, affondano.

L’export incontra crescenti difficoltà. La domanda mondiale è calata e importanti mercati di sbocco sono praticamente bloccati: la Germania principale partner commerciale dell’Italia è alle prese con la recessione; la Russia e i paesi del Medio Oriente a causa delle sanzioni e della guerra. Di qui il tentativo di rilanciare i rapporti con la Cina (che non corre più come prima e ha diversi settori in sovrapproduzione).

Tutto ciò ha un impatto notevole sul tenore di vita delle masse lavoratrici.

Mentre la capacità di consumo dei lavoratori rimane limitata, stante i bassi salari, il carrello della spesa costa sempre di più, anche a causa della speculazione delle grandi aziende e della grande distribuzione. il 45% della popolazione non è neanche andato in ferie perchè non ha la possibilità economica per farlo.

Sul fronte occupazionale la situazione, già drammatica, è destinata a peggiorare. Sono circa 60 mila i lavoratori coinvolti nelle crisi delle grandi aziende, il cui posto di lavoro è a rischio. Altri 120 mila sono a rischio nei settori in crisi per la gestione delle transizioni o riconversioni produttive. A questi si aggiungono le decine di migliaia di operai dell’indotto e delle crisi regionali (10 mila in Cig nella sola Toscana).

Ma sono le prospettive a dover allarmare e mobilitare la classe operaia. Nei prossimi mesi la frenata dell’economia proseguirà. La recessione romperà le proporzioni esistenti nel sistema capitalistico, fra i diversi rami e settori economici. Svilupperà conflitti fra settori di capitalisti. I monopoli più forti attraverso lo Stato e il governo imporranno una linea politica a loro favorevole.

Ciò si tradurrà in un attacco pesante al proletariato e alle masse popolari: altre decine di migliaia di operai si aggiungeranno al drammatico elenco delle imprese in crisi, vi sarà una nuova ondata di cassa integrazione e contratti di solidarietà, ulteriori riduzioni di salario (un operaio in Cig prende 4 euro all’ora e il problema del rifinanziamento degli ammortizzatori sociali si fa sempre più serio, stante la volontà del governo di non toccare patrimoni e rendite), peggioramento delle condizioni di lavoro, diminuzione della capacità di consumo e aumento dei debiti delle famiglie dei lavoratori sfruttati e oppressi, aumento della disoccupazione e della miseria con ulteriore allargamento della breccia fra capitalisti e ricchi da un lato, proletari e povera gente dall’altro.

Non c’è solo la recessione. Secondo il copione europeo nei prossimi sette anni l’Italia dovrà mettere in atto 84 miliardi di tagli alla spesa pubblica, dato che l’UE ha ufficializzato la procedura di infrazione per deficit eccessivo dell’Italia.

Difficilmente ci saranno sconti e spazi di flessibilità, data l’azione degli Stati e dei gruppi finanziari più forti che esigono una politica di austerità che va a pesare sui lavoratori.

Panetta (Bankitalia) vorrebbe ridurre i 3 mila miliardi di debito (circa 100 miliardi annui di interessi passivi) non solo con i tagli ai servizi pubblici, ma accelerando sull’integrazione europea, cioè facendo diventare il debito europeo: una pia illusione della borghesia italiana.

Le rate finora ricevute del Pnrr (113 mld.) sono state una boccata d’ossigeno per il governo, ma le restanti rate si intrecciano con il piano di aggiustamento dei conti pubblici e con le controriforme. La partita si fa sempre più difficile.

Allo scopo di difendere gli interessi del grande capitale e dei ceti parassitari, il governo Meloni prosegue la sua offensiva antioperaia e antipopolare a tutto campo: sacrifici e austerità per la classe operaia e le masse popolari, profitti e privilegi per capitalisti, ricchi e mangiapane a tradimento.

Con queste premesse il governo prepara un’altra manovra finanziaria per dare un’altra stretta sulle pensioni, allungando la vita lavorativa; si vogliono mettere le mani sul Tfr per darlo ai fondi pensionistici privati, si prolunga il precariato e lo sfruttamento bestiale, per fare cassa si svendono le quote statali di diverse aziende, mentre si riduce il sostegno ai disoccupati e alle persone in povertà.

Intanto si preparano altri tagli alla sanità, all’istruzione e ai trasporti pubblici, agli sconti fiscali e a tutte quelle voci che per i padroni e i loro ministri sono “spese improduttive”.

Questo mentre il governo spinge avanti la fascistizzazione dello Stato e cerca di concentrare al massimo il potere e dividere il proletariato con il premeriato e l’autonomia differenziata, secondo i voleri del grande capitale.

La borghesia e il suo governo rafforzano sempre più le misure reazionarie e repressive contro le elementari libertà politiche e sindacali del movimento operaio, delle grandi masse, continuano a prepararsi per la guerra aumentando le spese militari, riarmando, partecipando alle missioni all’estero con il blocco guerrafondaio USA/Nato.

La pressione politica e ideologica sulle masse è volta a deviare sul “nemico esterno” (la Russia, la Cina, l’Iran, etc.) la rabbia e il malcontento popolare. Su questi “nemici” si rigettano le cause della gravissima crisi economica.

Con lo sciovinismo e la demagogia sociale si afferma una manovra volta a coinvolgere ampi strati di lavoratori nella politica di guerra e di miseria, mentre si nascondono i motivi reali dei contrasti di interesse fra potenze imperialiste.

Distrarre e dividere le masse lavoratrici per colpirle a fondo, fascistizzare la politica e le istituzioni borghesi: questo è il piano delle forze padronali e di governo volto alla creazione di un regime autoritario caratterizzato da una politica apertamente antioperaia, antidemocratica e bellicista.

Intanto in Ucraina e in Medio Oriente avanza l’escalation bellica a cui il governo partecipa in pieno per difendere gli interessi del capitalismo monopolistico italiano.

La recessione e l’inasprimento della lotta sul mercato mondiale, susciteranno non solo l’estrema instabilità delle relazioni internazionali, ma anche l’inasprimento della lotta di classe fra sfruttatori e sfruttati, oppressori e oppressi.

Mentre l’economia è al ribasso, l’ascesa della lotta dei lavoratori, dei giovani e dei popoli è l’elemento qualificante della situazione mondiale. Si succedono lotte caratterizzate da imponenza, combattività e tenacia, come abbiamo visto in Bangladesh, Kenia, Corea del Sud, Argentina e altri paesi.

Sottolineiamo l’importanza che la classe operaia ha nelle mobilitazioni in diversi paesi imperialisti e capitalisti sviluppati, fra cui gli Stati Uniti, nonché la partecipazione alle manifestazioni dei giovani degli strati popolari.

Questa tendenza si svilupperà anche nel nostro paese nonostante le dirigenze politiche e sindacali riformiste, populiste e collaborazioniste continuano a immobilizzare, deviare e dividere il movimento operaio.

I capi di queste forze combattono con spade di cartone il governo Meloni, mentre sono d’accordo ad usare quelle di ferro contro il proletariato e i popoli.

Nei prossimi mesi la nostra attività si collocherà dentro questo scenario convulso e conflittuale, con la “bomba sociale” che prima o poi esploderà.

Nostro compito è sostenere e sviluppare le mobilitazioni proletarie e popolari, per sviluppare la coscienza e la volontà rivoluzionaria di classe, accrescere la consapevolezza della necessità e della possibilità di spezzare la catena imperialista nei suoi punti deboli e farla finita con questo sistema che schiaccia le vite umane e distrugge il pianeta.

Per sviluppare una politica rivoluzionaria non è sufficiente indicare gli scopi finali.

I comunisti devono avanzare rivendicazioni economiche e politiche il cui soddisfacimento costituisce un bisogno immediato e improrogabile per l classe operaia, diffondere e propugnare tali rivendicazioni nella lotta delle masse, indipendentemente dalla loro conciliabilità o meno con l’economia del profitto della classe capitalistica e delle esigenze del bilancio statale borghese.

Nella situazione attuale, di aggravamento della crisi generale del capitalismo, anche le più modeste rivendicazioni per migliorare le condizioni di vita delle masse operaia sono inconciliabili con l’esistenza della società borghese.

Quindi la lotta per queste rivendicazioni non solo costituisce la base del fronte unico proletario, ma favorisce la presa di coscienza della necessità di lottare per l’abbattimento del capitalismo, per la rivoluzione socialista.

In altre parole, occorre legare in modo efficace nostri obiettivi rivoluzionari alle lotte quotidiane.

Per sviluppare questa linea dobbiamo continuare a lavorare per favorire il raggruppamento dei comunisti e dei proletari rivoluzionari in una sola Organizzazione basate sui principi del marxismo-leninismo e dell’internazionalismo proletario, così da avanzare nella lotta volta ad edificare un Partito comunista dotato di una solida unità ideologica e organizzativa e di una combattiva linea politica.

Da Scintilla n. 147, settembre 2024

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