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(19 Settembre 2024)
La condizione dei lavoratori precari della scuola non è più accettabile; è giunto il momento di costruire un fronte che, pur nelle sue differenti provenienze, sia più determinato ed unitario possibile e chela lotta contro il precariato si saldi necessariamente a quella contro il progetto di distruzione della scuola pubblica messa in atto dai governi che si sono succeduti da trent’anni a questa parte.
Ogni anno sempre la solita storia che si ripete; il ministro di turno afferma di aver trovato la soluzione all’annosa questione del precariato nella scuola, ma tutto poi si risolve in un bluff. E così è accaduto anche col Ministro Valditara (quello che pensava di risolvere i problemi endemici della scuola italiana con la parolina magica “Merito”): nonostante avesse annunciato urbi et orbi che con il suo concorso PNRR avrebbe diminuito radicalmente il problema, l’avvio dell’anno scolastico 2024-2025 si sta dimostrando un vero e proprio incubo, per alunni, famiglie e lavoratori della scuola (docenti e ATA).
Un incubo che cresce sempre più, se è vero che in sette anni i docenti precari sono aumentati del 72%; dai 132 mila supplenti dell’anno 2017/2018 ai 232 mila dello scorso anno, mentre per l‘attuale anno scolastico saranno 250 mila (più di un terzo dei docenti totali) quelli assunti fino al 30 giugno 2025, e di questi ben 106.000 sono insegnanti di sostegno. Poi la giostra ricomincerà. La situazione per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario nelle aule e nelle segreterie scolastiche non è, certo, migliore: si calcola che il precariato, in questo settore lavorativo, ammonti a oltre 50 mila unità.
La triste realtà è che un lavoratore precario costa allo Stato molto meno di uno a tempo indeterminato e, quindi, all’amministrazione conviene mantenere lo status quo fatto di incertezza e contratti a tempo piuttosto che favorire la completa stabilizzazione. Di questi lavoratori viene sfruttata la professionalità, evitando al contempo di riconoscere loro alcuni fondamentali diritti, come il diritto alla maturazione dell’anzianità di servizio, a percepire uno stipendio anche al termine delle attività didattiche, al pagamento completo dell’indennità di malattia; al TFR calcolato su 10 anziché su 12 mesi.
E così si spiega perché con 62.560 cattedre scoperte, sono state autorizzate solo 45.000 assunzioni (per di più non riuscendo a reclutare tutto il contingente), si programmi un nuovo concorso scuola a novembre, creando delle aspettative che poi verranno deluse, mentre migliaia di idonei di concorsi degli anni passati sono ancora in attesa di una chiamata e perché, a fronte di oltre 30mila posti vacanti tra gli ATA, sono state previste solo 10 mila assunzioni in ruolo (pari ai pensionamenti 2024).
A rendere la situazione ancora più caotica c’è da una parte la proliferazione dei canali di assunzione come le Graduatorie provinciali a scorrimento (GPS), il cui algoritmo mostra, ancora una volta, dei gravi limiti di funzionamento (con graduatorie piene di errori, prima pubblicate, poi ritirate e ancora ripubblicate, con il caso più eclatante registrato a Brescia), affiancate quest’anno dall’ultima novità ministeriale dell’Interpello (col risultato di avere le segreterie invase da centinaia di candidature da parte di docenti senza titolo) e le graduatorie sempre verdi di aspiranti insegnanti, sfornati da TFA e prossimamente dall’Indire; dall’altra il verificarsi sempre più spesso di vicende vergognose che riguardano l’acquisto di titoli per l’insegnamento, anche sul sostegno e di certificazioni varie, a partire da quelle linguistiche, all'estero, ma anche in Italia.
Tutto ciò, oltre a produrre un balletto dei docenti, utilizzati col sistema “usa e getta”, senza alcun rispetto per la loro professionalità e condizione esistenziale, comporta ricadute inevitabili sulla gestione delle scuole, sugli alunni e sulle famiglie che vedono la continuità didattica sempre più come un miraggio.
Parte del problema sono i sindacati maggiormente rappresentativi che non sono mai riusciti a porre la questione della stabilizzazione dei precari all’ordine del giorno coi diversi esecutivi che si sono succeduti in tutti questi anni; anzi, detti sindacati, oltre a non aver denunciato le falle del sistema di reclutamento italiano con i suoi tempi biblici per l’assorbimento del precariato, hanno di fatto avallato che per decenni lo Stato favorisse lo sfruttamento e la discriminazione dei lavoratori. Hanno così fatto in modo che i precari della scuola si abituassero a pensare che la loro controparte fossero i compagni di graduatoria, chi minacciava di acquisire posizioni più vantaggiose rispetto a loro o altri che a gran voce e legittimamente rivendicavano il riconoscimento dei loro diritti. In sostanza gli stessi sindacati hanno incentivato la guerra tra poveri!
Di contro l’Unicobas è da sempre pienamente convinto del fatto che per affrontare la questione del precariato non possa più essere rimandata la costruzione di un fronte che sia, pur nelle sue differenti provenienze, determinato ed unitario e che tale battaglia si saldi necessariamente a quella contro il progetto di distruzione della scuola pubblica messa in atto dai governi che si sono succeduti da vent’anni a questa parte; pertanto la proposta del nostro sindacato era e resta la seguente:
- Istituzione di un doppio canale di reclutamento con il 50% dei posti a concorso ordinario ed il 50% dei posti da destinarsi al personale precario, Docente e Ata abilitato e vincitore di concorso, con l’esclusione della reiterazione dei concorsi e dei percorsi abilitanti per chi è già abilitato e vincitore di concorso. - Attribuzione di 12 punti per ogni abilitazione e per ogni anno di servizio maturati. - Fase unicamente transitoria che preveda concorsi riservati per i non abilitati non vincitori di concorso. - Ripristino del dovere di assumere cittadinanza nella provincia per le supplenze temporanee (non per i contratti annuali), nonché della domanda su massimo tre scuole e dello spostamento in coda alla graduatoria in caso di rifiuto delle supplenze. - Conteggio solo degli anni di servizio maturati nelle scuole pubbliche e, nella fase transitoria, eliminazione dal computo nelle graduatorie pubbliche degli anni svolti in scuole private non certificati da busta paga. - Chiudere i buchi in organico per vigilanza, sicurezza ed amministrazione: assunzione di tutti i precari Ata con 36 mesi di servizio. - Stabilizzazione di LSU ed LPU presso gli Enti Locali. - Rilascio dei titoli e delle certificazioni validi per l’insegnamento esclusivamente da parte di scuole e università pubbliche.
Stefano Lonzar- Unicobas
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