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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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(21 Settembre 2024)
Questo contributo scritto, non ha alcuna pretesa di essere esaustivo delle varie questioni, ma mette in luce alcuni aspetti, anche di tendenza o già consolidati, che sono rilevanti per chi interviene nel variegato mondo del terzo settore, delle cooperative sociali e delle aziende che gestiscono, in appalto, in affidamento o convenzione con Pubbliche Amministrazioni o come datore di lavoro privato in forma diretta e “indiretta”, i servizi socio assistenziali, socio sanitari, educativi, di inclusione e di orientamento, di attività collegate all’istruzione e all’educazione, all’assistenza alle persone, gestite in passato da pubblici dipendenti o mai erogate a utenza e cittadinanza dal settore pubblico.
UN SETTORE IN CONTINUA TRASFORMAZIONE: la tendenza oramai consolidata negli ultimi 44 anni (le prime convenzioni con i Comuni, per l’assistenza domiciliare agli anziani come a Roma è del 1980, con le prime cooperative di produzione e lavoro costituite come risposta occupazionale da disoccupati o precari non assorbiti nel settore pubblico, poi divenute cooperative sociali e ora “imprese sociali”), di far gestire servizi di assistenza e sociali alla persona in condizione di svantaggio e di disabilità, da personale non dipendente da Enti pubblici, sta raggiungendo una espansione notevole sul piano nazionale e non solo nelle grandi città, andando a intervenire in una serie di servizi, attività e prestazioni, molto ampia. Si va dai servizi di ASSISTENZA DOMICILIARE (anziani, disabili, minori), dove nel corso dell’ultimo decennio si assiste al passaggio, collegato alla rottura del patto di solidarietà sociale di fonte costituzionale e al principio di sussidiarietà, dalla gestione in convenzione e appalto/affidamento a cooperative sociali e agli ETS (Enti del Terzo Settore, onlus e a.p.s.) all’assistenza indiretta, dove i lavoratori e lavoratrici, spesso ex dipendenti o soci lav., sono reclutati direttamente dalle famiglie degli utenti, con CCNL diversi da quelli comunemente usati (come quello che si applica a colf e badanti, appunto ollaboratori-trici o assistenti familiari), a condizioni salariali, contributive e normative spesso peggiori e rapporti molto complessi all’interno delle relazioni familiari e di prestazione lavorativa richiesta, nelle abitazioni di utenti e loro famiglie. Come per le attività di pulizie e assistenza in casa delle colf, chi è utilizzato per l’assistenza indiretta assomiglia molto alle funzioni pretese per le badanti, con una composizione sociale formata da donne, spesso immigrate non comunitarie e sottoposte a varie forme di flessibiità, stante il vincolo tra permesso di soggiorno in Italia e contratto e rapporto di lavoro subordinato, con tutte le difficoltà connesse alla loro organizzazione e tutela anche in campo sindacale. Si crea quindi una sorta di “doppio canale”, tra l’assistenza domiciliare organizzata in forma cooperativa, dove si legano le difficoltà esistenti tra dipendenti e soci dipendenti, antica questione in cui si intrecciano le modalità di essere convinti od omologati al concetto di ”imprenditori sociali” legati al destino della “propria” cooperativa nel mercato dell’assistenza e dei servizi sociali con relativa competizione su tariffe e costi degli appalti rispetto a quanto si percepisce su lavoro sempre più complesso ed usurante rispetto ai primi anni ’80 (dopo quelle del 1980, sull’esempio di Roma esteso ad altre grandi città metropolitane la convenzione per i servizi ai disabili e ad alcune tipologie di handicap, è del 1985, su prestazioni assistenziali mai svolte da personale pubblico dipendente , della Sanità o degli Enti Locali e Regionale) di CCNL con salari ancora oggi bassi e insufficienti a reggere con il costo reale della vita e dell’inflazione reale, con la gestione personalizzata e individuale delle prestazioni attraverso l’assistenza indiretta, cavallo di battaglia anche di forze politiche di opposizione (M5S e settori dell’attuale PD) come risposta anche quando si sono trovate alla gestione di Enti Locali, alle famiglie di utenti, non tutti disagiati economicamente, con familiari di ogni età e origine sociale, in condizioni di difficoltà, rompendo anche quel legame più o meno sviluppato, (anche sulla spinta di lavoratrici e lavoratori già sindacalizzati o con le idee chiare sulla natura effettiva del movimento cooperativo e solidaristico di antica memoria operaia e di mutuo soccorso), di gestione collegiale e solidale, anche di chi fa l’assistente domiciliare con il supporto tecnico di figure specialistiche (psicologi, assistenti sociali, educatrici-educatori) nei gruppi di lavoro, nei coordinamenti di settore e di équipe. Un doppio canale che è tutto interno alla competizione imprenditoriale e di tipo capitalistico, dove le Pubbliche Amministrazioni tendono a scaricare sulle famiglie e sulle spalle dei singoli operatori-operatrici sociali che erogano in forma indiretta il servizio, le responsabilità e i compiti derivanti dalle fondamentali norme costituzionali (i primi 3 articoli della vigente Costituzione repubblicana e…antifascista, oltre agli articoli 36 e 38), in capo agli Enti pubblici e allo Stato, anche attraverso una gestione di tariffe e costi, nelle convenzioni, affidamenti e appalti, al ribasso e con una discrepanza notevole, ancora oggi esistente, tra la retribuzione lorda oraria per la prestazione lavorativa offerta da chi lavora ed eroga il servizio, in base a CCNL di settore e di riferimento come recitano i vari “codici degli appalti pubblici” o, nel caso dell’assistenza indiretta, rispetto alla tariffe e costi orari posti dalle P. Amm.ni, con un effetto di trascinamento verso il basso delle dinamiche salariali secondo i criteri economici nel rapporto con le famiglie, i datori di lavoro effettivi, degli utenti da assistere. Un ribasso salariale che sta già producendo effetti devastanti, per la forza lavoro complessivamente utilizzata.
Una dinamica che sta prendendo piede in modo rilevante, anche sul territorio nazionale, sulla spinta delle modalità di intervento delle varie forze politiche, in molti casi trasversali agli schieramenti attuali, anche nella gestione delle strutture pubbliche, sanitarie e di Enti Locali, con tagli rilevanti di risorse da parte delle Amministrazioni regionali e dello Stato centrale, per la copertura dei costi di servizi che sono qualificati come “servizi pubblici essenziali” (e ce ne accorgiamo a livello sindacale, in caso di scioperi, dove si applica la legge 146/90 e 83/2000, in modo tale da rendere inefficace tale strumento predeterminate prestazioni e attività lavorative). Con la legge 86/2024, sull’Autonomia Differenziata, sarà ancora peggio…
Tendenza espansiva che nel corso degli anni e a livello nazionale, dal nord al sud del Paese, alla gestione esternalizzata, ha raggiunto molti altri servizi di ambito comunale, dagli asili nido, alle scuole primarie, alla gestione di case di riposo, Rsa (residenze sanitarie Assistenziali, queste ultime di competenza di ASL e Regioni quindi socio sanitarie), centri diurni e semiresidenziali, fino alle farmacie già comunali (oramai trasformate in aziende a capitale misto o privatizzate, preda delle grandi aziende e multinazionali del settore socio farmaceutico, resiste a Roma dopo una lotta durata 15 anni e non ancora finita, l’Azienda Speciale Comunale Farmacap…), per arrivare alla gestione di servizi di accoglienza e assistenza al diritto allo studio, negli Atenei pubblici, di gestione del patrimonio immobiliare delle Università con addetti alle pulizie, di mense, con custodi e manutentori, assistenti di laboratorio o di biblioteca, ,operai e impiegati reclutati in regime di appalto e convenzione con gestione di grandi cooperative sociali, le quali forniscono una gamma di servizi multifunzionali e con il contenimento dei costi complessivi di gestione, schiacciano nella competizione del “mercato dell’assistenza e dei servizi” le cooperative medio piccole (fenomeno delle “imprese marginali” del liberismo) buttandole fuori dagli appalti o inglobandole come loro mandatarie di fiducia sul territorio, con lo sviluppo per le Pubbliche Amministrazioni del fenomeno della gestione in “global service”, come risposta gestionale alla ritirata del pubblico con proprio personale dipendente, a costi ridotti per le differenze salariali e contributive esistenti a livello di CCNL da applicarsi rispetto ai CCNL delle società aggiudicatarie. Anche il mondo dell’istruzione e dell’educazione ha subito tale processo di trasformazione, dall’assistenza di base (utilizzando per anni figure di progetti di LS.U. o LPU, solo in parte stabilizzati dopo 20 anni di lotte ma in regime di part time e carichi di lavoro più complessi come personale ATA, nelle scuole e nei settori come ausiliari, collaboratori scolastici e amministrativi), anche a studentesse-studenti disabili, all’assistenza specialistica a tali categorie di utenza dalle scuole dell’infanzia e delle scuole dell’obbligo ( di competenza degli Enti Locali) fino alle superiori (la cui competenza e gestione è di solito, in ambito regionale con vigilanza del Ministero…). Idem per i servizi di ausiliariato, trasporto scolastico, gestione delle mense e della ristorazione scolastica, che fanno parte del “servizio scolastico educativo integrato”, con una diversificazione di CCNL di riferimento, orari, ritmi, salari, responsabilità aumentate dopo la pandemia, con condizioni di in-sicurezza sul lavoro e un uso anche eccessivo, come vedremo in seguito delle varie forme di contratti e tipologie individuali.
Stessa sorte per i servizi socio sanitari, dalle esternalizzazioni dei servizi di prenotazione delle visite (CUP), alle varie figure operaie, anche specializzate (OSS E OSSS), di infermieri, fisioterapisti, tecnici della riabilitazione, educatrici-educatori professionali, fino ai tecnici di laboratorio, agli addetti-e ai servizi territoriali e psichiatrici, alla gestione del servizi di soccorso e uso di ambulanze e mezzi di trasporto di pazienti-utenti, con una gestione differenziata da Regione a Regione, ma con la chiara distruzione di quello che una volta dopo la riforma del Servizio Sanitario Nazionale pubblico, la 833 del 1978, che generò forti aspettative per chi ci si è trovato a lavorare e ai settori di cittadinanza, frutto di un decennio di lotte vincenti, in applicazione del diritto alla salute (art. 32 Cost.) e all’assistenza generalizzata, tendenzialmente con la gratuità delle prestazioni, coperte dalla fiscalità generale e dalle imposte e tasse detratte alla fonte per una allora consistente massa di forza lavoro occupata.
Uno scenario che in assenza di un collegamento effettivo delle varie sacche di resistenza o di sopravvivenza per difendere anche un lavoro dequalificato, soggetto alle regole del mercato e con l’ulteriore spada di Damocle delle corporazioni-albi e ordini professionali che pontificano, con l’avallo e la spartizione di fondi per la formazione professionale e i corsi (selettivi) di aggiornamento con i sindacati collaborazionisti e firma-tutto-e-di-peggio, nel pubblico come nel privato, che legano sempre di più a doppio filo, le represse e legittime prospettive di crescita professionale e di verifica dei percorsi di formazione acquisiti sul campo, oltre che un meccanismo da corsa ad ostacoli per chi esce dai percorsi universitari (ormai la laurea triennale è considerato per molte professioni anche in questo settore, un livello selettivo per poter accedere al lavoro, con lunga gavetta di apprendistato e di precariato…) per poter lavorare o tenersi il posto di lavoro, specie con l’istituzionalizzazione dell’iscrizione e della formazione in base agli ordini e albi professionali, esperienza quasi unica in Europa e frutto di una concezione medievale di stampo corporativo, di gestione feudale dei rapporti gerarchici all’interno di servizi e settori dove il lavoro collegiale è rilevante dove le competenze e le professionalità vanno valorizzate per il benessere collettivo, non per la supremazia di questa o quella tipologia professionale. Tendenza aumentata con i governi conservatori o peggio di destra più o meno estrema (abbiamo la triste esperienza italica, delle “Camere dei fasci e delle corporazioni” di mussoliniana memoria…con il governo attuale e le regioni in mano istituzionalmente ai “governatori” con ampi poteri… ci sta poco da stare allegri).
Senza mettere in contro il predominio e la prevalenza conquistata in questo ambito, dalle grandi società del settore sanitario privato vero e proprio, che fruttando il meccanismo della sanità convenzionata, con la ritirata dell’intervento pubblico a gestione diretta, hanno progressivamente fatto spostare le ingenti fonti di risorse economiche e finanziarie destinate alla sanità e alle funzioni di cura e di assistenza, statali e regionali, con un meccanismo distorto che non sarà per nulla facile, portare ad una inversione di tendenza verso la riconquista e il rilancio della sanità pubblica e il ripristino della funzione originaria della legge 833/1978 e delle sue prospettive a favore di chi ci lavora nella sanità e della cittadinanza, beneficiaria delle doverose prestazioni socio sanitarie, sui territori, nella medicina di base come per le prestazioni specialistiche. Non è un caso che le aziende e le grandi aggregazioni cooperativistiche, sono legate per finanziamenti e offerte di servizi assicurativi, di prestiti e finanziamenti, appunto a banche, istituti finanziari e alle compagnie multinazionali di assicurazione, che con polizze di vario tipo e per tutte le tasche, investono ottenendone un mercato ricettivo sicuro e in espansione ingenti utili, dai mutui perla prima casa fino ai prestiti, ai servizi del welfare aziendale, fino alle pensioni integrative o …sostitutive di quelle derivanti dal lavoro salariato e anche parasubordinato, ce lo dimostra anche il progetto di legge di utilizzo fino al 25% del Tfr maturando, per le pensioni …“integrative”).
Con l’aggravante della specificità italica, rispetto al panorama europeo, della prevalenza di interventi di natura confessionale, con Enti di ispirazione religiosa, soprattutto cattolica, con i rispettivi CCNL di categoria applicati (piuttosto restrittivi nelle relazioni con il personale dipendente anche nelle libertà e diritti non solo sindacali), che la fanno da padroni in questa ritirata dello Stato e delle Istituzioni pubbliche, nella gestione di importanti e strategiche attività, con affidamenti e convenzioni e con la commistione non sempre genuina, di volontariato mischiato a rapporti di lavoro negli appalti, che determina un ulteriore effetto distorsivo del già compromesso e insano meccanismo dei servizi gestiti in forma esternalizzata, liberalizzata e privatizzante.
LE VARIAZIONI PEGGIORATIVE SUL SALARIO E LE ”SIRENE” padronali e sindacali, su WELFARE AZIENDALE E PARTE VARIABILE DELLA RETRIBUZIONE, le tipologie penalizzanti del “codice dei contratti”: nello scenario esposto in precedenza, per chi già lavora le prospettive non sono affatto rosee. Nei rinnovi contrattuali che arrivano con anni di ritardo rispetto alle scadenze ufficiali, la base salariale e retributiva classica, tra salario diretto (formato da retribuzione tabellare e quella complessivamente percepita lorda), indiretto e differito (Tfr-liquidazione), sta subendo profonde trasformazioni e in peggio. Il salario diretto è sottoposto a costante erosione, insufficiente a tenere il passo anche negli aumenti contrattuali, divisi sempre di più in rate e tranches di erogazione in busta paga, con l’inflazione reale che non corrisponde a quella stimata dai dati statistici ufficializzati e con il costo della vita. A tutto vantaggio di forme sempre più articolate di salario variabile e accessorio, legato a criteri di flessibilità, premialità individuale, competizione tra lavoratori e lavoratrici nel raggiungimenti di obiettivi e ”performances” prestazionali decise dal padronato con la complicità dei sindacati collaborazionisti e concertativi (che con l’accordo quadro del 10 gennaio 2014 detto l’accordo della vergona e quelli successivi, anche ratificati nei rinnovi del vari CCNL si sono garantiti di fatto e in forma pattizia il controllo del “sistema di relazioni sindacali industriali”), di produttività, che minano fortemente e alla base la quantità e qualità del lavoro prestato in cambio di una giusta, sufficiente ed equa retribuzione (articolo 36 Costituzione), legando una parte del salario e della retribuzione, in questo tipo di servizi e attività specie con servizi alla persona, come perle attività collaterali e integrate, al raggiungimento di obiettivi aziendali, i metodi di fabbrica e da supermercato applicati al terzo settore e alla cooperazione sociale.
Un danno notevole le fanno, le proposte portate anche in sede negoziale e di trattativa di livello aziendale, di misure di “welfare aziendale”, dalla gestione de buoni pasto, che tanto per le imprese sono detassati fino a 7 euro, alla conversione in banca ore per le a volte numerose ore supplementari e di straordinario richieste e svolte, anche queste detassate rispetto al costo complessivo lordo orario di lavoro salariato effettuato (ndr si ricorda l’uso eccessivo di part time, anche in deroga ai limiti contrattualmente stabiliti e legislativamente indicati, rispetto alla contrattualizzazione reale a tempo pieno…), fino alle misure di assistenza perle lavoratrici madri con asili nido convenzionati e aziendali (una misura che tanti anni fa era stata considerata una conquista delle operaie e delle lavoratrici), spesso presso le sedi lavoro o nelle immediate vicinanze, che è una forma indiretta per tenere legate a criteri di controllo e di maggiore flessibilità e produttività della forza lavoro femminile, fino alle vere e proprie polizze di copertura di prestazioni sanitarie (alcune basate, come per prestazioni sanitarie di tipo specialistico, con criteri assicurativi sulla “speranza di vita” del personale, specie per chi ha una composizione interna già in età …avanzata), che non sono integrative e aggiuntive ma che costituiscono la parte di lucro, di omologazione alla tendenza sopra descritta della distruzione della sanità pubblica e del SSN, sostituendo con presunti benefici di “welfare”, lo smantellamento di prestazioni garantite già dalla fiscalità generale e da tasse e imposte ritenute alla fonte dalle buste paga, nonché un maggiore fattore di controllo della forza lavoro, andando a incidere non solo sul salario diretto che viene progressivamente eroso, e sulla fatica effettivamente svolta, ma anche sui TEMPI DI VITA DELLE PERSONE, RISPETTO AI TEMPI GIA’ DILATATI, DI LAVORO. Sono allo studio forme di “welfare aziendale” che propongono ai soci dipendenti, la gestione del loro tempo libero, con convenzioni con centri sportivi e palestre a prezzi convenienti, anche per componenti del nucleo familiare, non certo per il principio “mens sana in corpore sano”, ma con l’intento di verificare, all’interno delle visite di sorveglianza sanitaria (art. 41 D. Lgs. 81/2008 che ha ben altra finalità), l’idoneità psico fisica della forza lavoro e la loro capacità lavorativa, proponendo specie per persone in età avanzata o con problemi di salute, dimissioni incentivate o sostituzione con personale più giovane e malleabile, flessibile a reggere ritmi di lavoro più pesanti…nella cooperazione sociale di grandi dimensioni, anche questi metodi servono alla selezione del personale e al controllo “sociale” di chi lavora, anche in presenza di condizioni fisiche accettabili, del tempo di vita collegandolo comunque ad attività connesse e gestite dai datori di lavoro.
Tendenza che avrà i suoi effetti collaterali aumentati, con le disposizioni del nuovo codice dei contratti, il D. Lgs. 81/2015 applicativo del Jobs Act, specie per la gestione del part time (articoli da 4 a 12), dei contratti a tempo determinato (articoli da 19 a 29), sul ripristino per tipologie medio alte e specialistico-tecniche, dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa cococo (già disciplinati dall’articolo 2222 del codice civile del 1942, come contratti di prestazione d’opera), delle varie tipologie di apprendistato professionalizzante, comprensive per chi sta uscendo da istituti superiori o da corsi di laurea, di stage, tirocini e della famigerata alternanza scuola-lavoro, uno dei tasselli fondamentali della funzione di controllo e di gestione della forza lavoro e di quella …in formazione, sull’asse capitalistico applicato anche a cooperative sociali, ETS e aziende private socio sanitarie integrate, di controllo e gestione della triade ISTRUZIONE-FORMAZIONE-COLLOCAMENTO e della gestione della forza lavoro in organico. Una “trappoletta” connessa e articolata in modo frammentato in apparenza, ma strettamente coordinato, del padronato e di chi ne sostiene gli interessi, opposti a quelli delle classi lavoratrici, che con la giustificazione di voler dare opportunità ai propri dipendenti o soci-dipendenti, è un ulteriore strumento di erosione della struttura del salario a danno di quello diretto, che rimane sempre insufficiente a garantire a chi lavora e al contesto familiare, la “esistenza libera e dignitosa” e lo "sviluppo della personalità” costituzionalmente dichiarati, operando scelte dirompenti sul salario variabile, accessorio e su quello indiretto, andando in prospettiva a mettere le mani con tanto di tutela legislativa, sul salario differito (Tfr liquidazione), con l’ambizione di intervenire e controllare meglio, i tempi di vita e quelli di lavoro, quindi sulla GESTIONE DEL TEMPO NON DEDICATO IN MODO UFFICIALE, ALLO SFRUTTAMENTO DELLA FORZA LAVORO PER OTTENERNE UN UTILE, non ripartito né redistribuito on modo efficace e giusto, tra le parti, a danno di chi lavora.
LA IN-SICUREZZA SUL LAVORO E DEGLI AMBIENTI DI LAVORO: è un fattore di rischio e pericolo costante e continuo. I ritmi e carichi di lavoro, per garantire il mantenimento di appalti e affidamenti, sono in progressivo aumento, gli ambienti di lavoro spesso anche il luoghi pubblici, sono insalubri e non soggetti a verifiche effettive sulla loro idoneità, con fenomeni di deterioramento dello stato di integrità psico fisica e morale (art. 2087 codice civile), fino ai fenomeni di burn out e di stress da lavoro correlato (articolo 28 D. Lgs. 81 2008), le valutazioni periodiche del DVR (Documento di Valutazione dei Rischi) che sono anch’esse obbligatorie annualmente sono spesso delegate a sterili pezzi di carta, tanto per rispettare i criteri di partecipazione ai bandi di gara o alla prosecuzione di accreditamenti, ma che non vedono alcuna partecipazione e intervento effettivo di RLS (Rappresentanti dei Lavoratori-lavoratrici per la Sicurezza, secondo le previsioni dell’articolo 47 commi 2 e 4 del D. Lgs. 81 2008) se esistenti o non scelti dai sindacati concertativi e collaborazionisti, omologati alle direzioni cooperative e datoriali, le stesse misure di INFORMAZIONE-PREVENZIONE-FORMAZIONE-ADDESTRAMENTO, cardini di goni normativa di tutela su salute e sicurezza sul-del lavoro, sono spesso disattesi o ridotti a mero formalismo, aumentano gli infortuni sul lavoro anche in itinere (cioè nel percorso abituale da casa al lavoro e viceversa, spesso si verificano al ritorno dal lavoro quando si è più stanchi e si abbassano le attenzioni e la concentrazione), fanno s che anche nel nostro settore, si parli di IN-SICUREZZA sul lavoro.
Le stesse visite di sorveglianza sanitaria (art. 41 D. Lgs. 81 2008) sono usate nella funzione distorta, non per verificare per ogni componente della compagine sociale, dipendente o scio che sia, a tempo indeterminato o precario, di qualsiasi orientamento sessuale o personale senza discriminazioni, la capacità psico fisica, eventuali malattie professionali, applicazione delle leggi speciali di tutela (104 92) e apportare le necessarie misure di salvaguardia della salute, del quadro psicologico allo stress, alla tutela occupazionale e salariale, ma per la verifica dello stato di idoneità allo sforzo e allo sfruttamento e, quando sei spremuto a sufficienza, alla cessazione del rapporto di lavoro e alla sostituzione con altra forza lavoro.
Né ci si può illudere degli organismi di vigilanza e controllo (INL Ispettorato nazionale del lavoro e servizi Ispettivi territoriali, o della ASL con i vari SPRESAL, SISP…), ancora sotto organico e con poteri molti limitati dalle rispettive normative di settore a partire dal c.d. collegato lavoro del 2010, diventati in molti casi i “consulenti” delle imprese e delle aziende, pubbliche o private, delle cooperative, prima di poter procedere a visite ispettive, a controlli e relative sanzioni e provvedimenti di tutela di chi lavora da inadempienze padronali.
EPPURE GLI STRUMENTI CI SAREBBERO: ELEGGERE O DESGINARE IN GONI LUOGO DI LAVORO I RLS, COLLEGARLI TRA LORO IN RETE COORDINATA DI AIUTO DAL BASSO, FARE INFORMAZIONE COSTANTE SUI LUOGHI DI LAVORO, nelle realtà più frammentate sul territorio come erogazione di servizi e prestazioni, o con composizione della forza lavoro disgregata (si pensi all’assistenza domiciliare, a badanti, assistenti familiari per l’assistenza indiretta, a realtà cooperative dove la presenza sindacale combattiva sia ridotta o inesistente), è possibile con tutela legislativa ai sensi dell’articolo 9 della Legge300 1970, sia in ambito aziendale che anche territoriale, COSTITUITE I COMITATI SU SALUTE E SICUREZZA AI SENSI DELL’ARTICOLO 9 S.L., che siano da argine alle inadempienze, colpose o dolose delle controparti, alla omissione e inerzia delle stazioni appaltanti e committenti pubbliche, alla paura e alla frammentazione di muoversi su questo importante ma delicato aspetto.
UNO DEI COMPITI DI UNA NASCENTE ED EFFICACE RETE ANCHE IN QUESTO SETTORE, COME GIA FATTO A LIVELLO GENERALE IN ITALIA, è quello di stimolare, dare impulso agli strumenti di autodifesa collettiva in materia di salute e sicurezza sul lavoro e del lavoro, collegare le esperienze più avanzate e svilupparle dove non ci sono, estendere le conoscenze e le informazioni, utili per chi lavora, per evitare di dover rimanere succubi di situazioni invalidanti e rischiose, di rimanere passivi, o di dover piangere colleghi e colleghe morti sul lavoro e..da lavoro salariato, anche nei servizi socio assistenziali, sanitari, educativi.
PER LA RI-PUBBLICIZZAZIONE DI ALCUNI SERVIZI STRATEGICI CON L’ASSORBIMENTO DELLA FORZA LAVORO UTILIZZATA: la lotta contro le esternalizzazioni e le gestioni affidate a soggetti imprenditoriali non pubblici, acquista un carattere quasi permanente. Specie per attività e prestazioni una volte effettuate da personale dipendenti pubblico e oggi e da anni, sottoposte al regime di appalti, sub appalti, avvalimenti convenzioni, affidamenti e al regime di accreditamento a enti e cooperative, aziende già affermate nel settore. Ci piace poco il termine “internalizzazione”, che viene praticato anche da alcune strutture pubbliche, preferiamo il termine e il processo organizzato di RI-PUBBLICIZZAZIONE DI SERVIZI, SE ESSO E’ ACCOMPAGNATO DALL’ASSORBIMENTO A CONDIZIONI DIGNITOSE, DELLAFORZA LAVORO GIA’UTILIZZATA PERGLISTESSI SERVIZI E MANSIONI. Abbiamo già sperimentato, alcune internalizzazioni di servizi, lasciando a casa la maggior parte del personale che ha tenuto in piedi i servizi, con scelte discutibili ma sostenute dal solito meccanismo di gestione limitata di costi e spese, o con il “riciclo” della forza lavoro, a servizio internalizzato, con altra gestione societaria che riassume il personale e non sempre tutto quello che stava in organico, a condizioni peggiori o maggiormente flessibili, ponendo la questione in termini di ricatto, prendere o lasciare, gestioni internalizzate con maggior carico di lavoro, mansioni più complesse ai dipendenti pubblici rimasti sotto organico e senza le dovute compensazioni di nuove assunzioni o di adeguamenti economici per chi viene spostato nei servizi “internalizzati”. E’ UNA QUESTIONE DI IMPEGNO COSTANTE E DI RICONQUISTA, non solo come dichiarazione di principio o nelle piattaforme, ma di DEL CONTROLLO E GESTIONE DAL BASSO DELLA COLLETTIVITA’ CHI CI LAVORA E CITTADINANZA, SU SERVIZI STRATEGICI CHEPERMETTANO ANCHE IL CONTROLLO DEI COSTI E DELLA STESSA QUALITA’ DEI SERVIZI.
IL COLLEGAMENTO NELLE INIZIATIVE DI UTENZA E FAMILIARI, PER UNA UNITA’ DI AZIONE rispetto a privatizzazioni, esternalizzazioni di servizi e attività sociali, sanitarie pubbliche, liberalizzazione di tariffe e la compartecipazione di costi e spese: anche questo è un elemento importante, molte lotte pure giuste e condivisibili, sono franate per non aver valutato, la necessità di una convergenza di interessi comuni, tra chi eroga il servizio e l’utenza e la cittadinanza beneficiaria, spesso sono stati sconfitti tentativi di privatizzazione, liberalizzazione di tariffe, esternalizzazione quando accanto ai dipendenti pubblici o in forma esterna o convenzionata, si sono uniti familiari di utenti e settori più sensibili della cittadinanza, che quei servizi li paga con tasse e imposte e tributi, ribaltando decisioni prese da Giunte comunali, direzioni di Asl o di Amministrazioni regionali, una forza dirompente che ha permesso a chi lavorava di difendere in forma collettiva e non individuale, il posto di lavoro e una prospettiva di intervento sul tipo di lavoro e di mansioni pretese dalla controparte, alla cittadinanza e utenza di avere il personale e i servizi senza dover sottostare a cambiamenti poi peggiorativi, o al meccanismo della c.d. “compartecipazione”, in cui una parte dei contributi e dei costi (di cui l’80% in media serve per a copertura del c.d. costo complessivo del lavoro, comprensivo di oneri riflessi, lasciando in media il 15% per le spese organizzative vive e il rimanente per percorsi di aggiornamento, formazione professionale…) è posto a carico dell’utenza, specie per prestazioni di contenuto specialistico o di tipo riabilitativo.
ORARIO DI LAVORO, REGIMI CONTRATTUALI E DISTRIBUZIONE SETTIMANALE, LE CRITICITA’ MAI RISOLTE DAI SINDACATI FIRMATARI DI CCNL: il controllo dei tempi di lavoro e dell’intensità dei carichi di lavoro, è aspetto da non sottovalutare, specie in situazioni dove esiste una forma autorganizzata e presente, attiva di sindacalizzazione interna, rimettendo al centro della negoziazione, non solo il discorso salariale, ma quello della distribuzione delle prestazioni lavorative nella settimana, la durata dell’orario di lavoro e di servizio, i regimi contrattuali maggiormente utilizzati, specie in realtà sia pubbliche che a gestione in appalto o affidamento, dove sono applicati diversi CCNL di categoria, gestione mista o in sedi di lavoro a copertura h24, con turni programmati, in ragione del numero di persone impiegate rispetto all’organico che sarebbe necessario per tenere carichi di lavoro equilibrati e orari sostenibili (il massimo per legge è di orari fino a 13 ore lavorative giornaliere, 24 ore meno le 11 di stacco tra la fine di una prestazione lavorativa e l’inizio di quella successiva). Rimane per il CCNL coop sociali ma anche per altri della sanità privata, il nodo mai risolto e sempre rinviato nel futuro o ad accordi locali, la vicenda delle c.d. “notti passive” e la loro gestione, sia in termini di salute e stress per chi ci lavora con quel regime di orario e su turni, sia per la parte di eventuale ristoro economico per il maggior disagio. Sono aspetti, di natura negoziale e di contrattazione, che richiedono una presenza e una capacità di imporsi al datore di lavoro e anche ai sindacati firmatari di CCNL e collaborazionisti, tale da avere i rapporti di forza e la documentazione che dimostri la nocività di tali prestazioni e la loro ripetizione nel tempo.
Funzione di ausilio, scambio di esperienze concrete, solidarietà possono essere, su questi terreni, un compito utile di collegamento di informazioni e di aiuto in eventuali controversi o lotte che si debbano affrontare, da parte di una rete efficace coordinata a livello territoriale o nazionale, per rompere il muro dell’indifferenza e dare maggiore fiducia e stimolo alle iniziative autorganizzate e indipendenti, riducendo lo spazio enorme che viene concesso, in forma privilegiata a livello negoziale dalle controparti datoriali e dal senso di paura e sfiducia nelle stesse compagni sociali, alle organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL e compiacenti a lasciare irrisolti questi aspetti del rapporto di lavoro, della gestione dell’orario di lavoro o di eventuali aggiustamenti e ristori in ambito economico e salariale.
LE ESPERIENZE DI AUTORGANIZZAZIONE SINDACALE E SOCIALE, ALCUNI ”CONSIGLI UTILI” SUI POSTI DI LAVORO E SUI TERRITORI PER UNO SVILUPPO E L’AUTODIFESA COLLETTIVA E PERSONALE: ferma restando la libertà di organizzazione sindacale e il pluralismo, nel senso che sarebbe in ogni caso da evitare la confluenza o l’assorbimento in un unico sindacato pure se “di base”, la nostra impostazione generale è che, al di là dei casi di scelta di una data organizzazione già presente sul posto di lavoro per il rafforzamento dell’opposizione interna, vanno sviluppate e sostenute in una rete e coordinamento nazionale paritario e autogestito, indipendente, le varie forme di autorganizzazione sociale e anche sindacale, che si possono mettere in campo, valutando lo strumento più idoneo ed efficace, lasciando la scelta ai lavoratori e alle lavoratrici. La rete e il coordinamento nazionale, rimangono attenti a consigliare e dare indicazioni su esperienze concrete passate, per favorire i processi di autodifesa collettiva e il loro inserimento per estendere la rete in settori di questo variegato e ampio ambito, dove non esiste nulla e permettere la crescita di quei processi di intervento che siano condivisi sui principi comunali, senza dare indicazioni e scorciatoie di stampo organizzativistico o soluzioni messe in piedi …con lo stampino, poiché non esiste un modello codificato e unico, né si possano mutuare percorsi organizzati utili in altri settori, ma poco praticabili in altri, come per esempio nel nostro, se non a scapito di creare aspettative e prendere come efficaci, situazioni molto diversificate tra loro ed evitare inutili competizioni.
ALCUNE CAMPAGNE DA PROMUOVERE, SOSTENERE E ORGANIZZARE DAL BASSO: quella permanente per la salute e la sicurezza sul-del lavoro e la scelta di RLS, o di costituzione sul territorio o in sede aziendale di comitati articolo 9 Legge 300/1970, di sostegno e potenziamento anche di Rls esistenti e attivi, quella sul SALARIO DIGNITOSO DA COLLEGARE A QUELLA, PIU’ GENERALE DEL RECUPERO SALARIALE IN BASE ALL’AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA (per intenderci, quello anche parziale che ci stava con il meccanismo della “scala mobile”), QUELLO SULLA RIDUZIONE DELL’ORARIO DI LAVORO APARITA DI SALARIO E DI RITMI, la CAMPAGNA PER LA RI-PUBBLICIZZAZIONE DI SERVIZI STRATEGICI CON IL CONSEGENTE ASSORBIMENTO DELLA FORZA LAVORO GIA UTILIZZATA, la battaglia a livello informativo e di intervento, per la LIMITAZIONE per l’accesso e per il mantenimento del posto di lavoro, SUBORDINATO ALL’ISCRIZIONE OBBLIGATORIA, per l’esercizio di determinate professioni, AD ALBI E ORDINI PROFESSIONALI, con la libertà di scelta dei singoli dipendenti di iscriversi o meno all’albo professionale, fermo restando come processo abilitativo all’esercizio di professione, anche in forma autonoma, del superamento di esame di stato pubblico. Campagna per la FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE, a carico del datore di lavoro che utilizza le competenze acquisite nei curricula vitae del personale, come titoli di studio e punteggi maggiori per la partecipazione a progetti e bandi di gara, o con fondo specifico nei capitolati di appalto per l’aggiornamento e la formazione specialistica, del personale in caso di maggiori competenze pretese nell’espletamento del servizio o per il miglioramento all’interno dei processi di formazione continua, delle capacità professionali per l’adeguamento della qualità dei servizi erogati o erogabili a utenza e cittadinanza.
L’UTILITA’ E LA NECESSITA’ DI SUPERARE I PERSONALISMI, LE IMPOSIZIONI DALL’ESTERNO O DALL’ALTO, PER UNA RETE NAZIONALE DI COLLEGAMENTO E DI IMPULSO ALLE MOBILITAZIONI E PER LO SVILUPPO DI LOTTE DI NATURA PERMANENTE: alla luce di quanto indicato ed esposto, è di tutta evidenza che nessuna organizzazione sindacale, gruppo, comitato per quanto radicato e presente, o attivo sui posti di lavoro o a livello di consistenza sul territorio nazionale, ha la possibilità di farcela da sola con esiti positivi e duraturi.
Diventa una necessità il collegamento delle lotte, lo scambio di informazioni e di esperienze concrete, la possibilità di praticare e adattare le forme di autorganizzazione sindacale e sociale più idonee senza modelli preconfezionati o indicazioni dall’alto, sui posti di lavoro o nelle situazioni territoriali, la funzione di impulso perle lotte che si vogliano o si possano mettere in campo, il sostenimento per il consolidamento di risultati ottenuti e il suo sviluppo in altre realtà, sono condizioni e modalità che possono costituire un percorso e un processo, rispettoso delle diversità e delle storie di chi intende partecipare, anche con la possibilità di valutare caso per caso, l’adesione e la partecipazione come libertà di scelta, senza condizionamenti preventivi od obblighi, valorizzando le scelte e le diversità senza creare situazioni di predominio, obblighi derivanti da patti e ”manifesti” politici codificati, ma mettendo a disposizione esperienze e capacità di intervento, fino alla crescita e consolidamento dei rapporti di forza, necessari e doverosi per invertire le tendenze disgregatrici e di divisione sociale e salariale, di aumento del corporativismo professionale e dell’egoismo individuale, che le forze avverse alle classi lavoratrici mettono in campo per tenerci sottomessi e omologati a tutti i livelli, anche in questo complesso e articolato settore di intervento.
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