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(10 Agosto 2013) Enzo Apicella
Un centinaio di manifestanti no-Muos è riuscito a sfondare la recinzione e ad entrare nella base militare americana di Niscemi, in Sicilia.

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Le grandi opere del Cavaliere

(16 Dicembre 2005)

E’ un libro scritto un anno fa, ma la sua lettura in questi giorni è particolarmente raccomandata. Si intitola “Le grandi opere del Cavaliere”. L’autore è Ivan Cicconi, ingegnere che vive e lavora a Bologna, direttore di “Nuova Quasco” e di “Itaca”, rispettivamente società che si occupa di “qualità degli appalti e sostenibilità del costruire” e “Istituto per l’innovazione e la trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale”. E’ stato anche capo della Segreteria Tecnica del Ministro dei Lavori Pubblici Nerio Nesi. Un tecnico insomma. E il testo del libro è rigorosamente tecnico, scientifico, ma con l’evidente intento di farsi capire anche dai non addetti ai lavori. Uno sforzo che va a colmare un colpevole vuoto lasciato su certi temi da organi di informazione, ma anche da partiti e forze politiche.

Anche gli attuali clamorosi avvenimenti della Val di Susa da stampa e quasi tutti i partiti sono visti prevalentemente come un esempio, solo un po’ più vistoso del solito, della sindrome di Nimby (ormai tutti sanno di cosa si tratti). E in quella valle sembrano essere in gioco solo problematiche ambientali, magari anche serie, ma ritenute pur sempre localistiche e comunque superabili. Non mancano certo quelli che tendono a ridurre ulteriormente la questione a iniziativa di qualche agitatore no global o black block. Il libro di Cicconi affronta invece il problema della TAV in particolare, ma più in generale delle “grandi opere” (con in testa il ponte sullo stretto), sotto il profilo economico-finanziario e sostiene e documenta una tesi da brivido: il meccanismo finanziario e contrattuale messo in piedi per realizzare le grandi opere è un grande, tragico bluff e contiene tutti gli elementi per portare l’Italia ad una crisi che potrebbe essere paragonabile a quella argentina di qualche anno fa.

“General contractor” e “project financing” sono i due pilastri su cui si regge questo meccanismo. Parole inglesi, ma applicazione all’italiana. Si dà vita a società cui affidare tutto, dalla progettazione alla esecuzione delle opere (ma, si badi bene, non la loro gestione), società che sono “private” solo agli effetti giuridici (e così intanto si sottraggono a obblighi che avrebbero se fossero pubbliche: meglio non correre rischi alla Tangentopoli!). E i fondi (migliaia di miliardi di euro)? Dovrebbero venire prevalentemente da privati. In realtà provengono da prestiti delle banche supergarantiti dallo Stato. E quando si tratterà di restituirli? Si vedrà! Al momento importante è non farli apparire sul bilancio dello Stato, cioè occultarli. Debiti insomma, come si dice con cinica espressione, “a babbo morto”.

Trucco, qualcuno lo ricorderà, oggetto di rilievi critici da parte della Commissione europea, ma rilevato anche, nel marzo scorso, dalla stessa nostra Corte dei Conti. “Quel che è incomprensibile – rileva Cicconi – è invece il silenzio dell’opposizione di fronte a scelte ormai chiarissime e nelle quali solo la disattenzione o l’ignoranza può giustificare l’assenza di una denuncia forte e sistematica”.

Di essere di fronte alla “più incredibile truffa virtuale ai danni dello Stato” in Val di Susa lo hanno capito da almeno dieci anni. E 4 anni fa lo ha denunciato anche una memorabile puntata di Report (il 20.9.2001 consultabile nel sito www.report.rai.it). Non è un problemino sul quale cercare tutti di capirne un po’ di più?

Legambiente Padova

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