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Tute blu, un contratto che piace ai delegati

Tre voti contrari e un astenuto nell'assemblea dei 500 di Fim, Fiom e Uilm. Ora il testo va nelle fabbriche, poi il referendum

(21 Gennaio 2006)

Tre voti contrari e un astenuto fra i 500 delegati di Fim, Fiom e Uilm che ieri si sono ritrovati a Roma per discutere dell'accordo dei metalmeccanici firmato mercoledì notte con Federmeccanica. La seconda assemblea generale dei metalmeccanici, organizzata nei locali del centro congressi della Cgil a Roma, si chiude quindi con un voto quasi plebiscitario a favore alla piattaforma sottoscritta dalla delegazione al tavolo delle trattative. Prima del voto dei delegati, anche gli organi centrali di Fim, Fiom (con due voti contrari e un astenuto) e Uilm avevano approvato a larghissima maggioranza i contenuti dell'accordo.

All'ora di pranzo il palazzo di via dei Frentani è già luogo di dibattiti nei vari dialetti di tutta Italia. I delegati scambiano opinioni e si raccontano quello che hanno fatto nelle 60 ore di sciopero necessarie per arrivare alla firma. Nelle parole di tutti ricorre la protesta del lunedì pre-accordo, quello che ha visto tornare le tute blu ad occupare stazioni e autostrade: «Se non ci avessero riconvocati, noi eravamo già pronti a tornare in mezzo alle carreggiate dello svincolo di Orte» dicono quelli di Terni, memori della loro lotta a difesa delle acciaierie. E proprio su questo punto sono tutti d'accordo: la firma dell'accordo è merito soprattutto della loro mobilitazione. «Sessanta ore di sciopero sono tantissime, questo è un contratto che si deve alla nostra determinazione», o ancora: «Andare ad occupare le strade è l'unico modo che abbiamo potuto adottare per farci sentire»; nello stesso tempo però sono tutti consapevoli che non è possibile fare questo casino ogni volta che c'è in ballo un rinnovo: «I blocchi devono essere l'eccezione, non la normalità» sarà il messaggio rivolto agli industriali dal segretario Fim, Giorgio Caprioli, nella sua introduzione ai lavori.

Lavori che si tengono in una sala in cui spicca un grosso striscione arancione con la scritta "Contratto", bene in vista sotto il tavolo degli oratori. Fra loro i tre segretari di categoria, ed è proprio Caprioli a parlare per tutti e spiegare ai presenti i contenuti dell'accordo e anche le fasi che lo hanno preceduto. Il segretario della Fim non esita a definirlo «un contratto storico» e attribuisce alle lotte dei lavoratori e alla «forza dell'unità sindacale, frutto della fatica di tutti» la spinta necessaria per trovare l'intesa. Ma - avvertimento per le controparti - questo deve essere «un punto di non ritorno». Caprioli parla, la platea ascolta e commenta sotto voce: «Sì, ma in realtà l'aumento non è di 100 euro, perché ci sono i 6 mesi in più»; «Però è vero che per il punto a cui eravamo arrivati c'è andata bene»; «L'unità? Speriamo che tenga, l'unità». Caprioli finisce il suo intervento, c'è un lungo applauso della sala, gli abbracci e i baci con Regazzi e Rinaldini che gli siedono accanto. Arriva dunque il momento della verità, della voce diretta dei lavoratori.

Dopo un primo momento di esitazione in cui nessuno si avvicina al microfono, arriva Armando, Rsu Fiom della Fiat di Cassino e dal sorriso stampato in faccia si intuisce il suo giudizio: «Finalmente ci siamo fatti il contratto. E lo abbiamo fatto da soli, senza l'intervento del governo. L'unità paga e potremo ottenere ancora di più. Volevano cancellare le Rsu e non ci sono riusciti: è stata un'esperienza bellissima. Auguri e buon contratto». Non mancano comunque le voci fuori dal coro (anche perché altrimenti non si spiegherebbero i tre voti contrari), come la delegazione Fiom da Maranello (Ferrari) e Modena (Smalti): «Vista la forte capacità di mobilitazione che siamo riusciti a mettere in campo avremmo potuto ottenere risultati più importanti - dice Paolo dal palco - questo contratto invece è uno scambio fra salario e diritti importanti. Non dimentichiamoci che abbiamo fatto entrare l'apprendistato dove non c'era e che la flessibilità passa anche nelle fabbriche stagionali. Ci dicano almeno le segreterie se ai tavoli che partiranno a luglio dovremo opporci alle richieste degli industriali» che sono poi le stesse critiche mosse da Progetto comunista-Sinistra del Prc in un comunicato stampa di ieri.

Non ci si mette molto a capire dunque che se sul salario i lavoratori sono abbastanza soddisfatti (anche se non sfugge a nessuno - nemmeno ai segretari - che l'aumento reale, dato il prolungamento di 6 mesi, si attesta intorno a 84 euro), sulla flessibilità e sugli orari si registrano le divisioni: «Quello che mi preoccupa è l'apertura sulla flessibilità, che comunque non è esigibile e quindi lo considero un buon punto di arrivo considerando da dove eravamo partiti - dice Lidia, dalla Magneti Marelli - e comunque sempre in sciopero non ci puoi stare». E mentre dalle colonne dei giornali i leader di Cisl e Cgil, Savino Pezzotta e Guglielmo Epifani salutano l'accordo e parlano della necessità di «rivedere il sistema delle relazioni sindacali», dall'assemblea i delegati hanno un compito per loro: «L'apprendistato nelle catene di montaggio è entrato perché c'è una legge che lo prevede. Questa precarietà o la mettiamo a livello di confederazione o non la mettiamo». La pensa così anche chi la flessibilità si trova a subirla sulla pelle, perché giovane, come Andrea, 33 anni da Lecco, dalla multinazionale americana Johnson Control: «I passi da fare sono tantissimi e devono essere affrontati anche per la nostra dignità perché un ragazzo di 30 anni ha tutto il diritto di crearsi una famiglia».

I delegati hanno votato e approvato. Da oggi il testo circolerà nelle fabbriche per essere sottoposto all'attenzione di tutti i lavoratori. Poi, dal 15 al 17 febbraio ci sarà il referendum decisivo per il via libera o meno alla firma del contratto. Fino allora, ovviamente, non ci sarà alcuna mobilitazione. I lavoratori hanno già dato, adesso è ora di incassare.

Andrea Milluzzi (Liberazione 21 Gennaio 2006)

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