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Il sogno

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(15 Ottobre 2010) Enzo Apicella
Il 16 ottobre manifestazione nazionale dei metalmeccanici Fiom contro la "medicina Marchionne"

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    (Contratto Metalmeccanici)

    Contratto metalmeccanici: un'occasione persa

    (22 Gennaio 2006)

    Dopo oltre un anno di lotte, con 60 ore di sciopero, manifestazioni e infiniti tavoli di trattativa più volte interrotti, il 19 gennaio è stato firmato il contratto nazionale dei metalmeccanici.

    Un contratto che per come si erano messe le cose è decisamente al di sotto di quanto si sarebbe potuto portare a casa.

    I padroni di Federmeccanica infatti erano stati costretti a tornare a trattare grazie alla forza messa in campo con la crescente mobilitazione da parte di migliaia di operai che hanno bloccato autostrade e ferrovie in tutto il paese e organizzato un imponente sciopero regionale in Emilia Romagna con oltre 20mila lavoratori a Bologna.

    Sono stati sì ottenuti i famosi 100 euro, la cifra sotto la quale i sindacati metalmeccanici non erano assolutamente disposti a scendere. Il problema però è che questi 100 euro, lordi per un quinto livello (quando la stragrande maggioranza dei lavoratori sono attestati tra il terzo e il quarto), sono stati scaglionati in modo tale che di fatto i lavoratori non ne beneficeranno. Solo 60 euro verranno dati subito, 25 il prossimo ottobre e 15 nel marzo del 2007, cioè solo tre mesi prima della scadenza del contratto. Contratto di cui i padroni hanno ottenuto un allungamento di sei mesi. Infatti non scadrà il 31 dicembre del 2006 ma nel giugno del 2007. Questione importante perché non solo è stato l’elemento che ha permesso a Federmeccanica di accettare i 100 euro, ma rappresenta un precedente pericoloso di cui i padroni si faranno forti per rivendicare l’allungamento di tutti i contratti nel prossimo futuro.

    L’altra questione decisiva sono le aperture fatte sulla flessibilità, sia nella gestione degli orari di lavoro che nell’utilizzo dell’apprendistato per i giovani che entrano in fabbrica.

    L’orario plurisettimanale significa la possibilità di organizzare la settimana lavorativa allungando o accorciando il numero di ore da prestare nell’arco della settimana in base alle esigenze produttive aziendali. Fino ad ora questa possibilità era concessa solo a quelle aziende che producono beni con una chiara connotazione stagionale, da oggi è stata estesa a tutte le fabbriche metalmeccaniche.

    È vero, Federmeccanica non ha sfondato totalmente su questo punto, volevano l’orario plurisettimanale per tutti deciso in modo unilaterale dai padroni, e questo non è stato ottenuto. Infatti la preintesa prevede che l’orario di lavoro dovrà essere deciso trattando coi delegati sindacali aziendali, detto questo però non si può ignorare il fatto che prima di questa intesa tutto ciò non era permesso, e che i rapporti di forza messi in campo in questi giorni avevano creato le condizioni perché questa questione non entrasse per nulla nella trattativa (come già giustamente la Fiom aveva impedito che avvenisse nelle trattative tenute tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio e che erano state la causa della rottura coi padroni). Le aperture sulla flessibilità tra l’altro non erano mai state discusse coi lavoratori nelle assemblee in cui è stata presentata la piattaforma. Come non era stato oggetto della piattaforma un altro punto, ovvero le concessioni che sono state fatte dai sindacati metalmeccanici sull’apprendistato.

    Viene esteso l’apprendistato per i lavoratori dal terzo livello in su, fino a 60 mesi (che possono essere ridotti a 42 o 36 mesi in caso il lavoratore abbia un diploma o una laurea), oltre ad essere applicato anche ai lavoratori di secondo livello che occupano mansioni con poca o nessuna specializzazione come quelli sulla catena di montaggio. Il contratto quindi ci dice che per imparare a lavorare sulla catena di montaggio sono necessari 24 mesi di apprendistato.

    È vero come dicono i dirigenti sindacali che la concessione fatta sulla settimana plurisettimanale non è definitivamente acquisita dai padroni, e, come spiega l’intesa, se la commissione bilaterale costituita da Federmeccanica e Fim-Fiom-Uilm non troverà un accordo sulle percentuali di lavoratori precari da inserire nelle fabbriche metalmeccaniche l’esperimento della settimana a orario variabile il 31 luglio di quest’anno (cioè tra sei mesi) decadrà. Purtroppo le cose non sono così semplici. Il motivo è che da più di un anno i sindacati e Confindustria stanno discutendo la necessità di riscrivere un nuovo patto per il lavoro che sostituisca i famigerati accordi di luglio del 1992/1993. Le possibilità che sindacati e padroni trovino un accordo sulla gestione dei contratti nazionali entro l’estate è alta. Lo stesso Epifani (segretario generale della Cgil) ha recentemente mandato un messaggio chiaro ai padroni, prendendo le difese dei metalmeccanici: se Federmeccanica non avesse firmato il contratto non si sarebbe aperta nessuna trattativa per un nuovo patto per il lavoro.

    Ora che i metalmeccanici hanno ceduto concessioni come l’allungamento di sei mesi del contratto o l’orario plurisettimanale per tutti, non rappresentano la base minima di partenza per quella trattativa? È o non è questo un punto di partenza più arretrato che mette i lavoratori su una posizione più debole? Se tutto ciò è vero è una magra consolazione sapere che il 31 luglio l’orario plurisettimanale decadrà, perché il rischio molto concreto è che la Cgil, che poco o nulla ha fatto concretamente per la Fiom e i metalmeccanici in questi mesi come negli ultimi cinque anni, potrebbe firmare qualcosa di ancora peggiore.

    Sorge a questo punto una domanda spontanea, si poteva fare di più dopo 13 mesi di trattative, lotte e oltre 60 ore di sciopero?

    Crediamo che la risposta a questa domanda si può trovare in quanto avevamo visto in questi giorni. La rabbia dei lavoratori in risposta all’arroganza dei padroni aveva trovato un canale in cui esprimersi estremamente efficace: i blocchi e le manifestazioni estremamente partecipate che poco avevano in comune con quanto visto anche fino a poche settimane prima. La disponibilità a continuare la lotta fino al momento in cui si poteva chiudere nel modo più dignitoso possibile questa difficile vertenza tra i lavoratori c’era ed era in continuo aumento tra una fascia sempre più ampia di operai. Tanto è vero che non solo dopo i primi blocchi di inizio gennaio a ogni nuova convocazione di scioperi da parte dei dirigenti metalmeccanici il numero delle iniziative locali aumentava in modo significativo, ma anche quando Federmeccanica è stata costretta a tornare sui suoi passi e martedì 17 gennaio si sono ufficialmente riaperte le trattative migliaia di operai erano pronti in qualsiasi momento si fossero di nuovo interrotte a riprendere la propria posizione sui blocchi. Sarebbe bastato che il compagno Rinaldini a qualsiasi ora del giorno o della notte si fosse alzato dal tavolo delle trattative per ricordare ai padroni chi aveva il coltello dalla parte del manico: la lotta degli operai sarebbe ripresa come mai si era visto sia durante la rottura del contratto nel 2001 che in quello del 2003.

    Era necessario continuare sulla strada intrapresa a fine dicembre quando la Fiom in primis aveva mandato un messaggio chiaro a padroni e ai vertici di Fim e Uilm, si doveva trattare solo sul salario come da mandato dei lavoratori. Per questo l’accordo raggiunto non rappresenta una vittoria ma un’occasione persa, perché per la prima volta da anni le condizioni per chiudere un contratto senza lasciare sul campo neanche un briciolo di flessibilità c’erano.

    Per questi motivi nelle assemblee di fabbrica e nel referendum a cui i lavoratori sono chiamati nelle prossime settimane, voteremo e inviteremo a votare No a questa proposta di accordo. I lavoratori metalmeccanici hanno dimostrato una volta di più come una mobilitazione decisa e combattiva possa infrangere l’intransigenza padronale. I dirigenti sindacali, della Fiom innanzitutto, hanno fatto un grave errore a non basarsi fino in fondo su questa forza. Dobbiamo lavorare per impedire che le nostre ragioni vengano messe nuovamente fra parentesi e sacrificate sull’altare di un nuovo progetto concertativo che oggi i padroni (ma anche tanta parte delle forze politiche) pensano di poter far passare una volta rimosso l’ “incomodo” della nostra lotta.

    20 gennaio 2006

    Alternativa operaia in Cgil

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