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Berlusconi minaccia di usare l'esercito contro i lavoratori Alitalia in sciopero

(25 Gennaio 2006)

Continua l'agitazione dei sindacati, cancellati moltissimi voli, oggi l'incontro con il governo a palazzo Chigi. Il premier va a "Radio anch'io", prospetta l'uso della forza e si scaglia contro i sindacati e Rifondazione. La procura di Civitavecchia apre una inchiesta

Usare l'esercito contro i lavoratori dell'Alitalia in lotta. Sarebbe questa la "soluzione" a cui il governo pensa per porre fine ai presidi dinanzi alle officine nell'area delle manutenzioni dell'aeroporto di Fiumicino, una protesta che in sei giorni ha provocato la cancellazione di centinaia di voli e ha convinto ieri la Procura di Civitavecchia ad aprire un fascicolo con l'ipotesi di reato di pubblico servizio. Silvio Berlusconi vorrebbe evitare di arrivare a tanto «perché sappiamo - dice parlando ai microfoni di "Radio anch'io" - che poi possono succedere delle tragedie e come la sinistra sappia poi approfittare di queste tragedie». Ma siccome «la situazione è difficile», il presidente del Consiglio non esclude «un intervento deciso... addirittura "manu militari" come usa dirsi nei confronti di coloro che si oppongono, ecc.».

Parole inquietanti, che confermano l'assenza di un progetto per garantire il futuro della compagnia di bandiera e che rivelano, come sottolinea il segretario di Rifondazione Fausto Bertinotti, «una propensione antidemocratica e antisindacale che non è ammissibile in chi svolge il compito di presiedere il Consiglio dei Ministri». In ogni caso, «anche se fosse possibile reprimere il conflitto, ma questo - osserva Bertinotti - è per fortuna impraticabile, resterebbe in campo il problema dell'Alitalia, di una compagnia di bandiera su cui si sono sommati gli errori non dei lavoratori ma della gestione e del governo».

Le minacce di Berlusconi gettano un'ombra ulteriore sull'incontro in programma per oggi a Palazzo Chigi, richiesto da mesi da Filt Cgil, Fit Cisl, Uilt, Ugl e Up e concesso solo a seguito degli scioperi. «Chiederemo al governo - anticipa il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani - che l'azienda rispetti gli accordi che abbiamo siglato a Palazzo Chigi, che invece sono stati disattesi poiché manca un vero piano di rilancio». Secondo il ministro del Welfare Roberto Maroni, invece, sono i sindacati che «hanno cambiato idea» e adesso «tentano di rimangiarsi gli impegni presi».


Ieri Berlusconi ha sostenuto che la medicina giusta per l'Alitalia non è né la chiusura («mi sembra giusto che l'Italia abbia l'orgoglio di possedere una compagnia di bandiera») né la sua privatizzazione («gli scioperi selvaggi continuerebbero»). Ma non ha nemmeno saputo indicare una soluzione alternativa: «E' una situazione molto difficile anche perchè - ammette il premier - è difficile mettere insieme le idee di tutte le forze politiche della coalizione». La Lega, infatti, ha già fatto capire chiaramente che il fallimento non sarebbe un dramma, mentre An e Udc si oppongono a questa ipotesi. In ogni caso, per Berlusconi il piano Cimoli va applicato altrimenti, spiega, bisognerebbe «restituire i capitali» agli imprenditori che hanno investito.

Di diverso avviso Filt, Fit, Uilt, Ugl e Up, che nel documento comune messo a punto in vista dell'incontro di oggi sottolineano proprio l'assenza di un progetto industriale e strategico e la perdita di credibilità del management: «Cimoli - attacca Mauro Rossi della Filt Cgil - ha creato un solco oramai incolmabile. E' gravissimo che vengano nascosti i dati sulle perdite. In un paese normale sarebbe già stato cacciato. Non ha tradito gli impegni solo con noi, ma anche gli investitori istituzionali quando ha detto che sarebbe andato in utile nel 2006 pur sapendo che le cose non andranno in questo modo». L'ipotesi di un ritorno dell'ex amministratore delegato dell'Alitalia, Marco Zanichelli, come direttore generale a fianco di Cimoli, è stata ieri smentita dall'interessato.

Il problema è che anche i sindacati sono divisi. Anpac, Anpav e Avia sono schierate con l'azienda: «La vera posta in gioco degli scioperi illegittimi di questi giorni - affermano - è la rappresentatività dei sindacati confederali e non i posti di lavoro e le retribuzioni». Sul fronte opposto c'è il Sult, che denuncia «l'assoluta assenza di chiarezza nell'azione di gran parte dei protagonisti dell'attuale situazione Alitalia» e chiede di partecipare all'incontro di oggi con il governo. «Da oltre un anno - ricorda il sindacato di base - denunciamo la mancanza di un reale piano industriale, cioè un progetto che non sia prioritariamente finanziario e che assicuri il rilancio della Compagnia». Sul fronte della rappresentanza dei lavoratori, secondo il Sult occorre che «le organizzazioni sindacali con estrema chiarezza producano una sintesi e una posizione unitaria, condivisa dai lavoratori e unitariamente la presentino alla controparte ed al governo». Il Sult non condivide però la richiesta di applicazione degli accordi di Palazzo Chigi, dal momento che è proprio grazie alla divisione di Alitalia in due società (Az fly e Az Service) che si è poi arrivati all'espulsione dal perimetro dell'azienda degli 8.600 dipendenti della manutenzione, servizi aeroportuali, informatica e amministrazione. Cimoli infatti, com'era prevedibile, non ha aspettato il 2008 e ha già dato in prestito diritti di volo pari al 2% a Fintecna, società al 100% pubblica che in questo modo controllerebbe il 51% di Az Service, determinando di fatto lo sganciamento del comparto di terra dalla compagnia.

Il rinvio di questa operazione, secondo fonti vicine ad An citate dall'agenzia Ap biscom, sarebbe una delle mediazioni a cui starebbe lavorando il sottosegretario Gianni Letta in vista dell'incontro di oggi. L'idea del governo, insomma, sarebbe quella di tentare di tranquillizzare i sindacati mettendo in campo una soluzione "ponte", almeno fino alle elezioni.

Roberto Farneti (Liberazione 25/01/06)

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