Capitale e lavoro :: Il XV° congresso CGIL

Mantova fatale per la Cgil

(28 Gennaio 2006)

Uniti sul documento politico, divisi sui «posti» da occupare nel direttivo regionale. Il congresso della Cgil lombarda, chiuso ieri a Mantova, si è risolto in una conta che lascia l.amaro in bocca ai 642 delegati, risulta di scarso o nullo interesse per chi guarda da fuori e - mettiamo le mani avanti - consegna un ingrato compito a chi deve decrittarla sulla pagine di un giornale. Qualsiasi ricostruzione è destinata a scontentare le parti in causa. Ci proviamo. I 156 membri del direttivo regionale sono stati eletti su tre liste contrapposte presentate dalla «maggioranza» di Epifani e dalle due «minoranze» di Patta (Lavoro e società) e Rinaldini (Fiom).

Virgolette obbligatorie perchè questo sulla carta è un congresso unitario, senza mozioni contrapposte e senza componenti. Uscita dalla porta, la diversità è rientrata dalla finestra nella forma blanda delle tesi alternative. Due presentate da Rinaldini, una da Lavoro e società. Su quelle ci si è contati nei congressi territoriali e di categoria, avendo però alle spalle l.ormai famoso «accordo dei 12» (dal numero dei membri della segreteria nazionale della Cgil) che garantisce a Lavoro e società il 20% ottenuto al precedente congresso a prescindere dal consenso raccolto in quello in corso.

Qualunque cosa si pensi di questo accordo (e questo giornale ne pensa male), le tesi alternative della Fiom hanno reso arduo onorarlo. Chi deve «cedere» a Lavoro e società parte dei rappresentanti che gli spettano negli organismi direttivi? La quadratura del cerchio, riuscita in tutti i congressi territoriali e di categoria lombardi, a Mantova non è andata in porto. Le due «minoranze» chiedevano cumulativamente il 35% nel direttivo, la «maggioranza» non ha voluto scendere sotto il 70% di sua spettanza e così si andati alla conta su tre liste contrapposte. Risultato: dei 156 membri del direttivo il 71% andrà alla «maggioranza», il 16,2% a Lavoro e società, il 12,3% alle tesi Rinaldini (molto meno del quasi 20% raccolto nei congressi di base).

Chi ha voluto forzare? Forse un po. tutti, complice una ribalta di spicco e di peso come quella lombarda. Il mancato accordo di Mantova resterà un caso isolato o avrà un effetto domino sugli altri congressi? Non ci avventuriamo in previsioni. Di certo, però, il gran rifiuto di Dino Greco ha una valenza nazionale. Il segretario della Cgil di Brescia, firmatario delle tesi Rinaldini (che hanno ottenuto la maggioranza a Brescia), non farà parte del direttivo regionale. «Il mio nome è a disposizione solo per una lista unitaria», aveva annunciato dalla tribuna.

La sua autoesclusione suona come una critica tanto alla «maggioranza» che a Lavoro e società. Il direttivo, appena eletto, ha riconfermato Susanna Camusso nel ruolo di segretaria generale della Cigl lombarda: 89 sì, 28 no, 6 schede nulle. A naso attribuiamo i 28 voti contrari alla quota Rinaldini nel direttivo. Durissime le reazioni della Fiom. «Quel che è successo a Mantova è una mascalzanota perpetrata ai danni degli iscritti alla Cgil da un gruppetto di soliti noti. Hanno fatto in modo che, nella formazione degli organismi dirigenti, venisse stravolto il voto espresso dai lavoratori», tuona Maurizio Zipponi, segretario della Fiom milanese. L.allusione, per nulla velata, è a Lavoro e società che «agendo con logiche lobbystiche mina il rapporto di fiducia con gli iscritti». Secondo Franco Arrigoni, segretario della Fiom lombarda, quel che è successo a Mantova «mortifica e cancella le regole delle democrazia». Si è trattato di «un atto grave», non archiviabile come «un incidente di percorso».

Manuela Cartosio (IL Manifesto 28 Gennaio 2006)