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Cgil, sul pluralismo interno la decisione resta a Epifani

Dopo gli strappi congressuali a Torino e in Lombardia aumentano le proccupazioni in vista dell'appuntamento di Rimini. Rinaldini (Fiom): «Vedremo alla fine»

(30 Gennaio 2006)

Prima la conta a Torino su liste contrapposte, (maggioranza, Lavoro società e Tesi Rinaldini). Poi, la stessa scena venerdi scorso a Milano nel corso del congresso regionale. Il percorso unitario della Cgil verso il congresso nazionale di Rimini (dal primo al 4 marzo) rischia di diventare pieno di buche. Se da una parte nessuno dei protagonisti in campo chiede la resa dei conti, dall'altra è chiaro che la formula («equilibrato rapporto») per dare un giusto peso congressuale alle percentuali raccolte dalle tesi alternative sempre di più ce l'ha in mano il segretario generale Guglielmo Epifani. «Ho già detto che mi riservo di valutare alla fine - sottolinea Gianni Rinaldini, segretario della Fiom in una intervista comparsa ieri sul manifesto - ma è evidente che se, come temo, alla fine l'assemblea congressuale nazionale non avrà alcun rapporto con il voto degli iscritti, si pone un problema estremamente delicato. Comunque, da qui ad allora c'è il congresso della Fiom».

Guardando i numeri con i quali si è concluso il congresso della Cgil Lombardia sorge spontanea una domanda: che problemi aveva la maggioranza, che ha "chiuso" al 71%, a dimostrare una reale capacità di governo unitario cedendo qualche punto percentuale? La decisione di lasciar spazio allo scontro è tutta politica. Forse, più semplicemente, c'è un sindacato che non riesce a tollerare più di tanto una discussione sulla democrazia e su un modello contrattuale "senza se e senza ma".

Per Dino Greco, segretario della Camera del lavoro di Brescia, che ha scelto di non entrare nel Comitato direttivo così come uscito dal congresso regionale di Mantova, «il movimento operaio, la sinistra politica e la sinistra sociale hanno sempre avuto un rapporto problematico e irrisolto con la democrazia. E ciò ha a che vedere con la valorizzazione del pluralismo e della dialettica come valorizzazione per la stessa organizzazione». Un modo molto diplomatico per dire che a Mantova, come a Torino, gli interessi dell'organizzazione sindacale sono rimasti un passo indietro rispetto a quelli dei vari gruppi. «Una non adeguata consapevolezza democratica in Cgil - aggiunge Dino Greco a Liberazione - rischia di mettere in mora lo stesso progetto della Cgil in questa fase». Lo slogan "Riprogettare l'Italia e democratizzare il paese" rischia, appunto, di essere uno slogan e basta. Non sarebbe la prima volta per un sindacato. Ma in questa fase, alle porte del confronto sui nuovi modelli contrattuali, che in molti chiamano "concertazione II", potrebbe fare davvero la differenza. La scelta di andare al congresso su un documento unico, per la prima volta dopo quindici anni, potrebbe rivelarsi troppo difficile nella pratica con conseguenze forti sul piano sia dei rapporti unitari che con le controparti.

«In Lombardia - sottolinea a Liberazione Maurizio Zipponi, segretario della Fiom di Milano - si è verificato un incidente, dentro un grave fenomeno degenerativo della democrazia». «E così a un documento unitario di partenza - aggiunge - corrisponde una forte divisione interna». «Ormai è chiaro - continua Zipponi - che il congresso nazionale si concluderà in modo diverso da come iniziò con l'accordo dei dodici segretari». Poi Zipponi fa una riflessione con un fondo amaro: «Mi chiedo come è potuto accadere che una battaglia di sinistra, partita dalla riflessione di "Essere sindacato", sia degenerata in un mostro come Lavoro e società. I gruppi dirigenti una volta insediati considerano la democrazia come un optional». Secondo Zipponi, infine, «la Cgil troverà la forza di reagire anche di fonte a questo». Sulla vicenda interviene anche Paolo Ferrero, membro della segreteria nazionale del Prc. «I segnali che ci sono sin qui su come la Cgil sta tenendo conto del voto espresso nei luoghi di lavoro sulle tesi alternative - sottolinea Ferrero - non sono per nulla buoni». «Noi vogliamo sperare che un congresso salutato positivamente grazie alla presenza di un'asse politico con una articolazione alla sua sinistra - aggiunge - finisca nello stesso segno». «C'è il rischio che la condotta della maggioranza - conclude Ferrero - cancelli questa articolazione. E su questo siamo preoccupati».

Se la Cgil non gode di ottima salute, infine, la Cisl si appresta ad affrontare guadi non certo rassicuranti. Nei prossimi giorni, infatti, potrebbe concretizzarsi la candidatura del leader Savino Pezzotta alle prossime elezioni politiche, nelle liste della Margherita. Se così fosse, si accelererebbero i tempi per un ricambio dei vertici della confederazione. In caso contrario, l'uscita di Pezzotta è prevista per il 2007. Lo stesso Pezzotta ha già indicato due nomi per la sua successione sulla base degli esiti della consultazione: Raffaele Bonanni e Pierpaolo Baretta.

Fabio Sebastiani (Liberazione 29 Gennaio 2006)

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