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Metalmeccanici: contratto deludente

(17 Febbraio 2006)

Dopo oltre un anno di lotte, 60 ore di sciopero, manifestazioni e infiniti tavoli di trattativa più volte interrotti, il 19 gennaio è stato firmato il contratto dei metalmeccanici. Che, per come si erano messe le cose negli ultimi giorni, si è chiuso al di sotto delle aspettative dei lavoratori. Federmeccanica infatti era stata costretta a tornare a trattare grazie alla forza messa in campo con la crescente mobilitazione di migliaia di operai che hanno bloccato autostrade e ferrovie in tutto il paese e organizzato un imponente sciopero regionale in Emilia Romagna con oltre 20000 lavoratori a Bologna e scioperi duri anche a Genova, Milano e altre città.

Sono stati sì ottenuti i famosi 100 euro, sotto cui i sindacati metalmeccanici non erano disposti a scendere. Il problema è che questi 100 euro lordi (riferiti al quinto livello, quando la stragrande maggioranza dei lavoratori sono attestati tra il terzo e il quarto), sono stati scaglionati in modo tale che di fatto i lavoratori alla fine dei conti (cioè facendo i calcoli sui 30 mesi di vigenza contrattuale) ne prenderanno tra i 50 e i 60 (lordi). Solo 60 euro verranno dati subito, 25 il prossimo ottobre e 15 nel marzo del 2007, cioè solo tre mesi prima della scadenza del contratto. Che viene anche allungato di 6 mesi. Infatti non scadrà il 31 dicembre del 2006 ma nel giugno del 2007. Fatto importante, perché non solo è ciò che Federmeccanica ha chiesto per accettare i 100 euro, ma rappresenta un precedente pericoloso, che minaccia l’allungamento di tutti i contratti nel prossimo futuro.

Non solo non è stato difeso il potere di acquisto dei salari, ma si sono fatte anche, inaspettate per i più, gravi aperture sulla flessibilità. Una questione decisiva, che tocca la gestione degli orari di lavoro e l’utilizzo dell’apprendistato per i giovani che entrano in fabbrica. Orario plurisettimanale significa la possibilità di allungare o accorciare (da 32 a 48 ore) l’orario settimanale in base alle esigenze produttive aziendali. Fino ad ora questa possibilità era limitata alle lavorazioni stagionali; da oggi è stata estesa a tutte le fabbriche metalmeccaniche.

È vero che Federmeccanica, formalmente, non ha sfondato totalmente: infatti la preintesa prevede che l’orario plurisettimanale sia introdotto trattando coi sindacati aziendali. Ma non si può ignorare il fatto che prima di questa intesa tutto ciò non era permesso e che i rapporti di forza espressi in questi giorni avevano creato le condizioni perché questa questione non entrasse per nulla nella trattativa (come già giustamente la Fiom aveva ottenuto tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio, cosa che aveva portato alla rottura coi padroni). Le aperture sulla flessibilità tra l’altro non erano mai state discusse coi lavoratori nelle assemblee in cui è stata presentata la piattaforma. Discorso che vale anche per le concessioni fatte dai sindacati sull’apprendistato! Qualche sindacalista dice che le Rsu su questo possono contrattare: dimentica che nella maggior parte dei posti di lavoro non ci sono Rsu e negli altri abbiamo raramente Rsu solide. Nelle assemblee poi avevamo detto ai lavoratori che quelle proposte erano irricevibili. Ce ne siamo dimenticati? Col nuovo contratto l’apprendistato viene esteso per i lavoratori dal terzo livello in su, fino a 60 mesi (che possono essere ridotti a 42 o 36 mesi in caso il lavoratore abbia un diploma o una laurea) e viene applicato anche ai lavoratori di secondo livello che occupano mansioni con poca o nessuna specializzazione (come quelli sulla catena di montaggio).
È vero che la concessione fatta sulla settimana plurisettimanale non è definitivamente acquisita dai padroni e se Federmeccanica e Fim-Fiom-Uilm non troveranno un accordo sulle percentuali di lavoratori precari da inserire nelle fabbriche l’esperimento della settimana a orario variabile il 31 luglio di quest’anno decadrà. Ma le cose non sono così semplici. Da più di un anno i sindacati e Confindustria stanno discutendo la necessità di riformare i contratti, sostituendo i famigerati accordi del luglio ‘93. Le possibilità che sindacati e padroni trovino un accordo sulla modifica dei contratti nazionali entro l’estate è alta. Lo stesso Epifani ha recentemente mandato un messaggio chiaro ai padroni a proposito dei metalmeccanici: se Federmeccanica non avesse firmato il contratto non si sarebbe aperta nessuna trattativa per un nuovo patto per il lavoro.

Si poteva fare di più dopo 13 mesi di trattative, lotte e oltre 60 ore di sciopero? La risposta sta nelle lotte di gennaio. La rabbia dei lavoratori in risposta all’arroganza dei padroni aveva trovato un canale estremamente efficace: i blocchi e le manifestazioni estremamente partecipate che poco avevano in comune con quanto visto fino a poche settimane prima. Dopo i primi blocchi di inizio gennaio a ogni nuova convocazione di scioperi il numero delle iniziative locali aumentava in modo significativo e anche quando Federmeccanica è stata costretta a tornare sui suoi passi e martedì 17 gennaio si sono ufficialmente riaperte le trattative, migliaia di operai erano pronti a riprendere la propria posizione sui blocchi in caso di necessità. Era necessario continuare sulla strada intrapresa a fine dicembre quando la Fiom aveva mandato un messaggio chiaro a padroni e ai vertici di Fim e Uilm: trattare solo sul salario, come da mandato dei lavoratori.

Per questo l’accordo raggiunto delude. Per questo nelle assemblee di fabbrica e nel referendum confermativo voteremo e inviteremo a votare No. I lavoratori metalmeccanici hanno dimostrato una volta di più come una mobilitazione decisa e combattiva possa rompere il fronte avversario che ha anche esso forti contraddizioni al suo interno. I dirigenti sindacali, della Fiom innanzitutto, hanno fatto un grave errore a non usare fino in fondo questa forza. Dobbiamo impedire che le nostre ragioni vengano messe nuovamente fra parentesi e sacrificate sull’altare di un nuovo progetto concertativo che i padroni (e parte dello stesso centrosinistra), una volta rimosso l’ “incomodo” dei meccanici, pensano di far passare.

Questo accordo mette in pericolo lo stesso sindacato. Un giovane con 5 anni di apprendistato davanti a sé può iscriversi, scioperare, lottare? Occorre una riflessione seria sullo stato di salute delle organizzazioni dei lavoratori. È chiaro che stiamo assistendo da anni ad un’acuta e profonda deriva dei sindacati, che spesso si autocelebrano, ma conservano apparati burocratici (poco funzionali alle sfide della ristrutturazione europea) e mettono in pericolo il proprio insediamento nei posti di lavoro. Un sindacato sempre più lontano dai giovani, che infatti secondo l’Ires Cgil si iscrivono in pochi (10% al di sotto dei 32 anni), perché non trovano risposte sufficienti da chi nei rinnovi contrattuali sceglie la via bassa, quella dello scambio dei diritti per pochi soldi. Un sindacato sempre più vecchio e inadeguato, che riesce sempre meno a difendere salari e pensioni, diritti dei giovani (che i contratti, compreso questo, rendono più precari). Se non si ripartirà dalle idee dei giovani e da metodi radicali (Che fine hanno fatto le casse di resistenza? E il sindacato europeo?) anche il sindacato verrà travolto. Per questo va rifondato.

Andrea Bono Rsu Fincantieri Genova
tratto da "Resistenze Foglio di organizzazione sociale di Progetto Comunista Sinistra Prc"

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