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Delegati del Sud, quella certa idea di progresso

(1 Marzo 2006)

Mille delegati in rappresentanza di tutte le regioni italiane. Il XV Congresso della Cgil è anche questo: un’opportunità per conoscere l’attività sindacale dal basso. Percentuale d’iscritti e di disoccupazione, settori produttivi, sicurezza sul lavoro e vertenze locali. In sala Epifani ha convinto tutti: le dieci tesi congressuali individuate per uscire dalla crisi del paese sono «l’antidoto al male odierno». Ma il sindacato ogni giorno si confronta con centinaia di questioni “locali”. Così, girando tra i banchi, raccogliamo le testimonianze del sindacalismo di base. Iniziamo dal sud, dove l’emergenza lavoro, la questione Mezzogiorno e la precarietà dei servizi sono la causa dell’impoverimento progressivo della popolazione.

Vera Lamonica, segretario Cgil/Calabria
«La mia è una regione disperata. Se il paese è in crisi noi stiamo dieci volte peggio». Vera Lamonica è una donna segretario che quando parla della sua Calabria si commuove. «Noi abbiamo la più alta percentuale di disoccupazione non dell’Italia, ma dell’intera Europa, il lavoro e la precarietà sono le nostre piaghe per eccellenza, siamo travolti dalla criminalità e la collusione tra politica e mafia è allucinante». Parla soprattutto dei giovani che, dice, «da noi non hanno futuro e per questo se ne vanno. Io stessa ho due figli: uno studia a Bologna e l’altro vive in Spagna». In Calabria gli iscritti alla Cgil sono 160mila, per lo più braccianti, edili e del pubblico impiego. «Abbiamo percentuali d’infortuni elevatissime, -spiega- soprattutto nell’edilizia e nel settore agricolo. Purtroppo, però, spesso gli incidenti non vengono denunciati perché si consumano nell’illegalità del lavoro nero». La Cgil in Calabria ha scelto di puntare sulla formazione. «L’università di Cosenza sforna menti eccellenti che poi regaliamo all’Italia e al mondo, ma dopo l’omicidio Fortugno, ho capito che bisogna impedirgli di emigrare». Perché dopo l’uccisione del vice presidente della regione Calabria. «Perché questa tragedia ha risvegliato gli animi dei giovani, non degli adulti – risponde - e oggi la responsabilità che abbiamo è maggiore: deludere questi ragazzi è un delitto che lo Stato non può permettersi».

Mimmo Zambetta, segretario Filcem/Puglia
«In Puglia la Filcem rappresenta più di 4mila iscritti. Due le categorie di riferimento: il settore chimico e quello energetico a cui fanno capo anche due tra le maggiori industrie italiane, L’Eni e l’Enel, entrambe presenti sul nostro territorio». Impegnato nel sindacato dal giorno della sua assunzione (1967), con ruoli attivi di rappresentanza nella confederazione dal 1988, Mimmo Zampetta rappresenta oggi in Puglia la Filcem, neo-nata sigla sindacale che a febbraio ha celebrato ufficialmente la fusione tra la Fnle (elettrici) e la Filcea (chimici). «Ho alle spalle tanti anni di sindacato e devo dire che oggi le cose sono molto cambiate soprattutto negli obiettivi che dobbiamo porci nel nostro lavoro di rappresentanza. Abbiamo il compito di parlare ai giovani, di coinvolgerli e rassicurarli –spiega Zambetta.- Da noi assistiamo quotidianamente ad un impoverimento progressivo del settore chimico. Le multinazionali non investono più e preferiscono andare all’estero e i nostri centri di ricerca scompaiono a poco a poco. Per quanto riguarda il settore energetico, invece, - conclude - ci serve un nuovo piano che guardi anche ad energie alternative. Ci stiamo lavorando con la nuova Giunta regionale. Questo potrebbe rilanciare la Puglia in settori moderni e dinamici e rinvigorire il mercato».

Donatella Bruni, delegata Cgil/Scuola Cosenza
«Se si attacca la sanità e l’istruzione, dove questi servizi sono già precari, i danni sono inestimabili». Donatella Bruni commenta la riforma Moratti partendo dalla sua città: Cosenza. «La riforma della scuola ha toccato un bene nazionale. Non siamo certo gli unici a pagarne le conseguenze ma quando a problemi già esistenti se ne aggiungono altri, venirne a capo diventa impossibile». Dalla sua esperienza di insegnante, Donatella Bruni ha capito che in Calabria il lavoro da fare è convincere la cittadinanza che deve e può rivendicare dei diritti. «La gente pensa che sia pretestuoso chiedere di più e non sono solo gli adulti a crederlo. Anche i giovani sono stati condizionati da questa mentalità: per questo non siamo abituati a rivendicare diritti di cittadinanza». Pensa ai ragazzi di Locri, alla mobilitazione che sono riusciti a mettere in piedi dopo l’omicidio Fortugno. «La reazione dei ragazzi di Locri non ha contagiato tutta la Calabria. Eppure è stata talmente esplosiva da riuscire a varcare i confini nazionali. C’è un progetto di espansione – spiega - i ragazzi vorrebbero mettere in piedi un coordinamento, ma purtroppo da noi l’individualismo (non inteso come egoismo ma come piuttosto incapacità di pensare in collettivo) è ancora forte. È la colpa è di noi adulti».

Michelangelo Gravagno, segretario Cgil/Campania
«Pienamente d’accordo con Epifani, ma sarei stato ancora più perentorio con la sinistra: i primi 100 giorni di governo questa volta sono fondamentali. Il segnale al paese e al Mezzogiorno, in particolare, va dato subito». Michelangelo Gravagno è l’unico incontrato mercoledì che fa degli appunti alla relazione del segretario Epifani, «non per prendere le distanze – spiega - ma perché la questione del Mezzogiorno deve avere una maggiore attenzione programmatica». In Campania la collusione tra mafia, politica e lavoro è, come in Calabria, una piaga che tappa le ali ad ogni forma di sviluppo. «Noi pensiamo, comunque – specifica - che camorra e lavoro siano due cose che devono rimanere separate. La camorra attinge senz’altro manodopera tra i nostri disoccupati, ma non tutti coloro che sono senza occupazione scelgono la criminalità». Pone l’accento su un altro aspetto che blocca la crescita produttiva di questa regione: «Ci sono troppe giunte comunali che sono state sciolte, la gestione degli appalti e fuori da ogni controllo. La vera piaga è la collusione tra la politica, le imprese e le mafie, il pizzo, il traffico della droga, le eco-mafie, le filiere per la gestione dei rifiuti». Con i suoi 330mila iscritti, la Cgil in Campania è il sindacato più rappresentato. «Noi abbiamo un motto – dice - “contare sulle proprie forze” perché siamo noi che dobbiamo uscire dalla crisi, con l’aiuto dei vertici, ma sostanzialmente senza piangerci addosso».

Enzo Costa, segretario generale Cgil/Camera del lavoro, Cagliari
«Il nostro male endemico si chiama lavoro. Il 25% della popolazione attiva è in cerca di un’occupazione che gli permetta di guardare al futuro e non solo di pensare in modo “precario”». Anche in Sardegna l’emergenza lavoro è il primo punto all’ordine del giorno. «Epifani ha denunciato la crisi del paese. Se per “sinistra” intendiamo critica progressista, allora chiamateci pure così». In Sardegna la Cgil coinvolge larga parte del settore produttivo. Anche le categorie più giovani sono ben rappresentate. Il Nidil-Cgil, il sindacato nato per rappresentare i famosi co.co.co e collaboratori a progetto, è attivo nell’isola già da otto anni, praticamente dalla sua costituzione. I settori più rappresentati sono il pubblico impiego, i forestali e il settore agricolo, i servizi e il commercio, l’industria chimica e metalmeccanica. «Crediamo nel Nidil perché il sostegno alle categorie più a rischio è la sfida moderna del sindacato –spiega- per questo puntiamo su questa categoria dandogli visibilità e rappresentanza». Oggi la piaga peggiore per la Sardegna è che non gli viene riconosciuto il “differenziale negativo”. «Essendo un’isola – conclude Costa - qualsiasi attività commerciale che intraprendiamo è esportazione/importazione. Ciò significa che gli imprenditori che vogliono investire in Sardegna partono dall’inizio con il 20% in meno di profitti perché hanno tutta una serie di costi aggiuntivi che nel resto del paese non si hanno. Chiediamo che questo differenziale ci venga riconosciuto con sostegni all’imprenditoria, altrimenti per noi non ci sarà sviluppo».

Valentina Petrini (L'Unità 1 Marzo 2006)

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