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Eric Hobsbawm

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Rifiutare la destra, cambiare la politica

(6 Marzo 2006)

Molti chiedono a noi, di “A Sinistra Per Savona”, quale atteggiamento assumeremo nell'occasione delle elezioni politiche: sembra suscitare, infatti, una certa curiosità la collocazione di un soggetto anomalo come il nostro, nato su questioni di carattere locale (sia pure di grande rilievo, non certo definibili di dimensione meramente localistica) ma orientatosi immediatamente, con grande precisione sul piano politico.

Scrivo a titolo personale, senza alcuna pretesa di racchiudere in una posizione univoca la ricchezza di pluralità di opinioni presente fra chi ha aderito al nostro progetto, impegnandosi generosamente in prima persona.

Esistono provenienze, sensibilità, visioni diverse che debbono essere valorizzate, fatte fruttare sul piano della riflessione collettiva, non ingabbiate all'interno di precostituite schematizzazioni.

Pur tuttavia mi permetto di ritenere che, tra compagne e compagni che si sono impegnati in una impresa politica difficile come quella di “ A Sinistra per Savona”, si possano tranquillamente riscontrare alcuni elementi di fondo comuni, riassumibili in alcune istanze declinabili, poi, diversamente sul piano dell'atteggiamento politico contingente.

Provo, allora, ad enucleare alcune di quelle che mi paiono emergere, tra queste comuni sensibilità.
La prima riguarda il rifiuto della destra: uso apposta questo termine forse non abituale di “rifiuto”, per indicare una lontananza di fondo, una distanza, una necessità di contrasto forte (perché credo si debba essere contrari al “pensiero unico”, ma sulla base di un “pensiero forte”, di non semplice adattamento all'esistente).

Rifiutiamo, dunque, questa destra di governo, populista, eversiva, razzista, ma rifiutiamo soprattutto la concezione del mondo che la destra ha espresso, sta esprimendo, esprimerà; rifiutiamo il liberismo; la concezione dell'egoismo proprietario; l'individualismo consumistico.

Questo nostro rifiuto è netto ed inequivocabile e ci porta ad allontanarci, naturalmente, da chi partendo da posizioni formalmente diverse da questa destra (e dalla destra di sempre) finisce, oggettivamente, per rimanervi subalterno.

Siamo, infatti, per rifiutare la destra sulla base di una nostra precisa richiesta di progettualità politica.

Così si esprime il binomio dialettico che, idealmente, ci ispira: rifiutare la destra, cambiare la politica.

Ecco: quello che vorremmo fare, al di là dell'impegnarci sui grandi e piccoli temi dell'amministrazione della nostra Città, è fornire un contributo, un piccolo contributo, portare un mattoncino, perché si riesca ad ostacolare il vero e proprio processo degenerativo che l'esercizio della politica sta subendo, da un certo numero di anni a questa parte.

Siamo vittime più o meno consapevoli dell'avvenuta omologazione delle forze politiche, in particolare delle più grandi che operano nel nostro Paese, al teorema lummannhiano della fine anni'70 sulla riduzione del rapporto tra politica e società, allo scopo di “tagliare” l'eccesso di domanda sociale che cresceva nei paesi industrialmente più avanzati.

La fase reaganian – tachteriana segnò il culmine di quella fase e la, successiva, fine dell'equilibrio tra i blocchi aprì la strada a quel processo di omologazione cui ho cercato di far cenno poco sopra, provocando la profonda trasformazione nel sistema di relazioni tra la politica e la società, intesa nelle sue diverse articolazioni, provocando un vero e proprio mutamento di natura nei soggetti naturalmente indicati per fungere da mediatori, i partiti.

Non è possibile evitare di considerare i partiti come i soli soggetti possibili capaci di interpretare un positivo livello di mediazione democratica della rappresentanza sociale: non possiamo cadere, o dare spazio, all'antipolitica.

Accanto al rifiuto della destra si colloca, dal nostro punto di vista, anche il rifiuto dell'antipolitica e, di conseguenza, la richiesta di “cambiare la politica”.

Cambiare la politica in almeno tre direzioni:

a) la prima tentando un recupero di idealità e di moralità; nessuna concessione ad ideologismi astratti, a circonvoluzioni verbalistiche, ma il razionale dell'idealità ( del traguardo collocato oltre alla strumentalità del contrattualismo sociale) e l'urgenza della moralità, quale richiamo alla coerenza del soggettivo e del “dover essere” della legge morale;

b) la seconda proponendo una forma della politica che esprima una soggettività (ancora il “soggetto” al centro: la politica è volontà; nulla può essere lasciata all'ineluttabilità dell'oggettivo) orientata verso la ricerca della complessità nel rapporto sociale, riuscendo a stabilire,ancora, una gerarchia nelle contraddizioni, richiamando l'idea di una contraddizione principalefondata sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, che non può essere rinchiusa dentro un'idea esaustiva della governabilità quale fine ultimo dell'agire politico, ma che agisce per intrecciare alla contraddizione principale la complessità delle fratture sociali presenti nella modernità più avanzata, per fare del progetto politico fattore di effettiva inclusione , e non esclusione sociale. Certo, tornare all'idea del partito quale fattore dell' “integrazione di massa” richiede l'apertura, nella società della globalizzazione nella comunicazione di massa, di una riflessione di nuovo tipo, circa la teoria delle elite. E' un passaggio delicato che, pure, dovremo affrontare se vogliamo ricostruire un intellettuale collettivo capace di proporre un gruppo dirigente, non collegato semplicemente all'idea della politica come collocazione istituzionale e beneficio per piccoli gruppi;

c)il terzo punto riguarda il connubio politica/cultura. Senza l'apertura di una ricerca capace di scavare negli assetti sociali più profondi; senza la ricostruzione di una teoria e, ancora, senza una ridefinizione degli strumenti utili a stabilire un rapporto diretto fra teoria e prassi, sarà difficile non lasciare spazio all'antipolitica, così come avviene adesso, ad esempio con l'esaltazione acritica di presunti strumenti di partecipazione che, al contrario di quello che ci cerca di far credere, finiscono con il demolire la possibilità concreta di incidenza delle istanze sociali, fungendo quasi da “ammortizzatori sociali”.

Allora,dirà qualcuno: queste elezioni politiche?
La risposta è semplice,rifiutando la destra noi intendiamo proporre una visione diversa della politica e, di conseguenza, della sinistra, legandoci a una visione progettuale ben determinata: come proponiamo nel “locale”, riteniamo debba essere portate avanti nel generale.

Sarebbe facile parlare di pace, Europa Sociale, diritti civili: tutti punti scottanti.

Parliamo, invece, di altre cose: del ritorno ad una regia pubblica dell'economia; dell'impossibilità di un “patto sociale” che prefiguri il cammino della prossima legislatura; del ritorno della mano pubblica nella gestione delle grandi utilities chiamate a rispondere ai bisogni sociali; al ruolo dell'industria; all'equilibrio ambientale; alle scelte in campo energetico (che risulteranno di grande importanza, nell'immediato futuro); dell'istruzione pubblica; della laicità dello Stato (usiamo volutamente e sottolineiamo questo termine non generico di “laicità dello Stato”).

Potrei continuare a lungo su questa strada ma , spero proprio, di essere riuscito, grosso modo, a farmi intendere, completando il discorso con un accenno alla “moralità della politica”: ritengo, infatti, che per “moralità della politica” debba intendersi anche il rispetto dei ruoli istituzionali, l'espressione “alta” della capacità di rappresentanza; l'esercizio di meccanismi di effettivo intervento dal basso nelle scelte riguardanti le politiche pubbliche.

Una visione rigorosa della vita pubblica, quella che intendiamo portare avanti, anche nell'esercizio della funzione politica che ci spetta in sede locale,ispirata molto semplicemente ai principi di fondo della Costituzione Repubblicana.

Questi sono i riferimenti di fondo che credo risultino sufficientemente comuni fra chi, in pieno spirito di servizio, sta lavorando per il progetto di “A Sinistra per Savona”: nulla di generico, credo, anzi di politicamente preciso, pur nella diversità dei riferimenti sociali, politici, culturali; diversità che, insisto, per noi, all'interno della forma politica che ci siamo dati, rappresentano la vera ricchezza; la ricchezza delle idee, nella capacità del confronto.

Così vorremmo battere la destra; così vorremmo fosse la sinistra.

Savona, li 4 Marzo 2006

Franco Astengo

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