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A Rimini prove di “inciucio concertativo”. Serve, invece, una nuova scala mobile

Perché il Sincobas partecipa alla campagna di raccolta delle firme

(6 Marzo 2006)

Nulla di nuovo, si potrebbe commentare a proposito del patto Epifani-Prodi andato in onda al congresso della Cgil. Peccato che la coazione a ripetere della Cgil non costituisca un fatto privato ma una pericolosa ipoteca sul futuro di milioni di lavoratrici e lavoratori. La relazione di Epifani, appiattita sul programma dell’Unione, lascia presagire comportamenti e prese di posizione che abbiamo già visto durante il Governo dell’Ulivo.

L’idea, radicata nella Cgil, che ci possano essere governi amici a prescindere dall’azione concreta e dai programmi realmente perseguiti ha già prodotto i noti guasti nella precedente esperienza di governo di centro sinistra: dalla “contingente necessità” della guerra alle pensioni, dal mercato del lavoro fino ai contratti nazionali di categoria.

A suo tempo l’apertura all’idea che il lavoro flessibile fosse una risorsa ha prodotto la benedizione del pacchetto Treu (lavoro in affitto) da parte della Cgil con le conseguenze che ben conosciamo. Ora, di fronte alla generica contrarietà alla legge 30 espressa nel programma dell’Unione, la Cgil di Epifani segue la scia e si mette a ruota del futuro - se ci sarà - Governo Prodi. Ma i disastri prodotti dal Governo Berlusconi sulla precarizzazione del lavoro e della vita non sono superabili con i classici “pannicelli caldi” contenuti del programma dell’Unione e affidare l’azione sindacale al cambiamento dello scenario politico rappresentato da Prodi dimostra che il nodo dell’indipendenza del sindacato dagli schieramenti politici non è risolto o, per meglio dire, è risolto alla vecchia maniera.

Nella relazione di Epifani c’è una pericolosa sintonia con l’Unione proprio su uno dei temi più scottanti nel mondo del lavoro, quello della precarietà. Nel programma dell’Unione le forme di lavoro flessibile oggi più diffuse (dal lavoro somministrato, meglio conosciuto con la vecchia denominazione di lavoro interinale, così come il lavoro a progetto “individualizzato” privo di tutele e garanzie retributive minime) restano in piedi, fatte salve alcune proposte assai vaghe di contenimento dell’utilizzo distorto o improprio delle stesse. Stessa musica nella relazione di Epifani. Di abolizione degli oltre un milione e mezzo di contratti a progetto neanche a parlarne, al massimo ci si accontenta di auspicare che non siano addirittura più convenienti per i padroni sorvolando sui diritti.

Ritorna prepotentemente in campo inoltre l’idea del sindacato collaborativo, tanto caro alla Confindustria, che incassa da questo congresso pericolose aperture anche in tema di riforma del modello contrattuale. Un tema su cui è la Fiom ad avere le maggiori preoccupazioni in casa Cgil. Rinaldini ribadisce che non è quella la priorità e tuttavia è un tema che non si può ignorare, se si vuole rispondere all’altra delle questioni più sentite nei luoghi di lavoro: l’emergenza salariale, il mese sempre troppo lungo in rapporto alla retribuzione percepita. «Ridurre il contratto nazionale all’unica funzione di rapporto con l’inflazione, reale o programmata che sia, significa di fatto pensare a una sua riduzione. In altre parole: sostituire il contratto nazionale con la scala mobile. Il contratto nazionale è un’altra cosa, la nostra posizione va in un’altra direzione», aggiunge sempre Rinaldini.

D’accordo con le premesse ma a ciò aggiungiamo che proprio per non sostituire il contratto con una scala mobile neppure reale, come avviene adesso in tutte le categorie, occorre riprendere la strada del conflitto e assumere iniziative che infrangano i confini (vincoli) imposti alla contrattazione dalle scelte liberiste del governo nazionale e dell’Europa.

Per questo il Sincobas, insieme ad altri sindacati di base, a pezzi della Cgil, a forze politiche e a diverse associazioni, partecipa alla campagna nazionale per “una nuova scala mobile”. Obiettivo che ha visto quasi tutte le sigle del sindacalismo di base riunirsi in un comitato unitario per la presentazione di una legge di iniziativa popolare. Ora si stanno costituendo i comitati locali per avviare la raccolta di firme nei luoghi di lavoro e nel territorio. Ripristinare un meccanismo automatico di adeguamento di salari e pensioni all’inflazione vera è una proposta concreta che lanciamo ai delegati della Cgil. Un meccanismo che salvaguardi il valore di salari e stipendi così da poter utilizzare la contrattazione per la sua funzione: aumenti reali e miglioramento delle condizioni di lavoro.

Una proposta che, visto il periodo elettorale, vuole essere uno strumento per porre all’attenzione dei vari partiti politici che si candidano a governare il paese una soluzione tangibile rispetto alle tante chiacchiere televisive inconcludenti che rilevano il problema ma non propongono soluzioni efficaci.

Certo, non basterà una firma a cambiare questa situazione ma se le firme raccolte in tutta Italia, in tutti i luoghi di lavoro e di incontro collettivo, saranno tantissime e saranno accompagnate da iniziative di sostegno anche attraverso le mobilitazioni dei prossimi mesi forse riusciremo a costringere il futuro governo e i sindacati che firmano a nome di tutti i lavoratori a mettere in agenda questo tema.

segreteria nazionale Sincobas Margherita Recaldini

Luigi Pasi (Liberazione 5 Marzo 2006)

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