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(Flessibili, precari, esternalizzati)

La lotta dei lavoratori e le lavoratrici del restauro artistico della Fillea Cgil di Napoli

Salari di fame e diritti negati per millecinquecento lavoratori del restauro artistico napoletani. Il 90% donne

(7 Marzo 2006)

Millecinquecento restauratori napoletani, il 90% donne, sono disoccupati o costretti ad operare nella precarietà.
Intanto continuano a rimanere fermi i cantieri per il recupero dei beni culturali.

Ancora fermi i lavori per il restauro architettonico ed artistico del Teatro S.Carlo, di Palazzo S. Giacomo, del Teatro Mercadante, del Maschio Angioino.
Quattro cantieri, quattro opere pubbliche incompiute nel cuore della Città per le quali sono state stanziate otto milioni di euro.

Altri centocinquanta cantieri finanziati per oltre ottocento milioni di euro nell’ambito del progetto “attrattori culturali” per il recupero di tutti beni culturali e monumentali di Napoli e Provincia non sono mai stati aperti.
Due anni fa, la Regione Campania, l’assessore alla cultura Marco Di Lello, aveva sottoscritto un “protocollo d’intesa” con le organizzazioni sindacali Fillea Cgil, Filca Cisl, Feneal Uil, il CNA, le soprintendenze, le università, le associazioni industriali.

Un accordo che sanciva apertura di centieri, l’assunzione di almeno settemila restauratori ed operai archeologi, corsi di formazione e di aggiornamento professionale finalizzati, l’istituzione di un Istituto Pubblico di Restauro in Campania, affidamento dei lavori di restauro artistico con il sistema dell’appalto concorso.

Le soprintendenze in qualità di enti appaltanti dovevano selezionare le imprese sulla base di progetti di qualità.
Il “protocollo d’intesa” non è mai stato attuato.
Si è rivelato, forse, solo un’operazione d’immagine.

“A Napoli vi sono millecinquecento collaboratori restauratori e restauratrici disoccupati o precari – dice Anna De Biase coordinatrice di Fillea Restauro – Sono costretti da alcuni imprenditori a stipulare contratti di lavoro fittizi ed elusivi, ad aprirsi la partita iva, a fatturare figurando come lavoratori autonomi ed a subire tutti gli oneri pesantissimi che ne derivano oppure ad essere retribuiti con la ritenuta d’acconto o più semplicemente, con il sistema del lavoro nero e dei contratti del settore commercio.

Coloro che lavorano a queste condizioni non conoscono la tredicesima – sottolinea De Biase – Non conoscono le ferie, l’indennità di maternità, la cassa edile, i controlli sanitari, il diritto allo studio e alla formazione.
Sono costretti a pagarsi tutte le tasse, i contributi Inps, Inail.Il tutto, ovviamente, per una paga oraria miserabile che raramente supera sei euro l’ora”.
La carenza normativa e legislativa della figura dei collaboratori restauratori artistici ha fornito un alibi agli imprenditori ed alle soprintendenze per portare avanti progetti e lavori senza mai porsi il problema dei lavoratori, a fronte di un mestiere oltretutto usurante e dannoso per la salute e l’incolumità fisica.

Da un campione di 155 schede di rilevamento personale prelevate durante un’assemblea dei collaboratori restauratori napoletani indetta dalla Fillea Cgil emergono i seguenti dati:
Il 90% sono donne; l’età dei lavoratori e delle lavoratrici è compresa tra i 19 e i 42 anni; il 17% ha prole;il 15% è laureato;solo il 5% è costituito in consorzi, cooperative;il 70% lavora a Partita Iva, ritenuta d’acconto o al nero per una paga oraria lorda che oscilla tra i 5 ed i 6 euro.
Solo il 24% risulta regolarmente assunto, prevalentemente con contratto a tempo determinato, part-time e formazione lavoro, ma in ogni caso con inquadramenti e retribuzioni improprie.

IL 14 MARZO A ROMA PER LO SCIOPERO GENERALE DEI LAVORATORI DELLE COSTRUZIONI, I RESTAURATORI E LE RESTAURATRICI DI NAPOLI

Francesco Fanon

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