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L'Italia tripudia la guerra

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(5 Novembre 2010) Enzo Apicella

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Medio oriente: aggressioni militari, neocolonialismo - diritto alla resistenza

Assemblea di movimento a Napoli

(15 Marzo 2006)


La presenza delle truppe di occupazione che non ha altre ragioni se non la difesa degli interessi economici delle classi dirigenti dei paesi occidentali ha seminato morte, distruzione e rapina, non risparmiando la tortura e lo sterminio di intere città come a Falluja.

Ma il popolo iracheno, pur colpito dalla presenza di truppe superarmate (i “pacificatori”), da mercenari profumatamente pagati (pardon contractors) e da ascari locali assoldati agli occidentali (i rappresentati della nuova democrazia), ha saputo dare prova di una indomita resistenza, sotto svariate forme che ha finora fatto fallire i progetti degli occupanti di imporre la loro “pace”.

Di fronte a tale resistenza il disegno degli occupanti si è ulteriormente radicalizzato fomentando la contrapposizione tra diversi settori della società irachena, puntando alla frantumazione dell’unità territoriale o ad un indebolimento delle varie fazioni in campo tale da consentire una più facile sottomissione di tutte agli interessi ed al dominio occidentale.

In realtà le truppe di occupazione occidentali non hanno nessuna intenzione di ritirarsi fino a quando la situazione in Iraq non sarà sufficientemente “normalizzata”, ovvero fino a quando la resistenza del popolo iracheno non sarà piegata con tutte le armi che le sofisticate “democrazie” occidentali possono mettere in campo.

Le truppe occidentali non sono la cura per la società irachena esse rappresentano la malattia.

Solo un rafforzamento della resistenza sul campo in Iraq che già ha saputo infliggere enormi perdite agli interessi occidentali e il rafforzamento del movimento di opposizione alla guerra infinita nei paesi aggressori, possono imporre il ritiro delle truppe dall’Iraq ed una soluzione non colonialista.

Per il popolo iracheno non esistono alternative se non vuole tornare a subire un domino colonialista più feroce di quello da cui si è liberato circa 50 anni fa.

Ma anche il movimento contro la guerra non ha scelta nel confermare la sua radicale opposizione contro il militarismo crescente se vuole evitare di diventare complice o spettatore passivo di una politica di aggressione e di rapina che va ben oltre l’Iraq.

Le nuove minacce di attacco contro l’Iran, riutilizzando la favola delle armi di distruzione di massa, lo scatenamento della campagna contro gli islamici di cui la vicenda delle vignette è stato un semplice tassello, le reazioni israeliane ed occidentali in genere alla vittoria di Hamas in Palestina confermano che la politica di guerra contro i paesi ed i popoli di area islamica sono destinati a rinforzarsi, visto che gli strumenti diplomatici, la corruzione delle classi dirigenti locali, le minacce e quant’altro, non bastano a piegare la volontà di riscatto e di ribellione da parte di quelle popolazioni.

Quello cui assistiamo quotidianamente, nonostante le ipocrite dichiarazioni di facciata è esattamente un tentativo di intruppare le popolazioni europee e statunitensi dietro le insegne di una guerra di civiltà che difenda i “valori” occidentali e che sappia imporli alle “barbare” ed “incivili” popolazioni islamiche, arrivando alla minaccia di utilizzare contro di esse le armi atomiche. In pratica una nuova e sempre più feroce crociata al servizio degli interessi del capitale e delle classi dirigenti occidentali contro i popoli del terzo mondo che non accettano di sottomettersi alla progressiva politica di oppressione, di sfruttamento e di rapina delle potenze occidentali.

Non si tratta solo di un pur necessario rifiuto di essere complici verso una politica di oppressione di altri popoli -ancora più nefanda poiché condotta dietro le insegne della libertà, della fratellanza e della uguaglianza-, ma anche e soprattutto di opporsi alle conseguenze prodotte da tale politica a casa nostra.

Infatti il rafforzamento del militarismo verso l’esterno si accompagna necessariamente ad un crescente autoritarismo interno, alla criminalizzazione di qualsiasi dissenso politico e sociale. Il clima emergenziale creato per giustificare la politica estera espansionistica ben si presta, in nome della difesa dei presuntamene comuni valori occidentali, ad interdire e colpire anche qualsiasi opposizione interna alle politiche di tutela degli interessi capitalistici.

Le politiche razzistiche e liberticide contro gli immigrati, che si continua a rinchiudere nei lager pudicamente rinominati CPT, la repressione contro le lotte sociali, tutto viene giustificato con l’esigenza della superiore unità necessaria nella lotta contro l’indefinibile pericolo terroristico, contro il fondamentalismo (degli altri si intende) che minaccerebbe la nostra “superiore” civiltà.

La lotta contro il militarismo e la guerra rappresenta quindi un tassello decisivo anche per contrastare l’offensiva ideologica, politica ed economica che colpisce la maggioranza dei lavoratori e dei cittadini degli stessi paesi occidentali.

Il 18 marzo, terzo anniversario dell’invasione dell’Iraq, è stata convocata una giornata di mobilitazione internazionale. Tale scadenza deve diventare un importante momento di ritorno in campo del movimento contro la guerra per ribadire la richiesta di ritiro immediato delle truppe di occupazione dall’Iraq e da tutti gli altri teatri in cui sono presenti missioni militari.

GIOVEDI’ 16 MARZO ORE 17.00 NAPOLI UNIVERSITA’ CENTRALE - VIA MEZZOCANNONE 16

INCONTRO CON:
Ahmed Karim Opposizione Democratica Patriottica del Partito Comunista Iracheno
Mufid Keteish Responsabile Esteri del Partito Comunista Libanese
Interviene anche SHUKRI IBRAHIM Unione Democratica Arabo Palestinese

Promuovono:
Comitato Nazionale per il ritiro dei militari italiani dall’Iraq,
Comitato No war Napoli

Treno no war appuntamento presso la Stazione Centrale di Napoli ore 9,30
Per acquisto biglietti e info: comitatonowarna@tiscali.it - tel 3292403339


Il 18 marzo in piazza a Roma

Con la resistenza irachena e palestinese
Per il diritto di tutti a resistere alla guerra e all’occupazione
Per il ritiro dei contingenti militari dall’Iraq, dall’Afghanistan, dai Balcani
Fermiamo per tempo la nuova aggressione che si prepara contro il popolo iraniano

Comitato Nazionale per il ritiro dei militari italiani dall’Iraq,
Comitato No war Napoli

Fonte

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