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Addio compagne

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(23 Febbraio 2010) Enzo Apicella
Il logo della campagna di tesseramento del prc 2010 è una scarpa col tacco a spillo

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La svolta finale di Bertinotti: finalmente nudo il transgender della sinistra

Se non ammazzi in tempo il padre, presto o tardi il padre ammazza te (da Euripide)

(23 Marzo 2006)

E il vento non arrivava, le vele erano flosce, Menelao smaniava sotto il peso delle corna e suo fratello Agamennone imprecava contro Artemide che lì, in Aulide, gestiva un tempio e, nonostante il sacrificio di buoi e capretti, non si decideva a spedire il congiunto Eolo a soffiare verso Troia le navi dei principi greci. Anzi, Artermide s’era pure indisposta per quei capretti, a lei cari, sacrilegamente inceneriti sul suo altare. Tanto si indispose che, tramite l’indovino Calcante, fece sapere ad Agamennone che lei si sarebbe placata e i venti si sarebbero levati solo se il re le avesse sacrificato la figlia, Ifigenìa. Mentre Odisseo e Diomede portavano la fanciulla verso l’altare, Agamennone volse il capo verso la Sinistra Europea, onde non vedere la figlia nel momento del trapasso…

Ovviamente questa vicenda, spudorata metafora dell’attualità, non finisce qua. Racconterò l’epilogo in fondo. In un paese dove un mercenario andato in Iraq per dare il proprio contributo alla mattanza viene decorato con la massima onorificenza civile dalla massima autorità dello Stato; dove la stessa massima autorità promuove a Cavalieri della Repubblica le gazzettiere che meglio hanno cavalcato nel Gran Premio del Genocidio Imperialista; dove giorno dopo giorno le sinistre sedicenti vuoi alternative, vuoi radicali, terrorizzate più dall’essere diverse che dai diversi (di classe), masticano ed espellono coram publico, perché se ne nutra, il nonsense assassino del “terrorismo islamico”… in un paese come questo non dovrebbe far spostare un sopracciglio il fatto che, dopo una decennale cura di ormoni e di bisturi, su cui tutti chiudevano gli occhi, ci si sia finalmente presentato dinanzi nudo come un verme, di sesso opposto a quello delle origini e con in mano, come Giuditta, una testa mozzata. Qualcuno mormora, piuttosto come Lecciso, vista la frenesia autoespositoria, ma sarebbe recare un torto alla signora che, per quanto come il Nostro finga di essere qualcosa che non è, una soubrette nella fattispecie, il genere finora non l’ha cambiato. Anzi, quello suo pare robustamente e piacevolmente identitario.

Bertinotti, per togliersi anche gli indumenti intimi, s’è dato, comprensibilmente, a un compagno di percorso, Riccardo - “preferisco i marines ai tagliatori di teste” – Barenghi, il quale, visti i miseri spifferi che nelle sue vele soffiava “il manifesto”, anche lui ha sacrificato qualcosa pur di far volare quelle vele nel generoso maestrale de “La Stampa”. Signorotto di palazzo quanto Agamennone era sovrano dei greci, il prediletto saprofita di Bruno Vespa e godibilissimo avversario per Berlusconi, l’ex- sindacalista, firmatario storico di compromessi a perdere, non s’è curato né di figlioli, né di sudditi. Ha preso Ifigenìa, con il martello le ha sfondato il cranio, con la falce le ha estratto il cuore e ha gettato le armi del delitto. Quindi s’è presentato ai compiaciuti principi achei nuovo, sinistro, pronto a sfracelli contro i residuali troiani e certo della benevolenza degli dei che gonfiano vele, colmano forzieri e assicurano, spesso fedifraghi, lunga vita.

L’infanticidio e simultaneo cambiamento di genere sono stati l’apoteosi di un processo di lunga lena, subito dal pubblico ammutolito e incredulo, partecipato dai democratici vocati al bilancio partecipativo. Anche perché, con sottile preveggenza e accorata sensibilità animalista, il Nostro s’era voluto circondare di affettuose scimmiotte-vallette che non vedono, non odono e non parlano. Mentre Ifigenìa, segregata negli appartamenti delle donne e, secondo sacra tradizione burkizzata dalla testa ai piedi, deperiva lentamente in attesa di essere immolata, si svolgeva la di lui progressiva transustanziazione: al posto dell’anfibio o dell’infradito, la scarpetta d’argento con il tacco a spillo; sulle gote strati crescenti di cipria, sulle labbra toni sempre più accesi di rossetto, un progressivo duplice gonfiore all’altezza del portaocchiali in pelle di marxisti, di mese in mese nuovi giri di perle attorno al collo liftato a nuovo, una camicetta tagliata a misura di culo di dio. Sapeste l’invidia di Platinette! Oggi è caduto anche l’ultimo indumento e il mutante si è presentato al bollettino Agnelli, per poi scendere pietoso fino a “il manifesto”, nello splendore della sua nudità integrale. “Dopo le elezioni, subito subito, taglieremo la gola ad Ifigenìa sull’altare di Artemizemolo, e gli offriremo in sposa la Partita (doppia?) della Sinistra Europea… “

Usciamo di metafora: Rifondazione non sarà più lei, semmai una correntucola dentro al nuovo partito, di quelle che lui ha dimostrato come le si possono spezzare le gambine ogni volta che, da accucciate, provano ad alzarsi in piedi. Alle prossime elezioni niente “comunista”, niente falce e niente martello: “E’ la svolta delle svolte”, ha esclamato il transgender, accavallando le gambe come Sharon Stone e mostrando finalmente al volgo e all’inclita le nuove, redditizie vergogne. Tutto fervoroso, ha ricordato al socio Riccardo-meglio i Marines - Barenghi i precedenti temerari atti osceni in luogo pubblico come “la rottura con lo stalinismo” (da tradursi: “con il comunismo”. Per molti si tratta di cose non identiche, per lui sì), o “la scelta della non violenza” (che è quella quando, per fortuna inascoltato dall’Iraq all’America Latina, vaticinò il disarmo unilaterale di qualche miliardo di persone). Questo messaggio, simile alle epistole di San Paolo che trasformarono un anonimo casinaro antiromano di Palestina in una triade divina, è poi corredato di fioretti vari, tutti intesi a sollecitare la benevolenza delle divinità del vento; niente classe, ma “persone” (si sgambettano meglio se sole) e semmai “popolo” (ci sta dentro anche la Fallaci), a mare “tutto l’impianto culturale della nostra storia” (ci pensa lui, con Toni Negri e Padre Pio, a darcene uno tutto nuovo), basta con l’eguaglianza e viva la libertà (e Rumsfeld gli sta preparando il posto in prima classe, accanto al collaudato D’Alema, sul B52 per l’assalto a Cuba, all’Iraq, alla Siria, all’Iran, alla Bielorussia (la Palestina l’ha sistemata da tempo).

Infine, Bertinotti s’è messo anche a sfottere: “Io mi rendo conto che il mio partito, Rifondazione Comunista, non basta. E allora mi apro al meticciato con associazioni, movimenti, persone che in questi anni si sono appunto mossi a sinistra, contro la guerra, contro il liberismo, sull’ambiente, sui diritti civili, ma che in un partito comunista non entrerebbero mai. E allora IO (detto a caratteri nucleari) mi dichiaro disposto a entrare in un nuovo soggetto politico”… visto che il Partito democratico (quello di Rutelli-Fassino-Clinton-Cia) “non è un bidone”, ma è pieno di “fascino e suggestione”, voglio fare “un’operazione analoga a sinistra”. Ha detto proprio “a sinistra” e gli astanti hanno dovuto nettarsi gli occhi dal fumogeno. Quel gigantesco fumogeno, marca “antiberlusconismo”, sotto il quale già si celavano i citati sintomi della mutazione. Come ogni nefandezza è consentita dalla “guerra al terrorismo”, così tutto viene obliterato dallo strombazzo della lotta a Berlusconi., il taumaturgo che agevola la remissione dei peccati. Ma non era stata anche “di sinistra” la rottura con il 900 della più grande emancipazione di oppressi e sfruttati? L’annullamento della categoria dell’imperialismo, proprio quando l’imperialismo si avventava sulle coste di fronte a noi e si accingeva a squartare il mondo? Lo sbertucciamento della Resistenza dalla quale era nato quanto di buono eravamo riusciti a combinare dalla Repubblica Napoletana in qua? La rilettura delle foibe in chiave fascista? L’ottundimento New Age nel connubio metafisico con dio e papa ritrovati? Il volo in formazione Usa nella tormenta delle “rivoluzioni colorate” da Belgrado a Kiev, da Tblisi a Beirut? Il pasto nudo delle ossa dei resistenti alla tavola imbandita dai terroristi di Stato in Iraq, Palestina, Cuba e Bielorussia con le posate della “spirale guerra-terrorismo”, del “fondamentalismo islamico” e di Al Qaida? Le carezze al serial killer Sharon, “uomo di pace”, con il contributo dell’emissario Guido Caldiron, che sul bollettino personale del sovrano si faceva saprofita della Grande Israele, e con il succedaneo dal cognome-ossimoro, Gennaro Migliore, che inveiva contro l’assioma “Intifada fino alla vittoria”? E addirittura i festini chic col generone romano e con Valeria Marini, Cecchi Gori, Vespa, Berlusconi e la fidanzata AN del figliolo?

Ogni tanto, da qualche parte si udiva uno squilletto di tromba da gente che mugugnava e parlottava di “paletti” da porre. Ma di fronte alla prospettiva della buvette, del cellulare e del barbiere gratis, dell’assessorato e della municipalizzata, usava i paletti come stuzzicadenti per i residui dell’amaro boccone e si metteva la cravatta. E il più spudoratamente stalinista degli antistalinisti li stroncava di bulimia governista. Fummo in pochini a metterci una pezza rossa allorché l’Agamennone di Viale Policlinico, trattando base e quadri del partito come il parco buoi di infausta memoria, come sempre in olimpica solitudine proclamò la nascita del Partito della Sinistra Europea, escrescenza tumorale di quello che era stato creato come il rilancio della speranza, della dignità e della volontà di attraversare il deserto dei tartari. Gli mettemmo sotto il naso lo striscione “Bertinot-in-my-name”, ricordate. Reggendo lo strascico del monarca, qualche dissidente-obbediente ci fece l’occhiolino dal sottoscala del palazzo. Ci riprovammo quando, all’ultimo congresso, tutti insieme avremmo potuto, sospinti dalla collera di un partito ancora non passivizzato del tutto, bloccare la mano al boia di Ifigenìa e rispedire nella selva il suo nume tutelare Artemizemolo. Da “Autoconvocati del PRC” proponemmo uno schieramento unito contro la minaccia mortale. Valvassori e valvassini si sfilarono tutti e andarono a Venezia come il bestiame vanamente mugghiante s’intruppa verso il mattatoio.

Ricordo come, anni fa, tutto fosse già scritto, probabilmente fin dal DNA. In un’assemblea dell’Ernesto di Roma, quando pareva che il farfuglio di mugugni e paletti potesse essere razionalizzato in una contestazione del sovrano, si erse come onda anomala nel mare delle mortificazioni il coro: “E’ il nostro segretario nazionale!”. In una riunione di circolo, tutto Ernesto, azzardai: “Forse per quel che riguarda il segretario si potrebbe pensare alla categoria della rinnegazione”. Manco poco che il muscoloso segretariuccio, tale Massimiliano Ortu, non mi sbattesse fuori dal circolo: “Non ti permettere di parlare così del nostro segretario nazionale”. Nel corso di un’assemblea nazionale della medesima corrente, una delle compagne storiche ritenne di concludere la serie di denunce sullo stalinismo del capintesta, sulla sua foia governista e consociativa, sulla repressione brutale di ogni dissenso, sulle capriole ideologiche via via più funamboliche, dichiarando: “Ma questo è un segretario anticomunista”. L’iconoclasta fu schiacciata al suolo dall’anatema del capocorrente: “Non ti azzardare mai più. E’ il nostro segretario!”

I segni c’erano tutti, una pandemia. Non c’era bisogno di aruspici per leggerli.

Ora, corrente minoritaria PRC, irrilevante come sempre, dentro al minestrone della S.E., un po’ ermafroditi anche loro, tutti questi andranno al governo con il transgender. Faranno interventi umanitari con l’ONU, con la Tavola della pace e con Attac, si affiancheranno a Luisa Morgantini nel comandare al dialogo coloro a cui sventrano i figlioli e le case, vorranno sottrarre le donne al muliericidio maschile piuttosto che gli esseri umani al capitalismo, precarizzerano i lavoratori purchè solo al 90%, si inginoccheriano un po’ al panzerpapa e un po’ ai matrimoni tra GLBT, andranno da Vespa, corruschi, ma andranno, deprecheranno il fosforo vero e, di pari passo, l’Osama falso, comprenderanno la Resistenza purchè non spari ai nostri ragazzi… Sotto la foglia di fico dell’antiberlusconismo, continueranno a fornire coperture a sinistra a chi gli assicura copertura di rendite. E vivranno più o meno felici e contenti nella democrazia e nei diritti umani che dalle fortune dello schiavismo dei corpi è passata – e neanche del tutto – a quelle dello schiavismo delle menti. Non siamo magari più il paese degli eroi e dei poeti, ma quello dei navigatori, perbacco, lo saremo come mai prima!

Ma coraggio, compagni. La storia di Ifigenìa non finisce lì. Mentre Agamennone volgeva il capo per non assistere all’uccisione della figlia, accadde il prodigio. Nell’istante prima di essere sgozzata, Ifigenìa scomparve e al suo posto si vide una cerva. La ragazza venne miracolosamente trasportata in Tauride per fungere da sacerdotessa nel locale santuario. Per gli antichi Ifigenìa era il prototipo mitico dell’inizianda, della fanciulla che passa all’età adulta. I comunisti, che sono i bambini della storia, avranno inevitabilmente la stessa sorte. Basta pazientare e lavorarci: ci attendono a miliardi. Del resto, Agamenone fu poi ammazzato dall’amante della moglie e Ifigenìa tornò nella sua terra. Viva e vegeta.

Fulvio Grimaldi

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