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The War Lovers

(28 Marzo 2006)

Ho imparato che gli innamorati della guerra, nelle situazioni effettive di guerra, di solito sono inoffensivi, eccetto che verso se stessi. Sono stati affascinati dal Vietnam e dalla Cambogia, dove le droghe erano abbondanti. La Bosnia, con la sua roulette di morte, è stata un’altra prediletta. Alcuni potrebbe dire di essersi trovati in quei posti “per raccontare al mondo”; quegli onesti potrebbero dire che amavano quelle situazioni. “La guerra è divertente!”, così uno di questi aveva tatuato sul suo braccio. C’è rimasto su una mina. Qualche volta ricordo questi quasi irresistibili sciocchi, quando mi trovavo faccia a faccia con un altro tipo di amante della guerra, il tipo che non vedeva la guerra e che spesso faceva il possibile per non vederla.

La passione di questi amanti della guerra è un fenomeno; non si affievolisce mai, indifferentemente dalla distanza dall’oggetto del loro desiderio. Compri i giornali della domenica e li ritrovi, egocentrici della loro poco dura esperienza, altro che un “Sabato da Sainsbury's”. Apri la televisione e ci sono ancora, notte dopo notte, intonando non tanto il loro amore per la guerra, ma salmodiando su di essa con la loro parlantina da venditori, in mezzo alla corte di coloro a cui sono stati destinati. “Non vi sono dubbi,” asseriva Matt Frei, l’uomo della BBC in America, “che il desiderio di portare il bene, di portare i valori Americani al resto del mondo, e specialmente ora al Medio Oriente… è attualmente collegato strettamente alla potenza militare.”

Frei dichiarava questo il 13 aprile 2003, dopo che George W. Bush aveva scatenato l’operazione “Shock and Awe – Colpisci e Terrorizza” contro un Iraq privo di difese. Due anni più tardi, dopo che un esercito di occupazione aggressivo, razzista, addestrato in modo deplorevole, e poco disciplinato, aveva portato i “valori Americani” di settarismo, squadroni della morte, attacchi chimici, attacchi con proiettili ad uranio, e bombe a frammentazione, Frei descriveva il famoso 82.esimo Aviotrasportato come “gli eroi del Tikrit.” L’anno scorso, lodava Paul Wolfowitz, architetto della carneficina in Iraq, come “un intellettuale” che “crede appassionatamente nella potenza della democrazia e nello sviluppo popolare.” Anche per l’Iran, Frei andava ben al di là degli eventi storici. Nel giugno 2003, lui così informava gli spettatori della BBC: “ Per di più, in Iran vi può essere il caso di un cambio di regime.”

Ma quanti uomini, donne, bambini, verranno uccisi, mutilati o diventeranno pazzi, se Bush attaccherà l’Iran? La prospettiva di un’aggressione è particolarmente eccitante per questi innamorati della guerra, comprensibilmente delusi dal corso degli eventi in Iraq. “L’inimmaginabile, ma ultimamente inevitabile, verità,” così ha scritto il mese scorso Gerard Baker nel Times, “è che noi dobbiamo apprestarci a sostenere una guerra con l’Iran…Se l’Iran raggiunge sicuro ed indisturbato una solida posizione nel campo nucleare, sarà un momento cruciale nella storia del mondo, più della rivoluzione Bolscevica, più dell’ascesa al potere di Hitler.” Questo ci suona familiare? Nel febbraio 2003, Baker scriveva che “la vittoria [in Iraq] immediatamente giustificherà gli allarmi lanciati dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna sulla misura della minaccia costituita da Saddam.”

“L’ascesa al potere di Hitler” è un grido di guerra degli amanti della guerra. Si era sentito nel 1999 (Blair) prima della “crociata morale per salvare il Kosovo” da parte della NATO, un modello per l’invasione dell’Iraq. Nell’aggressione contro la Serbia, il 2 % dei missili NATO colpivano obiettivi militari; il resto andava a colpire ospedali, scuole, industrie, chiese, e studi radio-televisivi. Facendo da cassa di risonanza a Blair e alla nidiata di funzionari di Clinton, i mezzi di informazione di massa, tutti in coro, affermavano che “noi” dovevamo bloccare “qualcosa che assomigliava ad un genocidio” in Kosovo, come scriveva nel 2002 Timothy Garton Ash nel Guardian. “Echi di Olocausto” si leggeva sulle prime pagine del Daily Mirror e del Sun. L’Observer avvertiva di una “Soluzione Finale Balcanica”.

La recente morte di Slobodan Milosevic ha fatto perdere il sentiero della memoria agli amanti della guerra e a coloro che la danno a bere sulle guerre. Curiosamente i termini “Genocidio”, “Olocausto” e “Arrivo al Potere di Hitler” ora sono scomparsi, per la veramente buona ragione che, come il frastuono di tamburi aveva fatto strada all’invasione Irachena e sta ora guidando all’aggressione contro l’Iran, si trattava di tante cazzate. Non di interpretazioni false. Non di errori. Non di sbagli grossolani. Solo cazzate!

Veniva detto, “Le fosse comuni in Kosovo sono la giustificazione di tutto”. Dopo che erano avvenuti i bombardamenti, squadre internazionali di medici legali hanno sottoposto il Kosovo ad esplorazioni minuziose. L’FBI era arrivata per investigare su quella che veniva definita “la scena del crimine più grande nella storia legale dell’ FBI”. Diverse settimane più tardi, non avendo trovato nemmeno una fossa comune, l’FBI e altre organizzazioni legali se ne ritornavano a casa.

Nel 2000, il Tribunale Internazionale per i Crimini di Guerra annunciava che il conto finale dei corpi trovati in Kosovo in “fosse comuni” era di 2.788. Questi comprendevano Serbi, Rom, e quelli che erano stati uccisi dai “nostri” alleati, il Fronte di Liberazione del Kosovo (UCK). Questo significava che la giustificazione per l’aggressione contro la Serbia, (“225.000 uomini di etnia Albanese di età compresa fra i 14 e i 59 anni sono scomparsi, presumibilmente ammazzati”: questo aveva affermato l’ambasciatore-a-disposizione David Scheffer), era una falsità.

Per mia conoscenza, solo il Wall Street Journal ammetteva questo. Un ex pianificatore di alto grado della NATO,Michael McGwire, scriveva che “definire il bombardamento come un intervento umanitario risulta veramente grottesco.” Infatti, la “crociata “della NATO era l’atto finale, calcolato, di una lunga guerra di logoramento con l’obiettivo di annullare persino l’idea di Jugoslavia.

Per me, una delle più odiose caratteristiche di Blair, e di Bush, e di Clinton, e della loro corte di giornalisti zelanti o truffaldini, è l’entusiasmo di uomini (e donne) esauriti, sedentari, per gli spargimenti di sangue ai quali non hanno mai assistito, per i pezzi di corpi, che non hanno mai visto, e sui quali non hanno mai vomitato per lo schifo, per gli obitori con montagne di cadaveri accatastati che non hanno mai visitato, alla ricerca di uno che si amava. Il loro ruolo è quello di far rispettare vite parallele di verità mai pronunciate e di pubbliche menzogne. Milosevic era un pesciolino di acqua dolce rispetto ai pescecani, killers a scala industriale, alla cui categoria Bush e Blair appartengono.

25 marzo 2006

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© Copyright John Pilger, New Statesman, 2006
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John Pilger

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