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Parigi brucia: e l'Europa?

(2 Aprile 2006)

Parigi brucia: ci è già capitato di scriverlo e lo ripetiamo.
Parigi brucia, la domanda è questa: l'Europa che fa?

La rivolta francese di questi giorni non può essere, semplicisticamente, analizzata in chiave di spostamenti politici. Se Villepin resisterà, se sarà favorito Sarzoky e via discorrendo.

E' necessario, come ci capita spesso di fare in questi tempi così tumultuosi, invitare tutti ad andare a fondo, a ritrovare modi e forme dell'analisi: soprattutto perché se Parigi brucia, la Francia parla all'Europa.

La prima questione che ci riguarda è rappresentata dall'incidenza del fenomeno della precarizzazione del lavoro sull'insieme della realtà sociale.
Un fenomeno, appunto, della post – modernità che potrebbe essere anche letto attraverso gli occhiali della “classicità”, portandoci a spasso nel tempo.

Siamo oltre, infatti, al concetto di alienazione, l'insicurezza ormai è arrivata a livelli di guardia e costituisce il fattore dominante nel ridisegnare la stessa prospettiva di vita, non solo delle giovani generazioni.
Si determina, così, il riemergere di una contraddizione che può ben essere identificata in una categoria connessa all'antica “contraddizione principale”, quella contraddizione di “classe” che non dobbiamo aver paura di occultare nella sua vera natura.

Esiste un intreccio forte tra l'insicurezza e il determinarsi di condizioni materiali di vita per settori apparentemente “garantiti”: settori sociali ormai ridotti ad una condizione di mera sopravvivenza.

Processo di pauperizzazione o processo di proletarizzazione? La differenza, come è facile notare, non è di poco conto.

La risposta non sarà formulabile a breve, ma l'effetto sull'oggi può già essere identificato in un vero e proprio spostamento nell'identità sociale di larghi strati di massa.

La realtà francese, come del resto aveva già dimostrato l'esito del referendum sulla convenzione per la Costituzione europea, si pone all'avanguardia nell'espressione della sensibilità sociale, dell'avvertenza collettiva, verso questi fenomeni incombenti.

La Francia dimostra, prima di tutto, come siano frettoloso le analisi sulla cessione di sovranità dello “Stato – Nazione” e sul deperimento delle identità nazionali (con quel che ne consegue, rispetto alle diverse identità politiche. L'approdo della socialdemocrazia verso il liberalismo deriva proprio da questo tipo di analisi, ed ha lasciato un vuoto al momento incolmabile ed incolmato, almeno fino a questo punto).

In Francia, a questo punto, si pone con maggior forza che non altrove, il tema di fondo di un rapporto diverso tra movimenti e politica, in un Paese “rivoluzionario” per eccellenza: la sinistra, anche in questo caso, appare afasica e , come scrive, Joe Berry pare non avere proprio la forza di influenzare gli eventi su scala di massa, nazionale e transnazionale.
La situazione può, però, cambiare rapidamente perché la rivolta parte, ed ha dentro , componenti intellettuali di grande livello: ci sono, insomma, le condizioni per ricostruire una teoria ed una pratica politica che, partendo dal riconoscimento pieno della qualità delle contraddizioni (così come abbiamo cercato di indicarle all'inizio), ricostruisca una soggettività adeguata.
In Francia, come altrove.

Savona, li 29 Marzo 2006

Franco Astengo

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