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(14 Novembre 2010) Enzo Apicella

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Fascismo strisciante

(6 Maggio 2006)

Il 25 aprile un gruppo di manifestanti fischia la signora Moratti, ministro dell’Istruzione del governo Berlusconi. Non è minacciata in alcun modo, non deve lasciare il corteo per forza, solo fischi eppure …. Dal Corriere della Sera alla tivù, il fatto viene montato, scuse del centrosinistra con Prodi in testa. Il fatto in sé è insignificante, perché lo si fa diventare un caso? Perché la protesta va cancellata, l’iniziativa diretta degli sfruttati va stroncata sul nascere, un fischio deve sembrare una bastonata, un attentato. Cancellare la possibilità della protesta nel cervello ancor prima che nell’atto di compierla. Se il disaccordo col ministro si deve esprimere deve passare attraverso i canali istituzionali, i partiti; le intemperanze delle manifestazioni non sono ammesse. Il fascismo sostenne l’inutilità delle proteste pubbliche, perché le istanze degli italiani potevano trovare negli uomini del regime il loro canale naturale per esprimersi. Siamo così lontani?

Una bandiera israeliana viene bruciata dai manifestanti, una bandiera, un pezzo di stoffa, né case né città, tanto meno uomini, donne bambini, eppure alte grida di scandalo. Per manifestare contro l’oppressione israeliana del popolo palestinese si brucia naturalmente il simbolo di quest’oppressione, il simbolo non il Consolato. Ancora condanne, ancora scuse ed anatemi. Ma quali sono le ragioni? Il “popolo” deve imparare che i rapporti del suo Stato con gli Stati stranieri sono gestiti dal ministero degli Esteri, ed è qui che si decide quali bandiere sventolare e quali bruciare. Il fascismo usava lo stesso metodo: guai a criticare pubblicamente i paesi alleati; la politica estera la fa il governo non la piazza.

25 antifascisti militanti sono in galera a Milano dall’11 marzo. Li si accusa di devastazioni e saccheggi. Il significato delle cose si è perso, altrimenti quello che i soldati americani hanno fatto alle città irachene come va definito? Ma lasciamo stare. Tanto a nessuno degli arrestati è stato contestato in specifico l’incendio del motorino, la chiusura forzata della sede di AN. La cosa più grave è che la loro colpevolezza viene fatta discendere dal solo fatto di aver partecipato a quel tipo di manifestazione. Prima di manifestare bisogna farsi dire come finirà, altrimenti sono guai. Processioni sì, manifestazioni no. Il fascismo adottò lo stesso sistema: manifestazioni politiche vietate per motivi di ordine pubblico, erano fatte da facinorosi. Il bello è che a Milano, lo stesso giorno, avevano sfilato circa mille camicie nere senza colpo ferire. Gli arrestati sono ancora in galera per essersi opposti, con i mezzi che avevano, a questo scempio.

8 operai dell’Alfa di Pomigliano vengono licenziati a febbraio, hanno diretto una protesta contro i sindacalisti che avevano svenduto il contratto. La Fiat interviene in un contrasto fra sindacati e operai. I licenziati sono iscritti ai Cobas e vengono fatti fuori perché in sostanza si vogliono eliminare dalle fabbriche i sindacalisti radicali. Questo è il fatto più eclatante, ma sono centinaia i sindacalisti operai licenziati perché si oppongono al collaborazionismo. Ebbene, il fascismo iniziò proprio a colpire sindacalisti comunisti ed anarchici, i più combattivi di allora, mentre una parte dei capi della CGL tentava la via della pacificazione. Siamo tanto lontani? Nel 1922 Pietro Ferrero, segretario della Fiom torinese, veniva assassinato. D’Aragona s’incontrava con i fascisti per un accordo.

Sull’ultimo fatto di Nassiriya, si può forse sostenere senza timore che stiamo aggredendo un paese e che se la resistenza colpisce i soldati italiani è il prezzo che si paga quando si opprimono i popoli? Per carità, bisogna parlare di eroi, di Patria ferita. Sotto il fascismo non veniva messo in moto lo stesso meccanismo nei confronti dei militari italiani morti aggredendo la Libia?

Un fascismo strisciante che il centrodestra ha introdotto come modo di gestire il potere e che ha conquistato anche il centrosinistra, terrorizzato di perdere l’appoggio di tutta la borghesia in giacca e cravatta.
Ma noi operai non ci adeguiamo a quest’andazzo. Tutti corrono a riverire quel miscuglio di perbenismo pubblico e affarismo privato della borghesia italiana, che ha costruito sulla truffa e sullo sfruttamento di chi lavora la sua immane ricchezza. Nessuno rappresenta più le classi subalterne. E’ tempo che la classe degli operai si costituisca in un proprio Partito indipendente.

1° Maggio 2006

Associazione per la Liberazione degli Operai
operai.contro@tin.it

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