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La mozione presentata da Progetto Comunista alla DN del PRC del 12 aprile 2006

(20 Aprile 2006)

La politica di Prodi consente la tenuta di Berlusconi

Il voto del 9-10 aprile rivela da un lato la crisi del berlusconismo, dall’altro l’incapacità dell’Unione a capitalizzarla, in ragione delle sue basi di classe. Un’alleanza col centro dell’Unione e quindi col grande capitale finanziario che lo sostiene si è rivelata incapace di approfondire le contraddizioni del blocco sociale delle destre, in particolare sul versante popolare ed anzi ha fornito a Berlusconi uno spazio di reale recupero attraverso l’arma della demagogia populista. L’abbraccio di Prodi ai vertici di Confindustria a Vicenza, la gestione difensiva e confusa da parte sua sul tema fiscale, indotta dalla volontà di regalare 10 miliardi di euro a Confindustria senza poter spiegare la fonte di prelievo, hanno consentito alle destre una insperata rimonta, seppure parziale, presso settori allarmati di piccola borghesia e di popolo.
Oggi il programma annunciato dal centro dell’Unione imperniato sul rilancio del risanamento finanziario dei conti pubblici, nel nome dell’emergenza e dei parametri di Maastritch, rischia di fornire a Berlusconi un nuovo terreno di offensiva demagogica e di rilancio, tanto più nel quadro dei precari rapporti di forza oggi esistenti tra le coalizioni.

La campagna elettorale conferma l’inconciliabilità tra le ragioni dei poteri forti e le ragioni dei lavoratori

In ogni caso il programma di governo dell’Unione nella stessa traduzione che ne è stata data durante la campagna elettorale dai suoi massimi esponenti liberali, è in totale contraddizione con le esigenze dei lavoratori e con le domande di svolta prodotte dai movimenti di lotta di questi anni. Le disponibilità espresse da Prodi, in fatto di politica estera, attorno ad un possibile attacco militare all’Iran con egida ONU assieme all’aperto sostegno da parte di Rutelli allo stato sionista di Israele, proprio nel momento dell’attacco di Gerico e del rilancio della sua offensiva terroristica. La volontà espressa da parte di Prodi , Rutelli e Fassino di preservare la legge 30 con limitati ritocchi e maquillage e di difendere pienamente il pacchetto Treu; la centralità già richiamata del contenimento della spesa pubblica e quindi di taglio dello stato sociale, oggi rilanciata in termini pressanti dal capitale finanziario e ripresa da Prodi, confermano una volta di più il carattere antioperaio e antipopolare del centro dell’Unione e del costituendo governo da questo diretto.

La subordinazione al centro liberale costringe le sinistre in un vicolo cieco

Le sinistre italiane non possono subordinarsi a questo programma e a questo governo. La coalizione subalterna delle sinistre al centro ha già rivelato in questi anni tutti i suoi effetti negativi. In primo luogo ha significato una politica di contenimento e dispersione della stagione dei movimenti del 2001-2003, privati di una piattaforma unificante e di uno sbocco di lotta, a tutto vantaggio della sopravvivenza di Berlusconi.
In secondo luogo si è tradotto in una subordinazione silenziosa alla gestione liberale del confronto con Berlusconi: subordinazione a Prodi quale emblema di Maastricth e dell’euro; subordinazione al suo programma; subordinazione alla sua gestione della campagna elettorale ( incluso il taglio del “cuneo fiscale” e la politica estera) senza il più timido accenno di contrasto e di esplicita differenziazione. Col risultato di corresponsabilizzarsi ad una condotta che ha consentito la tenuta politica del berlusconismo, nonostante la crisi del suo blocco sociale.
Oggi il completamento di questo percorso con il coinvolgimento diretto delle sinistre in un governo sostenuto dalla grande industria e dalle banche significherebbe non solo la subordinazione ad un disegno di rilancio della concertazione attorno ad un programma di sacrifici, ma per ciò stesso, come l’esperienza insegna, un fattore di tenuta del blocco sociale delle destre e di possibile rivincita politica di Berlusconi. Per di più in un quadro di quotidiana ricattabilità da parte dl centro liberale favorita dai ristretti numeri parlamentari.

Per un polo di classe indipendente. La lezione della vittoria francese

Le sinistre italiane debbono allora segnare una svolta di fondo. Debbono sottrarsi al gioco bipolare e al suo ricatto. Debbono riscattarsi dalla subordinazione al centro e unire le proprie forze attorno ad un programma di mobilitazione indipendente dei lavoratori e delle masse popolari. Un programma che parta dalle necessità sociali più urgenti (aumento dei salari, abolizione della legge 30 e del pacchetto Treu, salario sociale ai disoccupati, nazionalizzazione delle aziende in crisi e delle banche) per ricondurle ad una prospettiva di alternativa anticapitalistica. Una alternativa basata sulla forza autonoma delle masse lavoratrici e sul loro potere. I fatti dimostrano che non c’è soluzione della crisi sociale se non attraverso la messa in discussione dell’ordine capitalistico, e che ogni corresponsabilità di governo con i partiti dei capitalisti implica la cogestione di politiche controriformatrici, a tutto vantaggio del padronato e delle stesse destre.
Per altro la straordinaria vittoria della rivolta sociale dei giovani e dei lavoratori francesi contro il governo delle destre e le sue misure di precarizzazione (a fronte di un programma di governo dell’Unione che difende il pacchetto Treu, già varato dal centrosinistra con il voto favorevole del nostro partito) dimostra che una opposizione radicale di massa non è solo l’unica via per un’alternativa di società, ma è anche l’unico mezzo per strappare risultati concreti e parziali. E che invece le coalizioni di governo con i liberali garantiscono risultati solo agli avversari dei lavoratori.

Per una verifica democratica nel partito. Una opposizione di sinistra non può essere sciolta.

In questo contesto generale il nostro stesso partito è chiamato ad una svolta. Al di là del nostro risultato elettorale (positivo al senato, negativo alla camera) si impone una reale verifica democratica presso il corpo militante del partito circa il giudizio sul programma dell’Unione e la collocazione di classe del PRC nel nuovo scenario che si è prodotto.
Una opposizione di sinistra in Italia non può essere sciolta. Tantomeno può essere sciolta dentro la costituente di una sinistra europea chiamata di fatto ad assorbire e dissolvere, sullo stesso terreno organizzativo e simbolico, l’autonomia formale dei comunisti entro una sorta di rifondazione socialdemocratica.

Marco Ferrando
Franco Grisolia

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