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Art. 18: incinta, licenziata e reintegrata

alla Eurodevice/Trave Company di Savignano sul Panaro (Modena)

(14 Settembre 2002)

Una donna di Modena, sui quarant'anni e con due figli, licenziata ingiustamente da un'azienda che produce schede elettroniche nella provincia emiliana, la Eurodevice di Savignano sul Panaro, una trentina di dipendenti, e che oggi è in fallimento, è stata successivamente reintegrata.
Il proprietario ha riaperto con un nuovo nome, Trave Company, nella stessa sede e con gli stessi operai.
Incinta? Non mi sta bene.
I problemi di Gianna - usiamo un nome di fantasia - iniziano quando, nel dicembre del 1999, chiede alla Eurodevice la maternità anticipata per alcuni problemi insorti durante la gravidanza iniziata due mesi prima.
Il titolare dell'azienda non si dimostra affatto tenero nei suoi confronti e, pur concedendole la maternità, le revoca il versamento dello stipendio attraverso il bonifico bancario, imponendole di recarsi ogni mese in sede per ritirare l'assegno.
La lavoratrice, che già pochi mesi dopo l'assunzione come impiegata aveva dovuto accettare il passaggio alle linee di montaggio, non accetta questa nuova prepotenza e decide di rivolgersi al sindacato.
Si presenta con un funzionario della Fiom Cgil a ritirare l'assegno.
Appena la vide insieme al sindacalista, il titolare andò su tutte le furie e cominciò a insultarli.

"Il titolare, tra le urla e gli insulti - spiega Sergio Greco, della Fiom Cgil di Modena, che accompagnò Gianna a prendere l'assegno - fece capire che la dipendente non aveva rispettato una promessa fatta all'atto dell'assunzione, quella di non avere più bambini.
Ma è evidente che le donne sono poste di fronte a un ricatto, e per paura promettono a chi le assume di rinunciare a una normale vita familiare".

Per denunciare all'opinione pubblica le prepotenze subite dalla lavoratrice, i sindacati decidono di indire una conferenza stampa, e così la storia di Gianna finisce sulle prime pagine dei giornali e nei tg locali.
Un danno per l'immagine dell'Eurodevice, indubbiamente, e il titolare decide che l'unica responsabile è la dipendente, che non ha lavato i panni sporchi in casa, ma ha deciso di rivolgersi ai giornalisti.
Risultato: licenziamento di Gianna. Siamo a febbraio del 2000, Gianna è incinta già di quattro mesi e, dopo essere stata sottoposta a un forte stress psicologico, adesso si trova pure senza stipendio.
Ma a questo punto non demorde, e, con il sostegno del sindacato, decide di impugnare il licenziamento.

Il 12 luglio scorso la sentenza del Tribunale di Modena: reintegrata nel posto di lavoro perché il licenziamento non è sostenuto da giusta causa.

Centro di documentazione e lotta - Roma

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