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(17 Dicembre 2011) Enzo Apicella

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I precari Atesia danno un consiglio al professor Ichino: controlli bene quei dati!

come minimizzare un dramma sociale utilizzando dati taroccati

(16 Maggio 2006)

Ichino utilizza per i suoi ragionamenti dati Istat evidentemente non corrispondenti alla percezione del paese, in un'epoca dove la precarietà, prima ancora che uno strumento di ricatto del mondo capitalistico, è un modello di subvita.

Sulle pagine del “Corriere della Sera” di Lunedì 15 Maggio il professor Ichino, in odore di consulenza Prodi, ci ricorda che il fenomeno precarietà è fondamentalmente sotto controllo, se non addirittura in regressione rispetto a cinque anni fa.
Le percentuali snocciolate sono a dir poco tranquillizzanti e rientrano nell’ordine del 10% o poco più: è la stessa considerazione che fa Confindustria per bocca di Alberto Bombassei al fine di demolire l’impressione generalizzata di un abuso degli strumenti della precarietà-flessibilità.

L’impianto del ragionamento si basa su dati di rilevamento Istat che prende come campione 77mila famiglie italiane intervistate attraverso un’analisi continua svolta assumendo ogni volta una diversa settimana di rilevamento.
Attraverso l’elaborazione dei dati, dal comportamento di queste poche migliaia di famiglie si effettua il processo di inferenza che produce il significativo relativo alla totalità della forza-lavoro del paese, che a naso si aggira nell’ordine di alcune unità di milioni di famiglie.

Prima di entrare nel cuore della critica, è opportuno ricordare come la raccolta dei dati su cui Ichino e Bombassei fanno così tanto affidamento, viene effettuata da operatori telefonici precari Atesia, mostro della precarietà nell’ambito dei call center, vergona del paese, pagati a cottimo.

Ichino, prima di avanzare ulteriori considerazioni circa la bontà delle ipotesi di lavoro sue o di Boeri o di quant’altri, dovrebbe spiegarci come sia possibile che il Ministero del Welfare possa fidarsi di elementi statistici elaborati su dati raccolti da ragazzi che spingono sull’acceleratore per guadagnare qualcosa che abbia la parvenza di un salario decente.

Passi pure tutto, ma ragionevolezza vorrebbe che almeno il Ministero controllasse che chi opera su un campione così sensibile, per usare un eufemismo, venisse messo nelle migliori condizioni per la somministrazione del questionario: stiamo parlando cioè di pagamento orario e di annessi e connessi.

Sappiamo che non è compito di Ichino fare tutto questo, ma sarebbe opportuno che prima di snocciolare verità statistiche ci si interroghi sul metodo che il nostro paese adotta per effettuare la rilevazione forze-lavoro: un controllo della bava alla bocca dei precari illuminerebbe la mente di più di qualche studioso.

Così come per l’inflazione, il cui impatto reale sulla vita di tutti gli italiani è oltre misura insostenibile rispetto alle valutazioni di governo ed ai campionamenti Istat, ricordiamo innanzitutto a noi e poi ad Ichino, che la “percezione” dell’ estrema diffusione della precarietà non andrebbe trascurata perchè la nega l’Istat.

E se tutti parlano di difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro, a costruire un futuro, a vedere più in là di sei mesi, non è perchè ci collochiamo nei pressi del 10% di precarietà (o flessibilità, per dirla alla Ichino o alla Fassino).

Qui stiamo viaggiano a livelli del 50% e più nel privato e sarebbe interessante qualche considerazione più elaborata sulla sottovalutazione del fenomeno: è accidentale la scelta del precario al comando della cloche del rilevamento o è una politica studiata a tavolino per drogare i dati?

Qualcuno s’è forse mai chiesto perchè non si chiedono all’Inps i dati ufficiali circa le posizioni aperte nell’ambito dei contratti atipici?

Eppure ormai tutti sanno che “il datore di lavoro è obbligato a versare i contributi previdenziali Inps” quando si apre un rapporto di lavoro a progetto: il virgolettato è perchè trattasi proprio di una domanda somministrata dai precari Atesia alle famiglie campionate.

Come mai un paese indebitato come il nostro decide di spendere due milioni di euro in più ( 7,5 milioni di euro circa rispetto ai 5 milioni di euro della spesa stimata per allocare l’indagine in Istat) esternalizzando ad Atesia un progetto su cui stanno lavorando le menti giuridiche più raffinate(?) di tutto il panorama universitario italiano?

Un consiglio interessato per Ichino: prima di elaborare ricerche ed ipotesi di lavoro, provi a farsi dare tabelle meno taroccate e che abbiano una qualche corrispondenza con il vissuto degli italiani.

(per ulteriori informazioni consultare anche il sito www.mercantedivenezia.org)

assemblealavoratoriAtesia

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