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Scala mobile...

(20 Maggio 2006)

Col termine Scala mobile veniva definito sino all’anno 1992 ( anno in cui è stata soppressa ) il sistema di adeguamento automatico di stipendi e pensioni rispetto all’aumento del costo della vita e dall’inflazione.

La “ Scala mobile “ veniva calcolata tenendo in considerazione la variazione dell’aumento di determinati beni di consumo di prima necessità ( paniere ) e determinata in “ punti di contingenza “.

I “ punti di contingenza “ o “ punti della Scala mobile “ erano fissati per legge, e contrattati; all’epoca ogni “ punto “ corrispondeva a circa 20.000 lire.

Dal 1975 la Scala mobile applicata sino a quel momento solo all’industria, viene estesa per via di un accordo sindacale sia alle altre categorie produttive sia ai lavoratori pensionati.

Nel 1982 l’offensiva borghese in Italia determina una pesante ristrutturazione, licenziamenti politici, uso massiccio della cassa integrazione, ricatto crescente del posto di lavoro e l’attacco al salario fino ad impugnare e disconoscere l’accordo del 1975 sulla Scala mobile, immediati gli scioperi spontanei in tutta Italia.

1983, CGIL-CISL-UIL e Confindustria firmano un accordo di riduzione del 15% del punto unico di contingenza e congelano i rinnovi contrattuali per 18 mesi.

Nel 1984 il governo Craxi con decreto legge riduce 3 dei 12 punti di contingenza spettanti ai lavoratori per l’adeguamento dell’anno precedente, abbassando a favore dei padroni il costo del lavoro .( l’attuale ministro degli Interni Giuliano Amato ( governo Prodi ) fu tra gli ideatori dell’operazione.

23 Marzo 1984, grande manifestazione di protesta a Roma di 600.000 lavoratori autoconvocati, scioperi spontanei in tutto il Paese.

Al fine di redimere la “ questione “ fu indetto un referendum abrogativo della Scala mobile .

Esiti della votazione: votanti 77,9% , a favore della Scala mobile 45,7%, contrari 54,3%.

Per effetto della sconfitta del referendum la Confindustria disdice immediatamente e unilateralmente l’accordo in vigore, che dal quel momento non verrà più applicato.

I salari e le pensioni perdono il loro potere d’acquisto rispetto al caro vita e all’inflazione, quando la scala mobile era in vigore veniva “recuperato “ l’80 % della erosione, successivamente solamente il 45 %.

Nel 1992 il governo di Giuliano Amato (attuale ministro degli Interni del governo Prodi ) sigla con le OO.SS. un accordo sul costo del lavoro in cui viene definitivamente abolita sia la scala mobile sia l’indennità di contingenza.

Questa breve memoria deve far riflettere sia sull’uso del referendum, sia sulle capacità di lotta e mobilitazione dei lavoratori.

Col referendum, si consente di pronunciarsi e decidere nel merito di una contesa di Classe a soggetti esterni ad essa.

Si permette a soggetti terzi di scegliere di pronunciarsi ed essere determinanti nell’esito del risultato riguardante una questione a loro estranea, su una contraddizione primaria costituita dalla contraddizione fra capitale e lavoro.

Strati sociali estranei alla contesa referendaria, dovrebbero esprimersi e pronunciarsi su argomenti che non li riguardano minimamente, con quale esito ?

Al tempo stesso è altrettanto grave vendere illusioni, illudere lavoratori e pensionati che la propria situazione economica possa cambiare non per effetto di lotte e mobilitazioni, ma per effetto di un voto referendario.

Illudersi di spostare il conflitto dalle fabbriche e dalle piazze per spostarlo alle urne elettorali è una pratica riformista revisionista e organica al sistema filo padronale.

53 sono stati i pronunciamenti degli italiani ai vari referendum, tenutisi sinora, vari sono stati i risultati, ma i padroni e i loro governi alla fine hanno deciso per tutti, anche nei casi in cui la popolazione si era espressa diversamente. ( vedi finanziamento pubblico ai partiti )

Nell’attuale situazione di profonda crisi economica mondiale, nell’attuale concorrenza capitalistica internazionale i padroni cercano di mantenere il loro dominio per garantirsi profitto e competitività, per questo intensificano lo sfruttamento e contengono al massimo il costo del lavoro.

Certamente la questione salariale è un punto primario su cui mobilitare i lavoratori, ma esso non deve essere disgiunto dalla lotta alla precarizzazione ed altri temi da riassumere in piattaforme rivendicative unificanti che sappiano raccogliere le forze necessarie per grandi mobilitazioni, indispensabili per ottenere qualsivoglia beneficio.

L’esperienza insegna che le conquiste più significative per i lavoratori sono state sempre strappate e conquistate a duro prezzo, con l’organizzazione, la lotta, il coraggio e la determinazione e talvolta purtroppo col sangue.

Sergio Zollo
R.S.U. POSTE - VENEZIA

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