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Alle compagne ed ai compagni che propongono un movimento per il partito comunista dei lavoratori italiani

Lettera aperta

(20 Maggio 2006)

La vostra decisione di lasciare il Partito della Rifondazione Comunista, in questa fase di avvio di una nuova esperienza di governo di centrosinistra in Italia, appare quanto mai importante e significativa per quanti si stanno misurando da tempo, fuori e dentro le organizzazioni politiche date, perché si riesca a realizzare una proposta politica organizzata, a sinistra, provvista di una adeguata radicalità nei contenuti e non vincolata, nel suo orizzonte, dal concetto di “governabilità” intesa quale ineludibile deriva del proprio agire politico: una sinistra che abbiamo già avuto occasione di definire come “ non governativa”.

Proprio la ragione dell'importanza e della significatività di questo vostro atto politico, mi inducono a rivolgervi questa lettera aperta, al fine di poter avviare un tentativo di riflessione comune tra i diversi soggetti che possono essere chiamati in causa, attorno all'identificazione dell'obiettivo di una nuova soggettività politica, fortemente caratterizzata ed identificabile, senza concessioni a deleteri eclettismi, pur tuttavia plurale nelle sue forme organizzative e nelle sue linee di ricerca e di iniziativa.

Esistono, in Italia, fuori dal recinto del mero politicismo governativista diversi soggetti che possono essere chiamati in causa, fin da subito: si tratta di principiare un lavoro che sia, insieme, di analisi della realtà, di proposta, di prefigurazione di una ipotesi.

Da questo punto di vista mi permetto di individuare tre possibili punti d'attacco:

a) un confronto sull'identità teorica. Un punto che mi pare necessario sviluppare attorno a due elementi: quello della riacculturazione e quello del rinnovamento della nostra capacità di espressione di sintesi verso il fenomeno, profondo, della spoliticizzazione di massa seguito al passaggio nella natura dei partiti da soggetti di integrazione di massa, a “pigliatutto” e “pigliatutti”, meri cartelli elettorali: un fenomeno di cui sono stati protagonisti particolarmente attivi, almeno per quel che riguarda il “caso italiano” i partiti fuoriusciti dalla diaspora del PCI;

b) una corretta analisi del rapporto esistente, oggi, tra spazio politico e spazio sociale, riflettendo seriamente su questo “postmoderno senza la politica”, come è stato recentemente definito da Mario Tronti.

Il quadro internazionale, nel quale si affacciano prepotenti i richiami ad un allargamento del quadro di guerra e di forte crisi economica, richiede di tornare alla geopolitica, progettando una ridislocazione, proprio a quel livello, delle soggettività antagonistiche;

c)un esame approfondito delle prospettive maggiormente palusibili al riguardo delle dinamiche in atto all'interno del quadro politico italiano. E' vero il punto di partenza della mancata “luna di miele” del nuovo governo di centrosinistra: proprio l'esito elettorale e la realtà sociale propongono una idea di tempi sufficientemente rapidi ( metà legislatura?) per un processo di profonda destrutturazione e riallineamento, cui dobbiamo farci tenere pronti.

Occorre pensare a soggettività politiche capaci di esprimere una criticità centrata, davvero, sulla complessità delle contraddizioni effettivamente operati nella realtà sociale e politica che stiamo vivendo: in questo senso mi permetto di esprimere un punto di sommessa riflessione a voce alta, considerando un richiamo di tipo esclusivamente “ laburista” importante ma, per certi versi, limitativo di una possibile, ampia, capacità di espressione del soggetto di “sinistra non governativo” che dovremmo cercare di costruire.

Una impronta incentrata pressoché esaustivamente sul richiamo “laburista” rischierebbe, a mio giudizio, di fornire una surrettizia identità pansindacalista, inadeguata proprio a quell'esigenza di affrontamento della complessità del contraddizioni, cui facevo cenno poc'anzi.

Per quel che riguarda l'organizzazione delle lotte sociali e per il lavoro è necessario rivolgersi a tutto il mondo del sindacalismo di base, perché si riesca ad affrontare, finalmente con spirito unitario, il tema di fondo riguardante la fase che si sta per aprire: sarà riproposto, infatti, pesantemente il tema della concertazione: cui andrebbe contrapposta, da subito, l'idea di un sindacato della conflittualità. Una organizzazione nuova, che faccia della natura “non concertativa” l'essenza della propria identità.

Sul piano più propriamente e specificatamente riferito alle prospettive delle dinamiche politiche in

atto atto mi permetto, ancora, di richiamare la necessità di non concedere nulla alla logica della scissione.

Si tratta di privilegiare i luoghi dell'intelligenza praticata.

Certo si può fare, da subito, un partito: personalmente resto scettico, ma comprendo come ciò possa corrispondere ad esigenze, profonde ed importanti,per molti militanti di stabilità nel rapporto politico.

Il punto più importante rimane, però, quello di un partito non concepito come recinto impermeabile, che sia capace di avvertire il mutamento nelle fratture sociali ed individui una propria capacità di autonomia nelle proposte di articolazione dei fini, che necessariamente, sullo sfondo di una radicale trasformazione dell'esistente sarà necessario definire.

Esistono, e mi limito alle vicende italiane, almeno tre filoni di pensiero, di storia e di cultura politica coinvolgibili nel progetto di una esplicitazione organizzata della “Sinistra non Governativa”: il filone, che voi rappresentate in una dimensione sicuramente molto importante ma non esaustiva, del “comunismo critico” (le diverse espressioni di “comunismo critico” hanno ,però, la necessità di fuoriuscire da una analisi che, tutto sommato,continua a prendere le mosse dai dati della sconfitta subita nel corso degli anni'20 del secolo scorso); un filone, forte,di socialdemocrazia di sinistra che considera del tutto inadeguato e pleonastico il richiamo ad una presunta identità socialdemocratica europea fatta dall'interno dell'alleanza di governo; un altro filone, forse minoritario, ma altrettanto importante di identità laica e radicale che, pure, su temi come quelli della laicità dello Stato, dei diritti civili, della “questione morale” vanta sicuramente titoli adeguati per essere considerata preziosa interlocutrice del progetto che, sicuramente con un eccesso di ambizione, sto tentando qui appena, appena di abbozzare.

Insomma: a mio modestissimo giudizio l'espressione di una logica scissionistica riferita ad un solo soggetto come il PRC, di cui tutti riconoscono ormai i tratti di giusto rifiuto della deriva che questo partito sta compiendo verso il costituendo “Partito Democratico”, risulterebbe inadeguata e, forse, sterile al riguardo degli spazi politici che andranno sicuramente aprendosi, fin dai prossimi mesi.

Certo: la strada che sto cercando di indicare è sicuramente impervia, piena di difficoltà.

D'altro canto, come ricordava qualcuno: “la via del socialismo non è piana come la prospettiva Nijevski”.

Abbiamo il dovere di riflettere sulle possibilità di espressione di un adeguamento concreto del gramsciano concetto di “egemonia”, posto in diretta relazione con il divenire della Storia.

Il vostro gesto, sicuramente coerente e coraggioso, non può restare isolato: testimonianza nobile di un passaggio misurato ancora all'indietro: dobbiamo creare occasioni, e lo faremo, pensare ad orizzonti diversi, ampi, rivolti verso il futuro, adeguati alle istanze, ai bisogni, alle passioni della parte migliore della sinistra in Italia e fuori d'Italia.

Savona, li 20 Maggio 2006

Franco Astengo

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