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Dignità operaia

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(9 Marzo 2012) Enzo Apicella
Oggi sciopero generale dei metalmeccanici convocato dalla Fiom e manifestazione nazionale a Roma

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(Per un sindacato di classe)

«Niente più scambi, la legge 30 va abolita»

Intervista al segretario Fiom Giorgio Cremaschi: il tempo della concertazione è finito, ora i lavoratori devono solo rivendicare. L'Unione potrà deludere, ma il vero ruolo lo devono giocare la Cgil e i movimenti

(24 Maggio 2006)

Giorgio Cremaschi, segretario nazionale Fiom e leader della Rete 28 aprile Cgil, si prepara a un lungo lavoro di mobilitazione nel paese - obiettivo l'abolizione della legge 30 - e alla definizione di un'area critica in Cgil, che faccia uscire il sindacato dall'ipotesi della «concertazione» con la Confindustria e il governo del centrosinistra, verso la scelta dell'«indipendenza». Obiettivi per niente facili. «I lavoratori hanno dato abbastanza, ora è arrivato il momento di rivendicare: non è più il tempo degli scambi». E sull'Unione: «Dobbiamo essere "spietati" - ci dice sottolineando il termine - Fare sconti adesso non aiuta nessuno, prima di tutto chi si dispone a fare scelte fondamentali per il paese».

Cominciamo dalla legge 30.
Credo che bisogna abrogarla: non lo dico per motivi ideologici, nonostante sia cosciente del valore simbolico che ha quella legge, della forza che consegna in mano alle imprese anche solo quando trattano, prima ancora di applicarla. Il fatto è che in Italia c'è un processo legislativo ormai più che decennale che ha portato al disastro della precarietà a vita. Penso non solo al privato, ma anche al pubblico impiego: si entra a termine e si rimane tali per sempre. La legge 30, con il suo coacervo di dispositivi e di rimandi, con le nuove regole sugli appalti, ha portato al coronamento di questo processo. Senza dimenticare la legge 368 sui contratti a termine, che ha permesso a tutti contratti sotto i 7 mesi di essere ripetibili a vita. Ecco, se queste leggi non si abrogano, penso che sia impossibile riscrivere seriamente una nuova normativa del lavoro: sradicando la legge 30, si troveranno molte radici intrecciate al pacchetto Treu. E' per questo che la parte più moderata del centrosinistra non vuole abrogarla. Ma non ci può essere discorso serio di lotta alla precarietà se non si sgombra il campo dalla legge 30: Prodi, parlando di «revisione», è andato ancora più indietro dello stesso programma dell'Unione, che chiede il «superamento». Noi siamo per la «cancellazione».

Il nuovo ministro del lavoro Damiano contrappone la «precarietà cattiva» alla «flessibilità buona». E' una distinzione sensata?
Credo di no: la flessibilità non è mai «buona», per i lavoratori è sempre «subita». Prendiamo i cococò e i cocoprò, ad esempio: dovrebbe essere una tipologia di contratto totalmente abolita, perché chi lavora per una sola impresa, e dipende economicamente da essa, è chiararmente un lavoratore subordinato. Gli interinali e i contratti a termine dovrebbero essere usati solo in casi eccezionali: quando c'è un'improvviso bisogno per un'azienda, non come normale forma di assunzione. Quando un'impresa vuole rinnovare la sua forza lavoro, e assume giovani che poi sono destinati a rimanere per anni nello stesso posto, di cosa stiamo parlando? E' chiaro che si tratta di lavoro strutturale dell'azienda: qualsiasi altro contratto fuori dal tempo indeterminato non avrebbe senso. Proposte come quelle di Boeri ed Ichino, con le quali non concordo, hanno avuto un merito: hanno chiarito che la precarietà non è altro che uno stato di prova permanente. E' il principio «precariare meno, precariare tutti»: meno precarietà formale, nelle leggi, in cambio di una rinuncia all'articolo 18. E' quello che ci proponevano nel contratto dei metalmeccanici: ok, assumiamo meno precari, ma i tempi indeterminati devono essere disposti a tutto in campo di orari. Questa non è flessibilità, è «disponibilità»: l'impresa vuole che lavori di più, chiedi meno, non ti iscrivi al sindacato e non scioperi. Sono scambi inaccettabili.

Dunque non si tratta?
Penso che sia finito il tempo della concertazione, del moderatismo sindacale. Finora i lavoratori hanno solo dato, ora è il momento di rivendicare. Penso non si debba trattare per il rinnovo del modello contrattuale: il sindacato deve fare piattaforme e lottare per affermarle. Quanto alla legge 30, con la Fiom stiamo preparando un convegno per il primo giugno alla camera del lavoro di Milano, ma stiamo anche discutendo per una mobilitazione con il Forum sociale europeo. Non bisogna fare sconti al governo, anche se tutti abbiamo voluto che vincesse questa coalizione per cacciare Berlusconi. Ma adesso sta ai movimenti, alla Cgil, segnare la differenza e muoversi per sottrarre il governo dalla morsa delle imprese e della parte moderata dell'Unione, sovrarappresentata nella composizione dell'esecutivo rispetto al suo reale peso elettorale e politico. E' un fatto di pratica sindacale: la Cgil dovrebbe concretizzare le affermazioni contro la legge 30 ritirando la firma al contratto Atesia, che peggiora la legge 30, e mettendo in discussione l'ultimo contratto dei chimici, che deroga al contratto nazionale. Ma è anche un rapporto più generale di «indipendenza» rispetto alla politica: oggi l'opinione pubblica è più disposta a fare sconti al governo, perché vede dall'altro lato Berlusconi. Ma dalla Cgil si aspetta di più: non dobbiamo deluderli.

Antonio Sciotto(IL Manifesto 20 Maggio 2006)

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