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(28 Maggio 2006)
Alcune riflessioni sulle conclusioni di Bertinotti al CPN del 22/23 aprile 2006
Il mio intervento trae spunto dalle conclusioni di Bertinotti nell’ultimo CPN le quali,meritano, senz’altro, tutta la nostra attenzione. Troviamo esplicitati concetti, analisi e riflessioni che a prima vista sembrano introdurre elementi di novità per il nostro cammino politico ma, in realtà, vengono riproposte analisi vecchie che si rifanno alla socialdemocrazia.
Seguirò la stessa articolazione seguita da Bertinotti in modo tale da non dimenticare nessuno dei punti da lui toccati.
Indagare la società, costruire il popolo
Cosa vuol dire costruire il popolo? Se per popolo intendiamo il complesso di cittadini di un Paese, aventi origini, lingua, ordinamenti comuni quello c’e già. Se invece s’intende per popolo una parte di esso e cioè: il proletariato anche questo esiste già.
Ma Bertinotti non parla di classi sociali contrapposte, parla di “nuove soggettività” che in qualche modo stanno rivoluzionando il concetto comunista di classe. Lui parla di “una nuova cultura politica.
Dice, infatti: “In questo contesto nascono anche delle domande di liberazione del tutto inedite, tutte dentro una nuova cultura antimercantile che ne diventa il tratto comune.”
Non spiega quale sia questa nuova cultura antimercantile che determina la domanda di liberazione.
Dobbiamo, forse, pensare alla teoria della DECRESCITA come mezzo per superare l’attuale crisi del capitalismo ?
Sembrerebbe di sì, dal momento, che non fa cenno alla possibilità che, l’unica via per liberare gli uomini dalla schiavitù del lavoro salariato e per dare un futuro alle generazioni che verranno è quella della sconfitta totale del sistema capitalistico.
Il titolo”Indagare la società e costruire il popolo”, è fuorviante e sbagliato nella sostanza: rientra,senza dubbio, all’interno di una linea politica radicale ma non comunista.
Alternanza contro la grande coalizione
Dopo i risultati elettorali e la costatazione che il popolo italiano si è diviso a metà, si sta facendo strada l’idea che per governare il Paese c’è bisogno di una grande coalizione tra il centro-sinistra e il centro-destra e si prende come esempio la Germania.
La risposta di Bertinotti a questa strategia è L’ALTERNANZA.
Se ho ben capito, siccome viene proposta la Grande Coalizione, per rispondere a questo disegno politico in modo adeguato Bertinotti lancia l’idea dell’alternanza come l’unica strada per battere in modo adeguato e definitivo questo disegno conservatore.
E’ rinviata nel futuro di là da venire l’idea dell’alternativa perché, è un’obiettivo troppo avanzato e rischierebbe di dividere il centro-sinistra.
Facciamo l’esatto contrario di quanto si dovrebbe fare.
Invece di accentuare la crisi del sistema politico italiano con iniziative di lotta a sostegno dell’ abolizione della legge 30, ad esempio, o per il ritiro immediato dall’Iraq, diamo la possibilità a questo blocco sociale di essere ancora credibile.
Rivendicare l’alternanza significa riconoscere politicamente l’avversario garantendogli la possibilità di governare se vince le elezioni.
Di fatto, rinunciamo all’alternativa sociale.
Il Partito Democratico e la Sinistra Europea
Alla nascita del Partito democratico, noi dobbiamo opporre un blocco sociale e cioè, l’unione di tutti quei soggetti che, lottando contro il liberismo e la guerra, sono d’accordo nel lottare per un’alternativa di società e non una semplice alternanza.
L’insieme di tutte quelle forze, quelle che, per intenderci, hanno sostenuto il referendum per l’estensione dell’art.18 può ingaggiare una sfida seria con il Partito democratico.
La Sezione italiana della Sinistra Europea non è in grado di raccogliere tutte queste forze; inoltre c’è il rischio che la nascita di una nuova formazione politica indebolisca le possibilità di crescita di RC.
Governo e la sfida riformatrice
A parte tutta una serie di citazioni e riferimenti storici, in sostanza, Bertinotti, difende il programma dell’Unione perché lo ritiene riformatore e in linea con l’idea di “sfida riformatrice “,
Ho criticato, fin dalle origini, questo programma e l’ho fatto perché non lo ritengo riformatore: si basa sulla priorità del risanamento finanziario dello Stato.
Giustizia sociale, diritto al lavoro ad esempio, vengono dopo il raggiungimento degli obiettivi concordati in sede europea per il rientro dal deficit.
Le condizioni di vita della stragrande maggioranza del popolo italiano sono peggiorate in questi ultimi anni.
La precarietà del lavoro imposta con la complicità di ampi settori della così detta sinistra ha determinato una forte limitazione della libertà individuale e collettiva.
Nel mondo del lavoro si stanno concretizzando quei disegni di rivincita che il padronato sognava da tempo.
La delocalizzazione sta distruggendo l’apparato industriale italiano con due effetti catastrofici per il mondo del lavoro e il nostro Paese: impoverimento di massa, perdita della sovranità nazionale.
Del blocco socio-culturale del quale parla Bertinotti non c’è traccia anche perché le contraddittorie scelte politiche di RC hanno, di fatto, rotto l’unità nata dalla battaglia per l’art. 18.
Voglio aprire,a questo punto, una piccola parentesi per accennare alle strategie di lotta dei comunisti in un Paese a economia avanzata come il nostro e, lo faccio con le parole di E. Berlinguer.
“ Noi comunisti non dimentichiamo mai, certo, che la libertà e gli istituti democratici esistenti hanno limiti profondi, che derivano dalla formazione storica della nostra società e dalla divisione in classi. Ma questa costatzione critica non ci porta ad abbandonare il terreno democratico: al contrario ci sollecita a radicarci sempre più profondamente su questo terreno per superarne i limiti e le barriere di classe, e per costruire, quindi,una democrazia sempre più viva e sostanziale, sempre più capace di rinnovarsi.( Rinascita 1971)
E’ fondamentale capire che il terreno nel quale misuriamo la nostra capacità di esercitare l’egemonia deve essere quello della democrazia e il rispetto di tutte le diversità.
Solo chi ha abbandonato la lotta per il socialismo, può accettare di partecipare direttamente ad un Governo che non ha come priorità la pace e la giustizia sociale.
Bertinotti, ancora una volta, evidenzia il suo estremismo elaborando analisi che non hanno riscontro nella realtà, s’inventa formule incomprensibili e le spaccia per rivoluzionarie.
La sua matrice radicale ed estremistica ha definitivamente preso il sopravento.
Riprogettare il Partito
Consolidare la comunità, come dice Bertinotti, significa epurare RC da quanti non la pensano come lui.
Cita addirittura il centralismo democratico per far capire, a chi non vuol capire, che il loro tempo è finito.
Ma il centralismo democratico, nell’allora PCI, prevedeva che in cambio di una compattezza decisionale,a tutti coloro che avevano guadagnato una significativa posizione di potere, venisse garantito, in diversa misura, un accesso permanente alla gestione del partito e alle risorse disponibili.
In RC i vertici hanno sempre puntato alla sconfitta senza compromessi dell’avversario.
Non c’è spazio per i comunisti in RC, sembra quasi una barzelletta se non fosse cosa seria.
E’ lodevole lo sforzo di unità che stanno facendo alcuni compagni delle minoranze ma, ormai, i danni provocati dalla gestione Bertinotti sono irreversibili.
Possiamo affermare che è finita un’esperienza? Penso proprio di si.
E’ fallita, a mio avviso, perché RC non è mai riuscita a costruire quel blocco sociale che avrebbe permesso il suo radicamento capillare nella società, diventando così, un partito comunista di massa.
Prospettive
Costatato il fallimento di questa esperienza, si ripropone la necessità di ricostruire un partito comunista in Italia.
Su questa questione confesso tutti i miei dubbi e la poca chiarezza.
Allo stato attuale delle cose, non riesco che intravedere un’unica via ed è quella che deve vedere i comunisti impegnati a ricostruire il legame con la sua classe.
E’ inutile far finta di non vedere che il nostro peso nella società, nelle lotte dei lavoratori è marginale.
E’ un lungo percorso quello che ci aspetta, un percorso nel quale l’obiettivo principe deve essere quello di ricercare l’unità.
Il nostro linguaggio e la nostra prassi devono essere positivi.
Il momento della negazione è un mezzo non un fine: il fine deve essere sempre positivo e costruttivo.
La distruzione non può costituire mai, di per se, un obiettivo rivoluzionario.
“…Se invece si fa del momento della distruzione e della negazione il fine della lotta operaia e comunista non solo si danno armi e occasioni e si offrono spazi e basi di massa al nemico di classe ed alle forze della reazione, ma si contraddicono apertamente, davanti alle grandi masse, gli ideali di profonda umanità a cui si ispira tutta l’azione della classe operaia e del nostro partito.”
Ho voluto chiudere questo intervento, ancora, con le parole di Berlinguer perché chiariscono molto bene quale deve essere, a mio avviso, il nostro atteggiamento nella costruzione del PC in Italia.
Lucio Miotto
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