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FARC-EP: comunicato sulle elezioni

(28 Maggio 2006)

I ricorrenti, estesi e combattivi reclami che nelle più remote zone del paese e nella Plaza de Bolívar, nei sindacati e nelle assemblee, nelle imprese e negli istituti ufficiali, nelle università e nei licei, nelle strade, nei viali, nei quartieri e nei villaggi fanno i settori maggioritari al governo, per il suo assoluto disinteresse in materia sociale, caratterizzano non solo il periodo elettorale che attraversiamo ma anche il quadriennio presidenziale che volge al termine.

Mentre il popolo lotta per i suoi diritti conculcati, i grandi proprietari nazionali e stranieri -veri beneficiari della strategia neoliberale uribista- manipolano ai fini di una rielezione che gli consenta d’incrementare i loro profitti e consolidarsi nell’apparato dello Stato, ora rafforzati dal paramilitarismo legalizzato.

La guerra uribista non ha messo a posto alcunché e non risolverà le questioni trascendenti per il paese, giacché gli incendi non si spengono con benzina. Le pallottole e bombe ufficiali, ancorché benedette da alcuni vescovi, incrementeranno soltanto il terrore tra la popolazione civile senza che la strategia controinsorgente di Bush ed Uribe consegua risultati, semplicemente perché la guerra di guerriglia rivoluzionaria è invincibile quando ci sono ragioni obiettive che la generano, in un paese storicamente alimentato dalla dignità della Gaitana, di Galán, Antonio Nariño, Simón Bolívar, Rafael Uribe, Jorge Eliécer Gaitán e Jaime Pardo Leal.

La situazione è così complessa che in numerosi fronti di guerra si ascoltano pubblicamente commenti crescenti di ufficiali e soldati che desiderano la sconfitta elettorale di Uribe nella misura in cui aspirano alla vittoria di qualche patriota, instancabile sì ma alla ricerca della riconciliazione e della soluzione politica del conflitto.

Il fatto è che la guerra contro l’ingiustizia sociale, la povertà e la disuguaglianza non si vince con stizze di fronte alle telecamere, né dileggiando ufficiali e soldati che affrontano sul terreno le crudeltà e durezze di una guerra fratricida come quella colombiana. Ancor meno se questa si da nel bel mezzo di una grande ondata di corruzione ufficiale, davanti alla quale il presidente elude la propria responsabilità perché, sicuramente, “la vittoria ha molti padri ma la sconfitta è orfana”.

Sull’altro versante, è rammarichevole -per tutti quelli che cercano soluzioni politiche- il ritiro della propria candidatura alla presidenza da parte dell’ex ministro Alvaro Leyva Durán. Secondo quanto ha denunciato, le minacce ed i provocatori pedinamenti nei suoi confronti, nonché la manifesta ostilità dei contingenti ufficiali, lo hanno indotto a prendere questa decisione. Il paese che ambisce alla riconciliazione confida nella sua esperienza, capacità e contributo per perseverare nella ricerca della pace.

In questi giorni il paese ha assistito attonito ai patti ufficiali con i gringos, raggiunti a porte chiuse per peggiorare il prostrato ed inaccettabile Trattato di Libero Commercio. Inoltre, ha ascoltato le opportunistiche offerte elettorali di Alvaro Uribe di fare sue le politiche sociali che ha combattuto come senatore e presidente. Il paese è stato anche terrorizzato dagli assassinii mirati di attivisti d’opposizione come Jaime López, dalle minacce ai leaders popolari, dall’esecrabile uccisione della signora Liliana Gaviria e dalla telenovela messa in piedi in fretta e furia dai generali Castro e Naranjo per impedire ripercussioni negative sulla campagna uribista, tutti episodi, questi, determinati da un governo antipopolare che ha polarizzato la società colombiana.

Per noi è chiaro che, per la sua concezione propria di un allevatore latifondista, per gli interessi economici oligarchici che difende e per l’assoggettante influenza che esercita la Casa Bianca sulla sua persona, Alvaro Uribe significa violenza antipopolare. Il suo opportunismo elettorale sulla questione dell’Interscambio Umanitario di prigionieri e sulle possibilità di riconciliazione e pace rafforza questa convinzione.

Montagne della Colombia, 22 maggio 2006

Segretariato dello Stato Maggiore Centrale delle FARC-EP

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