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Bolkestein, vogliamo una netta discontinuità

Domani a Bruxelles l’Italia rigetti gli aspetti più pericolosi della direttiva

(28 Maggio 2006)

Uno dei principali risultati del recente Forum Sociale Europeo di Atene è stata la nascita della Rete Europea per i Servizi Pubblici, che ha visto più di 40 fra organizzazioni sindacali, confederali e di base, associazioni e movimenti sociali produrre la “Dichiarazione di Atene”, ovvero un reciproco impegno alla lotta contro l’Accordo Generale sul Commercio dei Servizi (Gats), contro la direttiva Bolkestein e per la promozione di servizi pubblici europei, come spazio dei beni comuni indisponibili al mercato. Questo risultato è il frutto di un anno e mezzo di mobilitazioni in Europa che hanno costretto l’Unione Europea a modificare - in maniera tuttora inaccettabile - la direttiva Bolkestein, ovvero il disegno di un’Europa fondata sulla competitività internazionale, basata sulla liberalizzazione dei servizi, sullo smantellamento dei diritti del lavoro e sull’azzeramento dei poteri delle autorità locali.

Il movimento italiano ha dato un importantissimo contributo a questo percorso, mettendo in atto una Campagna, che ha visto convergere decine di reti e di organizzazioni sindacali, e che ha prodotto, tra l’altro, una manifestazione nazionale di 50mila persone il 15 ottobre 2005 e la presa di posizione di 7 Regioni, 26 Province e diverse decine di Comuni.

E’ anche grazie a questa spinta, fra le altre, che il quadro politico con le elezioni del 9-10 aprile scorso è mutato, sancendo la sconfitta del Governo Berlusconi e la vittoria della coalizione dell’Unione.

Ma perché una vittoria elettorale non si situi dentro i confini della mera alternanza di governo, bensì intraprenda la strada dell’alternativa di società, occorre che su tutta l’intera questione della direttiva Bolkestein si volti pagina, segnando da subito una forte discontinuità.

Domani si riunirà a Bruxelles il Consiglio per la Competitività, all’interno del quale i diversi Governi dovranno esprimere la propria posizione in merito al testo licenziato dalla Commissione Europea all’indomani del voto del 14 febbraio scorso in Parlamento Europeo. In particolare, i Governi dovranno pronunciarsi sul campo di applicazione della direttiva e sul significato dell’art.16 (quello che inizialmente declinava il “principio del Paese d’origine” e che, dopo le modifiche apportate, mutua la definizione di liberalizzazione dei servizi direttamente da quanto scritto nel Gats).

Ebbene, allo stato attuale, la posizione dell’Italia ufficialmente depositata è quella espressa dal precedente Governo di centro-destra, che invoca un’ulteriore spinta liberalizzatrice. Ma domani l’Italia dovrà essere rappresentata dai ministri per lo sviluppo economico (Bersani), per il commercio estero (Bonino) e per l’istruzione (Fioroni). Che faranno? Segneranno una continuità con la precedente posizione o vorranno segnalare con una forte discontinuità l’avvio di un cambiamento politico e sociale?

Esigiamo la seconda. Per questo chiediamo che domani si dica che non ci si riconosce nella posizione del precedente governo e che, nello specifico dei temi trattati, si indichi da subito l’esclusione di tutti i beni comuni e i servizi pubblici da qualsiasi forma di liberalizzazione (come già suggerito in analoga presa di posizione dalla FpCgil) e che si rigetti, al pari del famigerato “principio del paese d’origine”, la altrettanto pericolosa definizione di libera circolazione dei servizi mutuata dal Gats. Per questo chiediamo che da subito venga messo nel calendario dei lavori parlamentari un dibattito sull’intera direttiva e sulla posizione che il nuovo Governo intende adottare, preceduta da un’ampia consultazione popolare e partecipata, in cui siano coinvolti i movimenti sociali, le organizzazioni sindacali e la società civile.

Perché il cambiamento comincia dal superamento dalla delega e dal riconoscimento della partecipazione sociale, Che altro può significare altrimenti la parola “democrazia”?

*Attac Italia Marco Bersani *(Liberazione 28 Maggio 2006)

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