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Guerra e pace

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(25 Dicembre 2011) Enzo Apicella

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(31 Maggio 2006)

C’è una linea che divide la revisione della storia dal revisionismo e questa linea passa anche attraverso la scelta delle date che si intendono ricordare e celebrare.

In questi ultimi anni gli storici della domenica (domingueros) hanno scoperto e riscoperto cose che, ai miei tempi, erano note a qualsiasi ragazzotto abbonato a “Storia illustrata”: i 10.000 uccisi nell’immediato dopoguerra e i 4-6.000 morti dell’Istria e della Venezia Giulia.

Per lungo tempo i domingueros, che dello storico non hanno né la preparazione né la predisposizione, ci hanno martellato con il loro sciatto revisionismo cui però dobbiamo riconoscere l’involontario merito di aver fatto uscire dall’oblio le scelleratezze commesse durante le guerre di Mussolini.

I massacri e i crimini di guerra in Libia, Etiopia, Jugoslavia, Grecia, Russia, Montenegro, Slovenia sono stati, questi sì, accuratamente nascosti dietro la retorica degli “italiani brava gente”, ma ora ne parlano Rumiz su Repubblica, Oliva (Si ammazza troppo poco) e Del Boca (Italiani, brava gente?). Queste riflessioni sul nostro passato dovrebbero convincere l’attuale maggioranza parlamentare a modificare alcune ricorrenze recentemente aggiunte al nostro calendario.

Sull’opportunità di ricordare la Shoah il 27 gennaio ho già scritto e una mia lettera è riportata nel libro di Focardi “La guerra della memoria”: qui mi limito a chiedere che, seguendo l’esempio francese, ci si ricordi di quello che abbiamo fatto NOI ai nostri fratelli ebrei (le Leggi Razziali) e che il giorno di questa memoria passi al 6 ottobre, rammentando così la dichiarazione sulla razza del Gran Consiglio del Fascismo.

Per quanto riguarda poi la “giornata delle foibe” è opportuno che la data sia spostata dal 10 febbraio (quando, nel 1947, l’Italia firmò il Trattato di Pace) al 10 giugno (quando, nel 1940, Mussolini spedì gli italiani a combattere una guerra moderna con le pezze al culo) e che la giornata sia utilizzata per ricordare i nostri crimini, oltre che le nostre disgrazie.

Inoltre sostengo che la sventurata ricorrenza del 9 novembre (caduta del Muro di Berlino, ma anche Kristallnacht e leggi fascistissime) debba essere rapidamente inumata senza troppi complimenti e che i diritti umani siano celebrati il 10 dicembre, in ricordo della Dichiarazione Universale (Parigi 1948).

31 maggio 2006

Claudio Giusti

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