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Battaglia contro il buono scuola

(articolo de Il Gazzettino del 18 Settembre 2002)

(19 Settembre 2002)

Il centrosinistra: «È la legge della disparità, finanzia gli istituti non statali a poche famiglie benestanti e lascia fuori il servizio pubblico

Battaglia contro il buono scuola

Il parlamento regionale veneto rifiuta a maggioranza di «invitare a votare» al referendum del 6 ottobre

Venezia

La battaglia contro il buono scuola entra nel vivo. Il 6 ottobre si celebra nel Veneto il referendum abrogativo della legge regionale che l'ha istituito. Ieri i gruppi d'opposizione Ds, Prc, Sdi e Verdi hanno duramente criticato «l'appello a non votare» venuto dal presidente della Regione, Giancarlo Galan.

«Questo è un referendum abrogativo di una legge regionale, e quindi il cittadino al quale la legge sta bene ha il sacrosanto diritto di non votare - ammette Mauro Tosi (Prc) - ma Giancarlo Galan non è il capogruppo di Forza Italia, ma il presidente di tutti i cittadini del Veneto, anche di quelli, come noi e come milioni di altri, che la pensano diversamente da lui. Egli rappresenta l'istituzione, tanto che il referendum è stato indetto con la sua firma. Ed è perciò inammissibile che l'istituzione con una mano indica il referendum e con l'altra inviti la gente a non votare. Temo prevalga la logica di vincere con qualsiasi mezzo. La Regione ha invece il dovere istituzionale di assicurare un minimo di informazione, affinché il cittadino possa decidere con cognizione di causa se andare a votare o no, se votare sì o votare no. Invece sembra che la Regione faccia di tutto perché la gente non sia informata, perché il cittadino nemmeno sappia che si tiene un referendum e su che cosa».

I gruppi dell'Ulivo hanno poi proposto che il Consiglio regionale rivolgesse agli elettori un appello perché andassero a votare il 6 ottobre, ma la proposta non è stata neppure inserita tra gli argomento di cui discutere: ad affondarla 28 voti contro 15. Il gruppo della Margherita, pur favorevole alla legge sul buono scuola, ha votato con l'opposizione, ritenendo «sperequata» la sua attuazione e comunque sbagliato l'appello a non votare.

«Questo no alla discussione» ha osservato Cacciari «è un episodio di dittatura della maggioranza».

Il primo anno di gestione della legge sul buono scuola si è concluso con l'erogazione di un finanziamento complessivo di poco più di nove milioni di euro, divisi tra oltre quindicimila alunni veneti.

A fare la parte del leone - accusa la sinistra, ma era d'altronde nella volontà del legislatore regionale e nella logica stessa della legge - sono stati gli alunni iscritti alle scuole non statali, ai quali sono andati oltre otto milioni e novecentomila euro. La legge infatti ammetteva a rimborso soprattutto le spese sostenute per la retta d'iscrizione scolastica, elemento tipico della scuola non statale che si regge economicamente proprio sulle rette versate dagli alunni.

«L'obiettivo della legge - aveva spiegato il presidente Giancarlo Galan dopo la sua approvazione - è quello di consentire a tutte le famiglie di esercitare liberamente il diritto di scegliere la scuola per i figli, senza venir limitati in questo diritto da preoccupazioni economiche».

Proprio per questo la legge ammetteva al beneficio anche famiglie con redditi medi e alti, che possono raggiungere anche posizioni elevate nella graduatoria, se il numero di figli a carico e l'ammontare totale delle rette pagate è elevato. Le altre spese per l'istruzione, invece, come l'acquisto di libri di testo, in quanto elemento di spesa comune a tutti gli alunni, indipendentemente dalla scelta della scuola, sono sottoposti a franchigie elevate e vengono quindi a incidere solamente nel caso di famiglie numerose a bassissimo reddito.

Questa «concentrazione» dei finanziamenti sulle famiglie che esercitano il diritto di scegliere l'istruzione per i figli a favore della scuola non statale, non piace alle forze politiche di sinistra che hanno promosso il referendum e alle migliaia di cittadini veneti che hanno firmato perché il refendum abrogativo si facesse.

Per i promotori del referendum, i «dati dell'ingiustizia» sono questi: oltre 15mila alunni finanziati (ai quali va il 98/% dei fondi) tra gli appena 24mila iscritti alle scuole non statali, e solo 249 alunni finanziati tra i quasi 500mila iscritti alla scuola statale nel Veneto. «È la legge della disparità scolastica» irride il consigliere diessino Claudio Rizzato. «Si finanziano poche migliaia di famiglie ricche e benestanti e si lascia fuori chi avrebbe realmente bisogno d'aiuto».

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