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Tra folklore e imboscate: quale spazio a sinistra?

(11 Giugno 2006)

La settimana che sta per concludersi, la prima di attività del nuovo governo Prodi, non è apparsa certo facile per le formazioni di sinistra, autodefinitesi “radicale”, che stanno nella maggioranza e sono presenti, con ministri, viceministri, sottosegretari nell'Esecutivo.

Non è stata una settimana facile e, ci permettiamo un pronostico, anticipatrice di ciò che avverrà nel prossimo futuro: al punto da farci pensare che quella destrutturazione e riallineamento del nostro sistema politico, che molti avevano pronosticato in anticipo sull'esito delle Elezioni Politiche 2006, avrà tempi più ravvicinati del previsto.

Mettiamo in fila i fatti : prima l'imboscata parlamentare che, pare auspici i vertici più alti delle Forze Armate, ha sottratto a Lidia Menapace la carica di Presidente della Commissione Difesa del Senato; in secondo luogo l'intervista rilasciata al settimanale tedesco Die Zeit, nella quale il Presidente del Consiglio Romano Prodi ha definito (salvo smentita) “folkloristici ed innocui” i due partiti comunisti (PRC e PdCI) presenti nella coalizione che lo sostiene; terzo, più importante, mentre non si riesce a definire un preciso orizzonte temporale per il ritiro dall'Irak, il primo atto del nuovo ministro dell'Economia, Padoa Schioppa, è quello di varare una manovra – bis di correzione della Legge Finanziaria.

Il solo tentativo di risposta, da parte dei soggetti politici interessati, è quello di riesumare un vecchio strumento democristiano: chiedere la verifica.

Insomma: a meno di un mese dalla formazione del governo (anzi: sono passate appena due settimane) siamo già alla verifica.

Verifica che non ci sarà: bipolarismo e concezione del potere, porteranno all'archiviazione della richiesta e al Governo Prodi che andrà avanti per la sua strada, mentre tra gli alleati, in particolare quelli principali che dovrebbero – a breve – confluire nell'indispensabile Partito Democratico, oltre alla competizione nel proprio seno, crescerà ancor di più la voglia di “centrismo”.

Il bipolarismo italiano, infatti, si sta trasformando sempre di più in una serie variegata di “coalizioni dominanti” in sede locale, tenute assieme – nelle varie situazioni – da interessi materiali ben precisi, che non riescono – però – a formare “massa critica”, in un sistema in cui prevale lo sfilacciamento, l'autonomia del politico, l'acquiescenza alla gerarchia dei potenti: le nuove caratteristiche di fondo del “neocentrismo” all'italiana.

Perfino un commentatore moderato come Giampaolo Pansa, fa rilevare, commentando i successi di Chiamparino a Torino e di Veltroni a Roma, come esista la necessità fisiologica di un contraddittorio a sinistra, considerato che la sinistra contribuisce ai successi elettorali, salvo poi vedersi marginalizzata nelle primissime considerazioni degli eletti, pronti al volo ad autoproclamarsi di “centro”.

Tutto questo accade mentre il governatore della Banca d'Italia, Draghi, viene salutato come “compagno di strada” da chi non è stato capace di leggere le sue considerazioni all'assemblea della Banca, attribuendogli velleità da “neo – keynesiano”, quando si tratta, invece, di un perfetto liberale dei nostri tempi, chiaramente schierato sulla linea dell'inasprimento della condizione di vita delle classi popolari, su temi quale lavoro e “welfare”.

Insomma: una situazione molto complessa, che appare già di scoperta difficoltà per la “Sinistra di Governo” che molti puntano, nei prossimi mesi, a scalzare per arrivare alla formazione di un bel “Governo del Centro”.

Nel recente passato ci era già capitato di analizzare questo tipo di situazione giudicandola come la vera prospettiva politica della grande borghesia italiana: un bipolarismo temperato e depurato, cui gli elettori si sentano in una qualche misura legati dalla possibilità di scegliere direttamente i massimi responsabili della cosa pubblica.

Un bipolarismo temperato e depurato che farà il paio con la riduzione del rapporto tra politica e società che i partiti hanno saputo rigidamente applicare, perlomeno sotto l'aspetto della loro trasformazione da “partiti ad integrazione di massa” a partiti “pigliatutti”.

Insomma, analizzando anche la situazione sindacale, si punterà ad anestetizzare ancor di più il popolo italiano e trasferire definitivamente l'asse di governo nelle mani dei “poteri forti”, di quella parte del mondo industriale che vuole trovarsi completamente slegato da qualsiasi tipo di vincolo politico, morale, ideologico, istituzionale.

Poteri forti e neocentrismo all'italiana: la ricetta vincente dell'antipolitica dominante tra il 2001 ed il 2006 e che potrà riprodursi tranquillamente in futuro, adattandosi alle forme ed ai metodi delle gerarchie di volta, in volta, dominanti.

In queste condizioni risalta la debolezza dell'accordo di centrosinistra, da parte delle autodefinitesi forze di sinistra radicale: un accordo che ha trovato il suo collante nell'essere “contro” piuttosto che “per” ed adesso paga il prezzo, in anticipo sul previsto, dell'adeguamento ai meccanismi dettati dai fini tessitori del sistema, e di una programma scritto più con la mente agli equilibri politici, alla suddivisione delle poltrone, alla necessità di dare visibilità a presunti “leader”, che non alla possibilità di affrontare in radice i problemi del paese.

Questo accordo ha lasciato fuori un arco di vaste sufficientemente vasto che si trovano, comunque, fuori dall'arco parlamentare,alcuni per scelta, altri perché collocati all'interno di diversi circuiti di relazione, fuori dalla politica.

Le forze collocate “a sinistra” del centrosinistra sono da giudicarsi “varie” sul piano dei riferimenti ideologici, capaci di unire le “diversità” attorno a progetti chiari , necessariamente utili sul piano della possibilità di rappresentare settori sociali decisamente collocati al di fuori dal meccanismo in cui si trascinati Rifondazione Comunista e PdCI (PdCI cui si deve tentare, attraverso opportuni ed insistenti richiami alla realtà, di limitare i margini di manovra spregiudicatamente opportunistici, tipici della matrice “storica” dei principali dirigenti dei quel partito)

Soprattutto, però, le forze collocate “ A sinistra” del centrosinistra disporranno di uno spazio politico importante : il territorio, in questo senso, dovrà essere generoso e fornire adeguati supporti organizzativi, politici, culturali ad un progetto di “riferimento centrale”.

Si tratta di saperci muovere, all'interno di questo spazio, allo scopo di non trovarsi schiacciati oppure messi sul treno della marginalizzazione più assoluta.

Insomma: la sinistra collocata al di fuori del centrosinistra si deve attrezzare, ragionando, da subito ,

in “grande”, senza timidezze o ossessioni di passaggio.

Il tragitto non sarà breve: personalmente osservo che ci troveremo di fronte a difficoltà finora impensate.

E' necessario andare avanti, valutando bene tutte le iniziative fin qui rimaste in campo e proponendo “altro”.

Desidero essere estremamente chiaro: l'obiettivo deve essere quella di una forza di sinistra, non incline al compromesso, provvista di buoni livelli di riflessione intellettuale, capace di riproporre programma e modalità di esercizio della politica adeguati a contrastare la ferocia del neoliberismo, il permanere dei soldati in Irak, l'insieme della deriva politica che stiamo osservando.

Indico due obiettivi, spero condivisibili: la rottura “da sinistra” del bipolarismo (un obiettivo complesso, difficile da raggiungere, ma che è necessario tentare, magari partendo dal livello del governo locale); la presenza in Parlamento di queste aree del tutto prive di rappresentanza (non si tratta soltanto di pericolosi comunisti eterodossi, ci sono ex-comunisti di osservanza berlingueriana e, addirittura, “onesti” ma coerenti socialdemocratici di sinistra).

Su queste brevi note chiederei, forse peccando di presunzione, un momento di riflessione a quanti si stanno apprestando già, nella crisi evidente delle formazioni sorte al momento dello scioglimento del PCI nel 1991, ad erigere i propri steccati autoidentitari.

Non sono in grado, in questo momento, di proporre un meccanismo, anche minimo di tipo organizzativo: è necessario, a mio giudizio, aprire un dibattito, sviluppare momenti di incontro tra diversi soggetti, mettersi “in mezzo” facendo crescere una proposta nuova, adeguata alla durissima fase che ci apprestiamo a dover affrontare, non concedendo nulla ad improvvisati trasformismi o ad esiziali scorciatoie di tipo politicista – organizzativista.

Rimango a disposizione di quanti condividono questa impostazione.

Sono cosciente del fatto che dovremo, prima di tutto prepararci al forte l'impatto con il governo che subiranno le forze della autodefinitasi sinistra radicale.

Un impatto che provocherà veri e propri sconquassi nel corpo militante. Debbono essere combattuti passaggi nel mero anarchisimo, oppure una scelta di massa verso la definitiva messa in mora dell'attività politica (quest'ultimo è il rischio più grave con cui dovremo misurarci).

Chiedo soltanto che chi avverte la realtà dello stato di cose in atto si metta in movimento, a partire dalla propria realtà locale con la disponibilità a tessere, prima di tutto, una rete di riconoscimento e d'appoggio.

Sarebbe importante realizzare, nei primi giorni di luglio, una autoconvocazione della forze che si riconoscono in una idea di fondo della “Sinistra non Governativa”, dove le espressioni critiche della sinistra italiana, comunista e non comunista, possano trovarsi per avviare il processo che ho cercato di descrivere poche righe sopra.

Grazie a tutti per l'attenzione

Savona, li 9 Giugno 2006

Franco Astengo

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