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Il gioco dell’oca

(9 Giugno 2006)

“Vi ha detto male, tornate alla casella di partenza”. Le anticipazioni del neoministro dell’economia Padoa Schioppa ci hanno fatto vivere – con un brivido lungo la schiena – la sensazione di essere coinvolti in una sorta di gioco dell’oca. Padoa Schioppa ha infatti dichiarato che la situazione dei conti pubblici italiani (debito e deficit) è simile a quella dei primi anni Novanta, quelli cominciati con la Legge Finanziaria d’urto di Amato (1992) che spianò la strada agli accordi concertativi del 1993. Si tratta delle scelte strategiche che avviarono la più gigantesca sottrazione di ricchezza sociale dai redditi di famiglie e lavoratori verso la fornace del risanamento dei conti pubblici e dei profitti per circa 550.000 miliardi di vecchie lire (circa 276 miliardi di euro) tra tagli ai servizi e nuove imposte.

Quella fase fu anticipata dall’allora ministro democristiano Andreatta quando dichiarò che “dobbiamo ridurre di almeno cinque milioni di lire il reddito delle famiglie”. Ci sono riusciti alla grande. In questi quattordici anni, il lavoro ha perso sistematicamente punti a favore del capitale e delle rendite nella composizione del reddito nazionale.

Chi ha visto concretamente precipitare le proprie condizioni di vita in questi anni (fino all’ultima botta degli ultimi quattro) non può che tremare di fronte ad annunci come quelli di Padoa Schioppa, a progetti come “la politica dei redditi” o ad acronimi come “concertazione”.

Il nostro giornale – Contropiano – iniziò le sue pubblicazioni proprio nei primi mesi della politica di risanamento e dei governi di Maastricht (Ciampi, Dini, Prodi), documentando ampiamente sia le mistificazioni sul debito pubblico come “problema oggettivo” sia la devastazione sociale che avrebbero provocato le privatizzazioni e la concertazione.

Non solo. Oggi c’è una differenza sostanziale rispetto a quegli anni e di cui il governo Prodi ma anche la sinistra di governo dovranno tener conto: nei primi anni Novanta i lavoratori e le famiglie avevano margini economici da sacrificare sull’altare del risanamento, ma quattordici anni dopo, queste “riserve” sono state abbondantemente prosciugate (i cinque milioni in meno di reddito annunciati da Andreatta), fino ad innescare un crollo di redditi, risparmi e consumi estesamente documentato da tutti i centri di ricerca (dal Censis all’Eurispes, dall’Istat all’Eures) e una polarizzazione sociale verso il basso che ha creato disuguaglianze e disagi sociali rilevanti.

Dunque manovre finanziarie di ulteriore attacco al reddito di famiglie e lavoratori sarebbero micidiali sia sul piano del conflitto sociale (che giustamente non farebbe sconti a nessuno) sia su quello di una domanda interno ormai estenuata.

Il “nucleo duro” del governo (oggi l’Ulivo e domani Partito Democratico) ha in mano i centri decisionali dell’esecutivo ed ha relegato i partiti della sinistra o a rappresentanza super partes (Bertinotti) o in ruoli marginali.

Cosa deciderà di fare quello che abbiamo definito il “nucleo duro” del governo Prodi stretto com’è dall’esigenza di fare cassa subito per impedire collisioni con la Commissione Europea? Le parole che stiamo sentendo dai contraenti dell’Ulivo come Confindustria – oltre a quelle rabbrividenti di Padoa Schioppa – lasciano trapelare una escalation sul piano delle privatizzazioni e della vendita del patrimonio pubblico. In sostanza il salario sociale verrà nuovamente e duramente ridotto attraverso un sistema di imposte indirette e di minori servizi.

Qua e là ci saranno dei palliativi, magari sul piano dei diritti civili che fanno molto politically correct ma costano poco, e sul piano di qualche ammortizzatore in più. Ma sul piano strategico ci aspettano mesi e anni di affrontamento sociale in cui il nucleo duro tirerà fuori tutti i volti della governance. Esauriti quelli della cooptazione “democratica e partecipativa” mostreranno la faccia feroce, quella che abbiamo visto negli anni Settanta o nella gestione della “guerra umanitaria” in Jugoslavia. Che nessun dorma…Il gioco dell’oca è ricominciato.

Giugno 2006

Editoriale di Contropiano per la rete dei comunisti nr. 2/2006

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