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Come votano i savonesi? Bipolarismo e Coalizione Dominante

Relazione di Franco Astengo all'incontro – dibattito del 24 Giugno 2006

(25 Giugno 2006)

Abbiamo pensato all'incontro di oggi per cercare di riflettere assieme attorno a due elementi che, sul piano dell'analisi politica ed elettorale, appaiono quelli di maggior interesse nella situazione savonese:

a) nell'occasione delle elezioni amministrative del 28 – 29 Maggio è andata alla prova, da parte del centrosinistra, una capacità coalizionale molto estesa che mi permetto di definire, con un termine “tecnico”, coalizione dominante, mentre il centrodestra ha dimostrato di non essere in grado di attrezzarsi per un reale “bipolarismo competitivo”;

b) ciò nonostante l'elettorato savonese ha dimostrato di risultare irriducibile alla semplificazione estrema del quadro politico cittadino, fornendo invece spazio ad altre candidature, fino al punto di consentire il passaggio di soglia sul piano istituzionale.

La tesi di fondo che sorregge questo nostro lavoro è, dunque, questa: a Savona esiste una specificità delle elezioni comunali, rispetto agli altri tipi di elezione: pur appartenendo la Città alla cosiddetta “isola rossa” (seguendo la geografia politica del voto recentemente tracciata da Ilvo Diamanti) le elezioni comunali presentano tratti di specificità evidenti.

Il primo elemento di valutazione che sorregge questa identificazione di specificità riguarda il progressivo contrarsi dei partecipanti al voto, di elezione, in elezione: la risposta delle maggiori forze politiche del centrosinistra a questa riduzione nel numero dei votanti è stata quella dell'allargamento dei confini della coalizione, dell'estensione del perimetro: mantenendo come base, in una dimensione del tutto utilitaristica, l'antico insediamento elettorale della sinistra si è andati così ad una sorta di “smarrimento” dell'identità politica della coalizione di centrosinistra, a Savona.

Anzi, per essere più precisi, ad un uso del tutto strumentale della residua identità percepibile, con la trasformazione della coalizione da “politica”, a “dominante”.

Un fenomeno che si sta progressivamente verificando a partire, almeno, dalle elezioni del 1998 e che ha raggiunto il suo apice proprio in questa ultima occasione.

La messa in moto di questo meccanismo è stata, del resto, facilitata dall'assenza di un reale “bipolarismo competitivo”.

Il bipolarismo a Savona serve soltanto a contenere ciò che si colloca “fuori”: indicando al dissenso la sola strada dell'astensionismo.

Come può, allora, funzionare una “coalizione dominante”, in una situazione che sui manuali classici (penso a Duverger e a Sartori) sarebbe classificata come “border line” dal punto di vista del puro e semplice esercizio democratico?

Le risposte possibili a questo interrogativo sono, essenzialmente, due:

La “coalizione dominante” funziona, sul piano istituzionale, perché l'esercizio reale del potere,i luoghi delle scelte decisive si collocano fuori dalle sedi istituzionali stesse;

esiste un partito, un soggetto interno al quadro politico e – di conseguenza – alle istituzioni che svolge la funzione di “garante” al riguardo del potere esterno. Nella situazione savonese questo ruolo di garanzia è svolto dai DS, un partito – nella nostra realtà – assolutamente “moderno” nella concezione lobbistica della politica ed ormai ben al di fuori da qualsiasi rapporto con la tradizione della sinistra. La riprova di questa affermazione risiede nell'attribuzione delle deleghe all'interno della nuova giunta, argomento sul quale ritornerò più avanti, e nel fatto che ci si possa permettere di tener fuori dall'organismo esecutivo proprio i principali protagonisti dell'allargamento dei confini coalizionali (penso ai transfughi del centrodestra).

Ciò nonostante una quota dell'elettorato savonese si è dimostrata irriducibile a questo disegno e, nonostante il passaggio di Rifondazione Comunista nella maggioranza ha consentito all'opposizione fuori dai due poli di raggiungere la soglia del passaggio istituzionale, dimostrandosi strumenti indispensabile per il funzionamento di una corretta dialettica democratica.

Una sommaria analisi del voto, tra le elezioni del 1998, del 2002 e del 2006

I dati che abbiamo assunto come riferimento per l'abbozzo di analisi che presentiamo in questa parte della relazione, sono riferiti ai risultati dei candidati sindaci presentatisi di volta, in volta, al vaglio dell'elettorato: un dato che ci ha consentito di identificare meglio la dinamicità del quadro politico savonese, inglobando anche la necessaria analisi del peso assunto dal meccanismo della personalizzazione della politica.

Escludo da questa analisi l'esito delle elezioni del 1994, le prime svoltesi con il sistema della elezione diretta del Sindaco (legge 81/93) perché in quell'occasione gli schieramenti in campo si raccolsero in modo anomalo, poiché con Forza Italia e Lega Nord si schierarono il Partito Popolare ed il Patto Segni, successivamente confluiti, in gran parte, nell'alleanza di centrosinistra che sarebbe sta costruita negli anni immediatamente successivi.

I dati, inoltre, sono stati raffrontati al totale degli elettori iscritti nelle liste, anziché come avviene normalmente, con il totale dei voti validi: il nostro scopo, in questa occasione, è stato quello di realizzare una possibilità di raffronto maggiormente immediata, in grado di dimostrare i reali spostamenti avvenuti.

In ogni caso tra il 1994 ed il 1998 si realizzò, prima di tutto, un riequilibrio nella formazione delle coalizioni con quella parte di “centristi” già citata che passò al centrosinistra,permanendo l'alleanza con Rifondazione Comunista (spezzatasi, però, pochi mesi dopo il voto) e registrando il primo “smottamento” dal centrodestra al centrosinistra, con la formazione di una lista promossa dall'attuale presidente dell'Autorità Portuale, già deputato di Lega Nord e Forza Italia: lista che conseguì un buon successo con il 2,9%.

In assenza di qualsiasi soggettività critica presente a sinistra, il centrodestra si presenta largamente incompleto: la rottura del bipolarismo nel 1998 avviene, insomma, su quel versante in quanto Lega Nord, AN e Lista Dini (attribuibile, però potenzialmente al centrosinistra) , tutte forze di dimensione nazionale, decidono di cercare visibilità e presenza istituzionale fuori dai due schieramenti principali.

In queste condizioni si verifica il successo al primo turno del candidato – Sindaco del centrosinistra. Gli elettori iscritti nelle liste, nel 1998, erano 57.570, i votanti 44.055 (pari al 76,52%, si votava in un solo giorno).

Il Sindaco eletto raccolse, sul totale degli iscritti, il 37,66% ed il candidato del centrodestra il 26,48% (per un totale del 64,14%: la quota di consenso del “bipolarismo savonese” si era già erosa, calando dal 72,47% del 1994 alla quota appena indicata).

Fuori dai due poli principali le forze di dimensione nazionale già citate raccolsero, complessivamente il 7,27%.

Le elezioni del 2002 presentarono, invece, un quadro sostanzialmente diverso, per certi aspetti già simile a quello poi visto nel 2006.

Infatti: la capacità coalizionale del centrosinistra restò sostanzialmente invariata, mentre il centrodestra recuperò le presenze “nazionali” perdute nel 1998, subendo, però, l'azione di piccole candidature di disturbo.

La vera novità fu rappresentata, invece, dalla presenza di due candidature di critica a sinistra: quella presentata da Rifondazione Comunista, rimasta fuori dal governo della Città dopo la rottura del 1999 con i Comunisti Italiani, e quella della lista “Noi per Savona”, emersa da un lungo dibattito all'interno di diversi soggetti di centrosinistra e rappresentativa di un dissenso rivolto, essenzialmente, alla politica urbanistica.

Il Sindaco proposto dal centrosinistra fu rieletto al primo turno con una percentuale del 35,89% sui 55.477 iscritti nelle liste (i partecipanti al voto furono 40.177 pari al 74,42: con una flessione, rispetto a quattro anni prima del 2,10%, in una votazione svoltasi ancora in una sola giornata).

Il centrodestra toccò il minimo storico con il 21,04% (di conseguenza la flessione del centrosinistra è stata, nell'occasione del 2002 -1,77%; quella del centrodestra -5,42%. Un centrodestra che tra il 1994 -formazione anomala comprendente i popolari – ed il 2002 ha perso oltre il 16% in percentuale sul totale degli aventi diritto al voto).

La quota delle piccole candidature di disturbo raggiunse il 5,41%, mentre la “sinistra critica” totalizzò tra Rifondazione Comunista e Noi per Savona la quota del 6,49%, tale da consentire ad entrambe le formazioni di raggiungere la soglia dell'ingresso in consiglio comunale.

Nell'occasione delle elezioni del 2002 il “bipolarismo savonese” raggiunse il proprio minimo storico: le due maggiori coalizioni, infatti, raccolsero il 56,93% degli aventi diritto (si pensi che, all'epoca del proporzionale, quando non c'erano le coalizioni ed i partiti concorrenti oscillavano sempre nel numero di 7 o 8, le due maggiori formazioni PCI e DC raccoglievano quote analoghe, se non superiori: nel 1970 il 57,70% , nel 1975 il 61,89%, nel 1985 il 55,27%).

Il risultato del 2002 deve essere attentamente tenuto presente al momento dell'analisi del voto riguardante le elezioni 2006.

Prima di tutto, esaminando il voto del 28 – 29 Maggio 2006, deve essere fatta rimarcare la crescita nella disaffezione al voto. Su 53.304 elettori iscritti se ne sono recati alle urne (in due giornate di votazione) 36.903, per il 69,23% degli avanti diritto (-5,19% rispetto al 2002).

La risposta del centrosinistra è stata quella, già segnalata, dall'allargamento delle coalizione fino a comprendere transfughi di Forza Italia appena usciti dal loro partito e Rifondazione Comunista: in queste condizioni l'elezione al primo turno del candidato Sindaco appariva scontata e ciò nonostante l'incremento rispetto al 2002 è stato alquanto ridotto. La percentuale raccolta, sul totale degli aventi diritto, è stata del 39,66% (un incremento del 3,77% rispetto al 2002).

Il centrodestra è rimasto fermo dal punto di vista della propria composizione e pur recuperando alcune delle candidature presentate dalle liste di disturbo presentatesi sul suo versante nel 2002, non oltrepassa il 21,27%. Il totale del “bipolarismo savonese” su assesta quindi sul 60,93%, in lenta crescita.

Le sole forze collocate fuori da quadro bipolare erano quelle della “sinistra critica”, suddivise in due candidature, con la conferma di quella presentata da “Noi per Savona” e la novità della coalizione tra “A Sinistra per Savona” e “Partito Pensionati”.

Ebbene: nonostante il passaggio di Rifondazione Comunista dalla opposizione alla maggioranza finalizzato a far sì che le forze più coerenti della sinistra critica fallissero il passaggio istituzionale, la grande capacità coalizionale del “bipolarismo savonese” non ha garantito il risultato: complessivamente i soggetti fuori dai poli hanno mantenuto le posizioni del 2002, con il 5,70%.

Le considerazioni complessive di questa analisi possono, allora, essere così riassunte confermando quanto già esposto all'inizio:

Nonostante la grande raccolta di forze realizzata dal centrosinistra la somma dei due poli maggiori supera di poco il 60%, quindi esiste una base potenziale che si chiama fuori circa del 40%;

In questo ambito si rileva una debolezza strutturale ed insormontabile del centrodestra, che rimane orpello ornamentale sostanzialmente posto nella situazione di impedire una crescita di reale opposizione;

Pur all'interno di questo quadro così complesso, rimane la cosiddetta “anomalia savonese”, rappresenta dalla presenza istituzionale della “sinistra critica”. Presenza istituzionale ridotta numericamente soltanto per via di ragioni prevalentemente di carattere tecnico.

Tra elezioni politiche e elezioni amministrative

Molti pensavano ad una forte influenza dell'esito delle elezioni politiche su quelle comunali, al punto da ritenere impossibile una distinzione di schieramento: anzi, questa è stata la ragione precipua adottata dai dirigenti di Rifondazione Comunista per allinearsi all'Unione anche in sede locale dopo 12 anni di opposizione svolta in Consiglio Comunale; analoga ragione aveva spinto molti esponenti del centrosinistra, non legati specificatamente a formazioni partitiche e critici sulla situazione locale ad abbandonare la partita, dopo una timida ( e arrogantemente respinta) richiesta di primarie.

In realtà questa influenza è risultata molto relativa, in quanto è emerso un dato che, in tutta evidenza, ha finito con lo slegare l'esito delle elezioni politiche da quello delle elezioni amministrative: il dato della partecipazione al voto.

In questo caso è apparsa (come in altre situazioni in Italia: con la differenza che Savona aveva sempre sentito meno l'influenza di certi meccanismi) evidente come la spinta della pubblicità televisiva abbia un peso fondamentale: in cinquanta giorni, infatti, i voti validi a Savona sono calati da 42.352 a 32.961 ( in calo di 9.391, pari al 22,18% , fatto 100 il dato del 9 Aprile).

In questo ambito, sul versante del centrosinistra, la penalizzazione maggiore è stata subita dal PdCI che ha perduto oltre metà del proprio elettorato (il 55,89%) e dai Verdi ( meno 44,47%),Rifondazione Comunista ha perso oltre un terzo (1174 voti, pari al 36,76% dei propri elettori), ed un quarto di elettori hanno lasciato per strada DS e Margherita sommati assieme ( alle politiche, infatti, per la Camera dei Deputati, che rappresenta il metro di raffronto usato in questa occasione per via dell'analogia con la formazione del corpo elettorale).

L'unica forza in controtendenza è stata la Rosa nel Pugno, in grado nella realtà savonese, di realizzare un rilevantissimo exploit: quello di raddoppiare il propri elettorale, raggiungendo, tra il 9 Aprile ed il 28 Maggio, 1,356 nuovi elettori.

Nel centrodestra la migliore performance è stata quella dell'UDC, capace nella sostanza di “tenere” il proprio elettorato pur nel calo generale della partecipazione ( i neodemocristiani hanno perso meno del 10% dei loro elettori), rilevantissimo, invece,il calo di AN e della Lega Nord (dati che dovrebbero far riflettere i dirigenti di quei partiti) e notevole anche quello di Forza Italia.

In queste condizioni, ripetiamo, l'allargamento nella capacità coalizionale del centrodestra si è rivelato davvero di scarsa consistenza, pur nel relativo successo della lista legata direttamente al candidato – Sindaco, Delfino.

Queste, quindi, le primissime annotazioni di merito sull'andamento del voto a Savona, che possono anche essere così riassunte:

a) la semplificazione nell'offerta delle candidature a Sindaco ha favorito, da parte dei mezzi di comunicazione di massa, una campagna imperniata sulla personalizzazione. Il risultato appare evidente nell'incremento dell'espressione di voto tra i candidati Sindaci e le liste, con al centro il dato di grande rilievo realizzato da Patrizia Turchi con il 17,9% di voti rivolti esclusivamente alla sua candidatura;

b) l'allargamento nella coalizione di centrosinistra ha sicuramente rappresentato il punto di forza su cui ha poggiato il successo al primo turno del candidato – Sindaco e l'acquisizione di un numero di seggi in Consiglio Comunale superiore a quello stabilito dal premio di maggioranza.;c)il centrodestra si è rivelato ancora una volta del tutto inconsistente, politicamente, programmaticamente ed organizzativamente. In questo senso a Savona si può parlare di “bipolarismo” come una sorta di “apparato scenico”;

d)n queste condizioni non risultava davvero semplice, per forze non allineate al centrosinistra, sfondare da quella parte il muro della “coalizione dominante”. Invece, su diversi versanti, la quota di voti non allineati rimane assolutamente importante: oltre 2000, da valutare politicamente mettendoli a confronto con i 3.042 voti raccolti dai candidati Turchi e Buscaglia e dai risultati, molto consistenti ma non paragonabili perché ottenuti in situazioni di differenziazione dell'offerta del tutto decisive al fine della formazione del risultato;

e) Il risultato di “ A Sinistra per Savona” appare, ancora, particolare perché si colloca con chiarezza sul versante dell'opzione politica di una sinistra coerentemente “radical” sia sul piano della collocazione politica dei suoi esponenti, sia al riguardo delle opzioni programmatiche, sia quelle riferite ad elementi di carattere generale ( sviluppo, ambiente, stato sociale), sia quelle riferite più direttamente al piano locale.

Assegnazione delle deleghe in Giunta e nomina del nuovo Direttore generale.

L'esito del voto ha così trovato il momento di sua vera applicazione nella fase dell'assegnazione delle deleghe all'interno della Giunta e nella nomina del nuovo Direttore Generale.

Nella sostanza, attraverso l'analisi concreta di questo tipo di operazioni si è avuta la conferma della tesi centrale del nostro ragionamento: la “coalizione dominante” serve esclusivamente ad ottenere il risultato elettore: in realtà gli equilibri di governo stanno “fuori” ed i DS rappresentano il soggetto “garante” di questo equilibrio. Difficile, a questo punto, valutarli come un vero partito politico: piuttosto possono essere considerati come una sorta di “gruppo di pressione” che agisce anche sul piano politico (dalla definizione di Schattschneider).

Ma andiamo per ordine:l'insediamento della nuova Giunta Comunale non ha riservato eccessiva sorprese dal punto di vista della composizione: i nomi circolavano da tempo, ci sono stati partiti che hanno dato luogo scontri interni più o meno evidenti, altri che li hanno mantenuti “sotterranei”. Nel complesso, si è rimasti nella norma di questi tempi di trasformazione della politica.

Le novità più interessanti, quelle che meritano le annotazioni più approfondite riguardano, invece, la nomina del Direttore Generale e l'attribuzione delle deleghe.

Andiamo, allora, per ordine:

La suddivisione delle deleghe, così come le leggiamo dalle notizie giornalistiche, dimostra come, anche in una realtà provinciale come Savona, sia stato ormai superato l'antico concetto di Giunta fondata sulla suddivisione per materie specifiche, come avveniva ai tempi dell'elezione in Consiglio. Come ha dimostrato anche il processo di formazione del governo Prodi ormai il concetto prevalente è quello del cosiddetto “spacchettamento”. La antiche materie specifiche sono suddivise in vari comparti ed assegnate all'interno dell'organismo esecutivo, che assomiglia così sempre di più ad uno “staff” che non ad un consesso politico. Un processo inevitabile, a nostro giudizio, proprio per via del meccanismo di nomina degli assessori da parte del Sindaco che, pone, però il problema della rappresentatività politica;

Proprio in questo senso assistiamo ad una formidabile concentrazione del potere all'interno della rappresentanza diessina. Una espressione di vera e propria “egemonia forte” che conferma, assieme alla nomina del Direttore Generale sulla quale torneremo fra poco, come si stia assistendo alla formazione di una vera propria “coalizione dominante”, di cui il partito dei DS appare il vero e proprio “garante” rispetto ai poteri corporativi che si esercitano in Città. Alle deleghe assegnate agli assessori del partito della Quercia, si assommano le deleghe rimaste in capo al Sindaco, a formare una vera e propria espressione di “blocco di potere”. Nella sostanza le leve del potere interno ( Finanze; Personale), le relazioni con i “poteri forti” dell'economia (pianificazione strategica, commercio, turismo, edilizia pubblica, con lo sviluppo economico racchiuso nello stesso assessorato del commercio e del turismo, a fornire anche “visivamente” l'idea della direzione di marcia che si pensa di intraprendere in questo ambito)), i temi di maggiore visibilità verso i cittadini (traffico, arredo urbano) i luoghi di più facile formazione del consenso (cultura, sport) formano la base di questo assetto davvero squilibrato, che dimostra come non si sia assistito ad una suddivisione sul piano della rappresentatività politica, quanto della formazione di un blocco omogeneo di gestione: la trovata della riduzione degli assessori da 10 a 8 ha, ovviamente, favorito questo processo di concentrazione. Ai DS vanno anche i servizi sociali ovviamente affidati, in puro stile maschilista, all'unica donna presente nel consesso. Il dato che impressione maggiormente è quello dello svuotamento dell'Assessorato all'Urbanistica (caricato impropriamente del Patrimonio): senza pianificazione strategica, edilizia pubblica, politica della casa, qualità urbana, quello che fu l'assessorato decisivo dei tempi aurei della gestione Ruggeri rimane a far la guardia al palo di un PUC che, ancora in fase di adozione, è già stato mitragliato di varianti. Vice – Sindaco senza deleghe(ne riparleremo), reso roboante nella denominazione il vecchio decentramento, resta la briciola dell'Ambiente slegato da qualsiasi delega effettivamente operativa nel campo ( il traffico, la qualità urbana, ad esempio);

La novità più significativa arriva dalla nomina del Direttore Generale in contemporanea con la Giunta, ed addirittura con il prescelto che si mette in posa, per la foto di rito, assieme agli assessori e a fianco del Sindaco. Il Direttore Generale quasi come un Lord protettore, che compensa la riduzione del numero degli assessori e diventa, davvero, “l'uomo forte” nell'amministrazione della Città, assommando a questo incarico, quello di Presidente dell'IPS e di Presidente dell'ATA, l'azienda sul cui futuro gravano le maggiori incognite, con la discarica di Cima Montà da chiudere e tutti i problemi di “core business” che ben conosciamo(qui davvero la delega alle Partecipate, assegnata al Vice Sindaco dimostra tutta la sua assoluta vacuità ed inconsistenza. Il vero punto di garanzia e di equilibrio dell'amministrazione,è quindi rappresentato dal Direttore Generale: un punto di equilibrio ben significato da questo cumulo di incarichi, caratteristica quest'ultima che ormai contrassegna la nostra vita cittadina: negli snodi più delicati i personaggi sono pochi ed intercambiabili, come è nella logica – appunto – già richiamata della “coalizione dominante”.

Verificheremo, fin dai prossimi giorni, il funzionamento di questa Giunta, mentre attendiamo le nomine negli enti di II grado, per farci una idea più precisa della mappa del potere in Città.

Potere formale, ovviamente,perché quello sostanziale rimane nelle mani della triade di via Gramsci: quel potere contro il quale ci siamo battuti in campagna elettorale e continueremo a farlo dall'opposizione in Consiglio Comunale.

IN CONCLUSIONE SI PUO' AFFERMARE CHE IL RISULTATO SAVONESE DEL 28 – 29 MAGGIO 2006 APPARE COMPLESSO, MA LASCIA SPAZIO AD UNA PRECISA INTERPRETAZIONE: C'E' SPAZIO PER UNA AZIONE DA SINISTRA, COERENTE E DECISA, PUR NELLA CONSAPEVOLEZZA, CHE NON DEVE MAI ABBANDONARCI, DELLE DIFFICOLTA' DERIVANTI DAL MECCANISMO ELETTORALE E DALL'ADEGUAMENTO, OGGETTIVO, DELL'ELETTORATO PROPRIO A QUESTI MECCANISMI.

L'ELETTORATO SEMBRA CONTINUARE A PREFERIRE, NELL'ESPRESSIONE DI UNA CRITICITA', L'ABBANDONO DELLE URNE PIUTTOSTO CHE UNA ROTTURA DELLE ABITUDINI.

AVER SUPERATO LA SOGLIA DELLA RAPPRESENTANZA ISTITUZIONALE, IN QUESTE CONDIZIONI,, ( RESE ANCOR Più COMPLESSE DALLA VICINANZA CON LA SCADENZA DELLE ELEZIONI POLITICHE, AL RIGUARDO DELLA QUALE DOBBIAMO GIUDICARE FELICE L'INTUIZIONE DI NON VALUTARLA COME INIBITORIA DELLA NOSTRA PIENA CAPACITA' DI ESPRESSIONE POLITICA) DEVE PERO' RAPPRESENTARE L'ELEMENTO DI PARTENZA PER LA COSTRUZIONE DI UN PROGETTO PER IL FUTURO, CUI DOBBIAMO LAVORARE CON IL MASSIMO IMPEGNO.

Franco Astengo

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