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CONTRO LA GUERRA DI BUSH E DI SHARON

resoconto sulla delegazione in Libano

(27 Settembre 2002)

Dall'11 al 18 settembre, una numerosa delegazione italiana ha partecipato in Libano alle diverse iniziative tese a commemorare il ventesimo anniversario della strage effettuata dai fascisti libanesi, per conto e con la supervisione delle truppe di occupazione di Israele, nei campi profughi di Sabra e Chatila a Beirut. La delegazione è stata promossa dal Comitato per non dimenticare Chatila, animato dal giornalista del Manifesto stefano Chiarini, ed è stata affiancata da altre rappresentanze di cittadini spagnoli, francesi, belgi e norvegesi.

In una settimana di permanenza in Libano, la delegazione italiana ha visitato i campi profughi palestinesi di Beddaui e Nar el Bared nel nord del Libano, di Chatila e Burj el Barajneh a Beirut, di Rashidihe e Ain el Helwe nel sud del Paese; vi sono stati numerosi incontri con le autorità libanesi (dal Presidente, Generale Lahoud, a sindaci ed amministratori locali), con le forze politiche libanesi (dal Partito Comunista agli Hezbollah) e con le organizzazioni palestinesi dei campi, da Al Fatah ai gruppi del dissenso, qui particolarmente forti: Al Saiqa, Fatah - Intifada, Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina, Fronte Popolare - Comando generale, Fronte di Liberazione della Palestina, fino alle organizzazioni di ispirazione islamica, quali Hamas e Jihad. I rappresentanti di questi gruppi, oltre ad alcuni indipendenti, sono presenti nei Comitati Popolari che gestiscono la vita nei campi, dove vivono complessivamente circa 400.000 Palestinesi delle famiglie cacciate dalla Galilea dalle prime ondate della pulizia etnica israeliana.

La delegazione ha anche visitato i territori liberati dalla Resistenza libanese, in particolare la città di Sidone e l'estremo sud del Paese, la cosiddetta "fascia di sicurezza" occupata fino al 2000 dall'esercito israeliano e dalle milizie collaborazioniste libanesi del "generale" Lahad. Dopo una sosta sul confine (che dalla parte israeliana è assolutamente militarizzato), i delegati italiani e spagnoli hanno visitato il carcere di Khiam, la struttura dove - in condizioni inimmaginabili - sono stati rinchiusi 5.000 fra partigiani e partigiane della Resistenza e (la maggior parte) cittadini semplicemente sospettati di aiutare i patrioti libanesi e palestinesi; in quell'inferno, 22 prigionieri sono stati uccisi dagli stenti e dalle torture degli aguzzini israeliani e libanesi collaborazionisti, fino alla liberazione nel 2000.

La delegazione italiana ha visto la partecipazione di diversi esponenti politici, giornalisti e rappresentanti di associazioni e comitati di solidarietà: l'On.le Katia Bellillo del Partito dei Comunisti Italiani, l'On.le Mauro Bulgarelli dei Verdi, giornalisti di La Rinascita, dell'Unità (oltre, naturalmente, a Stefano Chiarini del Manifesto), di Radio Popolare di Milano e Radio Città Aperta e Radio Onda Rossa di Roma, di Indymedia e di Famiglia Cristiana, insieme a molti free lance e fotografi; molte le associazioni e i comitati rappresentati, fra i quali citiamo il Servizio Civile Internazionale, il Forum Palestina, l'associazione Donne in Genere, Un Ponte per... , Salaam - Ragazzi dell'Olivo, il Comitato Palestina di Barletta, il Comitato Sardegna-Palestina, il Comitato Palestina di Torino, il Comitato di Solidarietà con l'Intifada di Roma e le Donne in Nero di Napoli. Non possiamo, infine, trascurare la presenza del trio jazz di Gaetano Liguori, protagonista di un'indimenticabile esecuzione della sua storica "Cantata rossa per Tall el Zaatar" e di altri brani dal suo ultimo CD.

Sugli aspetti particolari dell'esperienza della delegazione italiana torneremo nei prossimi giorni con un reportage più completo, ma sin da ora ci sembra importante sottolineare la puntualità del documento unitario prodotto dalla stessa delegazione, che invita a manifestare nelle principali città italiane il prossimo 26 ottobre; il messaggio che quel documento vuole lanciare non è che il tentativo di trasmettere a tutte e tutti la percezione degli avvenimenti che si è avuta nel contatto diretto con la situazione che si vive in quello scenario. La consapevolezza che la guerra di Bush, Blair e del duo Sharon-Peres contro l'Iraq sia già cominciata, e che si tratti di una guerra non solo contro l'Iraq, è convinzione diffusa tanto fra i dirigenti libanesi che quelli palestinesi.

L'obiettivo reale dell'Asse Washington-Londra-Tel Aviv è la ridefinizione geopolitica dell'intera area mediorientale, il che significa il coinvolgimento nel conflitto del Libano, della Siria, della Giordania e dell'Iran; l'appropriazione delle immense risorse petrolifere dell'area andrà di pari passo con il regolamento dei conti con quei Paesi e quelle forze che, per un verso o per l'altro, rappresentano un ostacolo per l'imperialismo nordamericano e sionista: Siria e Iran, in primo luogo, grandi protettori di quegli Hezbollah che hanno dato un contributo determinante alla cacciata degli Israeliani dal Libano, insieme alle forze della sinistra libanese, di cui il Partito Comunista rappresenta un elemento fondamentale, il cui ruolo nella Resistenza libanese contro gli occupanti sionisti è stato incomprensibilmente sottovalutato anche dalle nostre parti. Tutto questo, nei piani dei Dottor Stranamore di Washington e Tel Aviv, dovrà coniugarsi con una massiccia espulsione di Palestinesi verso la Giordania, portando a compimento la pulizia etnica avviata dai sionisti subito dopo la Naqba.

Uno scenario terrificante, in cui l'utilizzo dell'arsenale nucleare israeliano viene dato praticamente per scontato.

In questo contesto, l'assemblea della delegazione che ha deciso l'appello "Da Sabra e Chatila. Fermare la guerra in Medio Oriente. Non c'è pace senza giustizia per il popolo palestinese" ha espresso più di una preoccupazione per l'assenza della "questione palestinese" dalle parole d'ordine che convocano le prossime manifestazioni indette dal coordinamento nazionale dei social forum; paradossalmente, questa posizione è apparsa arretrata persino rispetto alle dichiarazioni di Romano Prodi, che ha detto esplicitamente che le chiavi della pace in Medio Oriente si trovano a Gerusalemme e non a Baghdad, esprimendo a sua volta il disagio di quei settori dell'Unione Europea cui l'imperialismo nordamericano va progressivamente erodendo ogni margine di autonomia politica e diplomatica.

La manifestazione europea del 28 settembre a Marsiglia e quella - lo stesso giorno - a Londra, le mobilitazioni in Italia proposte da Beirut per il 26 ottobre (contemporaneamente a quella promossa a Washington dalla coalizione ANSWER di Ramsey Clark), la partecipazione con parole d'ordine nettamente antimperialiste alla manifestazione dei social forum a Firenze il 9 novembre, passando per lo sciopero generale del 18 ottobre, costituiscono gli snodi più visibili di un percorso il cui filo conduttore deve essere il boicottaggio capillare dell'economia di guerra israeliana e il sostegno determinato alla Resistenza palestinese. In altre parole, si devono moltiplicare gli sforzi affinché la diplomazia e la mobilitazione dal basso costringano l'Unione Europea a sospendere il trattato di associazione con Israele e ad adottare sanzioni severe verso Tel Aviv, come hanno chiesto e chiedono a gran voce i pacifisti israeliani e come ha deliberato il Parlamento Europeo. Fermare Bush, Sharon e i loro manutengoli è necessario e possibile: questo è il messaggio che arriva dall'inferno di Chatila.


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