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(15 Agosto 2012) Enzo Apicella

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Lunga marcia a sinistra

(11 Giugno 2006)

È imminente la nascita di una nuova formazione comunista, il Partito Comunista dei Lavoratori, voluta dagli ex-rifondazionisti Marco Ferrando e Franco Grisolia.

La nascita del Governo Prodi e le modalità con cui esso si proietta nel panorama politico, anche europeo, danno adito ad una serie di riflessioni sulla composizione della sinistra italiana e sul suo ruolo. Quando il mondo era bipolare,con i due imperialismi che si fronteggiavano durante la “guerra fredda”, nel parlamento italiano erano contrapposti partiti di massa che rappresentavano le anime del paese, quella popolare-cattolica e quella social-comunista. Tuttavia, se ai tempi di Togliatti, Rodighiero di Castiglia (pseudonimo del “migliore”) poteva scrivere che …” avrebbe indossato scarponi coi chiodi per prendere a calci il Signor De Gasperi….”, qualche anno più tardi con il rinnovo generazionale del gruppo dirigente comunista, quelle espressioni e quella mentalità politica avrebbero lasciato il passo ad una rivisitazione riformistico-borghese della politica dei due partiti di impronta marxista, il socialista e quello comunista.

La lunga marcia di avvicinamento al potere e la progressiva evoluzione in senso borghese hanno instancabilmente proceduto senza ostacoli, uno solo dei quali, l’assassinio di Aldo Moro, avrebbe potuto (e stava per) assestare una drammatica battuta d’arresto. L’incontro-scontro tra le due anime del paese è avvenuto in parlamento, nelle sedi istituzionali ed nel confronto su tematiche di rilevante attualità politica, per quei tempi. Basti pensare al ruolo svolto dai cosiddetti miglioristi ( l’attuale Capo dello Stato Giorgio Napoletano e Napoleone Colajanni) che sotto la spinta di Giorgio Amendola furono determinanti nelle scelte economiche, specie in periodi di grave crisi energetica e di prodotto industriale.

Fu il periodo della riconversione industriale, nel segno di una marcata azione di contrafforti economici a favore delle imprese private, la Fiat innanzi tutto, con la promozione di una politica di riassetto industriale. Il risvolto fu anche negativo perchè purtroppo servì anche da preludio allo sviluppo di complessi parastatali, quelli della chimica e del settore energetico, nati più allo scopo di creare le premesse tangentizie che lo sviluppo occupazionale ed industriale. Il ruolo della sinistra, che, con Togliatti, fu dell’incontro della masse, mai dimenticando la funzione di lotta della classe operaia, fu derubricato a “pungolo” nei confronti del governo fino all’enunciazione della distinzione tra “ sinistra di governo”, quella socialista, e di “lotta” quella comunista. Venne anche enunciato il concetto di “ alternanza” sostanzialmente diverso da “alternativa”, presto messo in soffitta. Stabiliti i ruoli, la sinistra rinunciataria della lotta di classe scoprì la vocazione governativa, esplicitata poi nel mutamento degli assetti dirigenziali ed anche simbolici come la modifica di denominazione da PCI in PDS.

Alla luce di fatti odierni viene anche da pensare che il ruolo di Rifondazione Comunista sia tramontato con la scomparsa di dirigenti storici e fondatori come Lucio Libertini e Sergio Garavini e con la progressiva marcia cossuttiana verso le stanze (dei bottoni) sin dal Governo Cossiga-Cossutta ( D’Alema 1998-2000). La presenza organica di RC nel governo Prodi e nelle istituzioni lascia un vuoto a sinistra che non sarà facile colmare: la nascita del Partito Comunista dei Lavoratori, voluta da Marco Ferrando e Franco Grisolia ed ora imminente (Roma, Cinema Barberini, 18 giugno, ore 10) può essere giudicata positivamente nella misura in cui questa colmerà il vuoto di una politica delle masse, non facilmente sostituibile con enunciazioni di prassi. Il contesto politico e sociale che si delinea è segnato da uno sfondo di pesante crisi di competitività del capitalismo italiano e di dissesto aggravato del bilancio pubblico.

Appare evidente che il quadro di governo sia segnato da elementi di fragilità, dagli imprevedibili effetti di prospettiva. Ma la coalizione cercherà di superare la fragilità degli equilibri parlamentari con il ricorso al più largo sostegno di tutti i poteri forti della società italiana (la grande industria, le grandi banche, innanzitutto, insoddisfatte dal rendimento di Berlusconi ed infine la burocrazia statale) entro una politica di nuova concertazione con l’insieme degli apparati sindacali e delle sinistre rappresentate nella coalizione (in primis RC). Si può già prevedere che questa concertazione, vagamente consociativa, possa ruotare attorno ad un programma di risanamento finanziario del debito pubblico ma non si possono escludere le consuete elargizioni di risorse pubbliche alle imprese (10 miliardi di riduzione del cuneo fiscale e nuove detassazioni del capitale), sullo sfondo di una perdurante crisi di stagnazione e di un’accentuata difficoltà nell’uso della leva fiscale sulle rendite. Ne conseguirà una nuova stagione di sacrifici che graverà sulla classe dei lavoratori dipendenti e dei piccoli autonomi. Il “governissimo” è dunque nelle cose: non perché vi saranno alcuni Presidenti di Commissione parlamentare della CdL ma perché il tratto politico-economico fallimentare, che la CdL ha fornito, ha fatto sì che essa, nelle cose politiche, venisse sostituita da quei poteri consolidati che stanno emergendo come contrafforti del Governo Prodi.

Allora, se il consociativismo politico e culturale degli anni Settanta del compromesso storico appare oggi come un processo di inevitabile incontro culturale tra due generazioni a confronto, tra due sfere della società in perenne valutazione comparativa, quello attuale è ben altra cosa che ben altre cose lascia presagire. Una sistematica occupazione del potere per un processo di garanzia del consolidato, una difesa ad oltranza dei poteri costituiti, una sistematica abiura della lotta di classe e delle classi prevaricate. La stessa, larvata e minuscola critica a Fausto Bertinotti che assiste alla parata militare ha un sapore d’antan e poco rilevante. Il Presidente della Camera andrà criticato, se mai, quando consentirà l’approvazione del refinanziamento alle missioni militari in Afganistan ed in Iraq. Allora sì, potremo criticarlo per aver deluso ed eluso il concetto di pace universale. Il consociativismo è relativo e funzionale ad un processo di omologazione della sinistra italiana alla fase di governo, seguendo orme consolidate di derivazione governativa dei dirigenti dei partiti operai. In questo la nascita del Progetto Comunista e del partito Comunista dei lavoratori va salutata come funzionale ad un superamento del vuoto politico che, come avviene in natura, anche in politica è destruente. Se il partito dei Comunisti Italiani e di RC occupano lo spazio della sinistra definita radicale per comodo, essendo relativa l’antitesi politica, quello di Ferrando e Grisolia ( al momento i massimi dirigenti) appare come movimento destinato ad occupare lo spazio politico della lotta di classe ed operaia che richiama concetti presi a prestito dalla Terza Internazionale nella speranza della rifondazione della Quarta Internazionale trotskysta ma che si devono sposare con le esigenze del lavoratore del XXI secolo.

Solo adeguando ed integrando le istanze attuali con i metodi di lotta operaia, questo movimento potrà avere successo. Né si può dimenticare che il processo internazionalistico di superamento delle frontiere della lotta operaia deve fare i conti con la globalizzazione che alla fine del XIX secolo era ben lontana. Ora invece negli ultimi due decenni si è intensificata la competizione fra i monopoli capitalistici internazionali alla ricerca della conquista di nuovi spazi di profitto e mercati con una nuova spartizione del mercato mondiale. La maggiore mobilità geografica conquistata dal capitale ha accentuato la concorrenza all’interno del proletariato a livello internazionale. Assistiamo dunque ad un processo competitivo tra i lavoratori, oggetto di sfruttamento delle forze produttive, con i lavoratori a più buon mercato. La stessa fenomenologia delle migrazioni, paradossalmente, facilita questo meccanismo autofagico e competitivo deostruente. Nei paesi arretrati si aggrava la condizione del lavoratore per il fallimento della piccola produzione e della produzione agraria,mentre nelle metropoli si manifesta un marcato arretramento dei diritti sociali. Perdita del minimo di sostentamento significa accentuare e far perdurare la perdita del diritto elementare che diviene merce di scambio con la sopravvivenza. A ciò consegue l’instabilità politica che porta alla guerra per il bottino e quindi anche il diritto alla pace viene perduto. Tutta questa fase di instabilità si può limitare solo con un processo di espansione e rafforzamento della protesta politica per i diritti elementari perduti. Riusciranno i nostri “eroi“ Ferrando e Grisolia a dare vita ad un processo non destruente ma costruente una nuova fase internazionalistica?

Aldo Ferrara

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