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Cantiere Italia

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(17 Novembre 2010) Enzo Apicella
Presentato il report Inail: gli omicidi sul lavoro nel 2009 sono stati 1021

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(Di lavoro si muore)

La strage degli innocenti!

(14 Luglio 2006)

A dodici anni dal varo della Legge 626/94, l'Italia vanta ancora il primato Europeo delle morti bianche e degli infortuni sui luoghi di lavoro.

Episodi gravissimi che spesso non trovano un immediato riscontro nelle responsabilità oggettive, tragedie che coinvolgono intere famiglie alle quali viene a mancare un sostegno economico importante e molte volte liquidati con cifre che offendono la dignità dei destinatari e di chi ha perso la vita.

Dal 1994 al 2003 (dati INAIL EUROSAT) gli incidenti mortali sono passati in Italia da 1.325 a 991, mantenendo comunque il triste primato in Europa.

Nel 2004 in Italia ci sono stati oltre 966 mila infortuni sul lavoro, 1.278 dei quali sono stati mortali. Il numero degli incidenti è in realtà molto più alto, perché nelle piccole aziende, nel lavoro cosiddetto autonomo, nelle ditte individuali o familiari, nelle cosiddette cooperative molti infortuni non sono neppure denunciati.

In questi anni sono anche cresciute le malattie professionali (il Governo della destra ha addirittura alzato i limiti di esposizione all'amianto!)

Gli ultimi casi..

Ogni qualvolta si presenta un decesso sul lavoro, le rimostranze dei Sindacati, delle forze politiche e perfino istituzionali sono puntuali, e si moltiplicano le richieste di controlli e di interventi legislativi. Purtroppo, questo accade sempre in presenza di incidenti mortali, mentre non "fanno notizia" i molteplici e sempre troppi incidenti che procurano ferite gravi o mutilazioni permanenti.

Se è doveroso intervenire ogni volta che un caso si presenta, come per l'autista in pensione morto sotto tonnellate di vetro alla Saint Gobain di Pisa o il giovane siciliano, anche lui deceduto nel disastro del viadotto in costruzione, o le due donne (tra cui una ragazzina di quindici anni) morte soffocate in un sottoscala dove si lavorava al nero e senza le minime norme di sicurezza, non dobbiamo dimenticare la situazione generale. Se la valutazione parte dall'entrata in vigore della 626, la realtà assume infatti dimensioni catastrofiche: sono decine di migliaia gli infortuni con morti, feriti gravi o menomazioni permanenti, con una media di quattro incidenti mortali al giorno.

È inoltre innegabile che molti infortuni sono causati dall'intensificazione dei ritmi di lavoro e da uno sfruttamento sempre maggiore a causa della precarizzazione dei rapporti lavorativi, provocata in particolare dalla legge Biagi/Maroni.

Se a questo si aggiunge che gli investimenti per rendere più sicuro l'ambiente di lavoro sono l'ultima delle preoccupazioni delle aziende e che lo sfruttamento intensivo riguarda sempre più anche i settori esternalizzati e privatizzati, allora la salute di chi lavora è sempre più a rischio.

Infine, va ricordato che molti servizi, un tempo a gestione diretta e pubblici, sono oggi gestiti da aziende, cooperative e ditte private, che hanno vinto gli appalti al massimo ribasso, cioè attraverso la riduzione del salario e risparmiando su tutto, sicurezza in primo luogo; o addirittura in subappalto

La sicurezza non può essere disgiunta dalla difesa contro l'intensificazione selvaggia della produttività.

Quando lo sfruttamento del lavoro vivo si intensifica peggiora la qualità del lavoro e crescono i rischi di infortuni e di malattie. La sicurezza non si raggiunge attraverso la concertazione, ma attraverso vertenze contro le inadempienze delle aziende e soprattutto la lotta contro flessibilità, precarietà, lavoro nero.

Tipologia relativa agli infortuni sul lavoro mortali

- Caduta dall'alto (tetto, impalcatura, scala, ecc.) 26,4%
- Caduta di oggetti (vittima statica riguardo all'oggetto) 15,1%
- Perdita di controllo di mezzo di trasporto 12,7%
- Crollo di oggetti sotto la vittima (suolo, ponteggio, pavimento, ecc.) 5%
- Perdita di controllo macchinari 4,0%
- Altro (problema elettrico, esplosione, fuoruscite, rotture, ecc.) 36,3%

È inaccettabile che imprenditori senza scrupoli scarichino costi altissimi sul SSN e sull'intera collettività speculando sulla vita dei lavoratori e delle lavoratrici, magari a nero o in condizioni di costante ricatto. Se i dati ufficiali insistono sulla diminuzione degli incidenti in generale, infatti, si dimentica spesso di ricordare che invece aumentano quelli subiti dalle donne e dagli extracomunitari, spesso le più e i più sacrificati sull'altare della precarietà e dello sfruttamento in nero.

Questo mercato del lavoro così incentrato su flessibilità, precariato ed incertezza per un futuro di vita, nel suo complesso, allarga maglie ed allenta vincoli che, a nostro avviso, devono avere una gestione propria, un passaggio obbligato e controllato dagli istituti interessati che devono seguire ogni passaggio per garantire qualità e sicurezza nei luoghi di lavoro.

È soprattutto in quel bacino di mercato medio-basso, delle piccole aziende, cooperativistico e spesso improvvisato che gli enti preposti devono immediatamente porre l'attenzione e ricercare mancanze quasi sempre palesi, carenze del rispetto normativo che si traducono in tragedie irrimediabili.

Le forze politiche (sia di destra che di centro-sinistra) che si sono susseguite nelle ultime legislature hanno sulle spalle pesanti responsabilità.

Esistono anche responsabilità dei Sindacati Confederali, che finora si sono limitati a denunciare la situazione degli infortuni sul lavoro senza creare una vera e propria mobilitazione tra i lavoratori e soprattutto continuando ad accettare appalti e contratti in cui la sicurezza è la prima ad essere sacrificata. Ci auguriamo che finalmente anche queste OO.SS. si siano rese conto che senza una profonda modifica della 626 non sia possibile risolvere la questione della sicurezza.

Non è più possibile restare semplicemente in attesa di un intervento del parlamento: è necessaria una mobilitazione dei lavoratori.

Cobas del Lavoro Privato
Confederazione Cobas di Pisa

Fonte

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