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Esopo ad Assisi

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(26 Settembre 2011) Enzo Apicella

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    (Imperialismo e guerra)

    L’Afghanistan di Rifondazione

    Vorrei la pace, ma voterò per la guerra

    (14 Luglio 2006)

    Il partito è di fronte ad un difficile banco di prova. Il movimento pacifista in larga parte comprende il compromesso. Sarebbero incomprensibili strumentalizzazioni

    Per Rifondazione comunista, partito che ha la battaglia pacifista indelebilmente inscritta nel proprio dna, il voto sul rifinanziamento delle missioni all'estero, inclusa quella in Afghanistan, rappresenta un difficile banco di prova. La posizione del Prc è nota, ed è altrettanto noto che si tratta di una posizione sofferta. Eravamo e restiamo contrari alla missione in Afghanistan. Eravamo e siamo convinti che la via maestra sia rappresentata dal ritiro delle truppe e dalla riconversione della nostra presenza in senso esclusivamente cooperativo e umanitario.

    Abbiamo tuttavia sottoscritto un accordo di mediazione per due fondamentali ordini di motivi.
    Il primo riguarda i segnali di discontinuità che il governo dell'Unione sta effettivamente dando sul fronte della politica estera, a partire dal ritiro totale delle truppe dall'Iraq per proseguire con il rifiuto di concedere al comando della Nato quell'aumento del nostro impegno militare in Afghanistan che ci veniva chiesto con martellante insistenza. Il secondo riguarda la necessità di difendere il governo Prodi. Non c'è bisogno di essere politologi per capire quale epocale sconfitta rappresenterebbe per il movimento pacifista la caduta del governo. Si può star certi che, un attimo dopo, i caccia bombardieri che la Nato reclamava partirebbero per l'Afghanistan, insieme alle truppe speciali da impiegare nel sud di quel paese.

    Questa posizione è stata compresa e condivisa da larghi settori del movimento pacifista, dall'Arci alla Fiom, alla Tavola della pace, a Pax Christi. Non ha convinto invece altre aree del pacifismo italiano. Il dissenso di queste componenti va rispettato e non demonizzato, deve essere trasformato in occasione di confronto, nel caso anche aspro ma limpido. A patto, però, di non trasformare la realtà in una caricatura grottesca che vedrebbe da una parte i "veri pacifisti" e dall'altra i "guerrafondai", inserendo a forza in questa turpe categoria decine di militanti e dirigenti che hanno speso gli ultimi decenni della loro vita nelle battaglie pacifiste.

    L'accordo non ha convinto le minoranze del nostro partito, e anche in questo caso si tratta di un dissenso che deve avere piena libertà di espressione, col quale è compito della maggioranza confrontarsi senza anatemi. Tutt'altra cosa sarebbe però trasformare la lecita espressione del dissenso in tentativo di capovolgere le scelte dell'ultimo congresso con forzature inaccettabili come il voto contro il rifinanziamento delle missioni. Quello sarebbe un comportamento decisamente meno accettabile. E col pacifismo avrebbe in realtà poco a che vedere.

    Giovanni Russo Spena
    Capogruppo Prc - Senato

    Fonte

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