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Fillea Cgil: il sindacato non difende i diritti dei restauratori

Un collettivo di restauratori e restauratrici mette sotto accusa i vertici nazionali della Fillea Cgil. "Da otto anni non sono capaci di difendere i nostri diritti"

(25 Luglio 2006)

I restauratori e le restauratrici pur lavorando fianco a fianco con gli operai edili nei cantieri, sono costretti a percepire meno di trecento euro al mese ed accettare contratti di progetto.

Dopo la cartolarizzazione arriva la cartolinizzazione!

Già a luglio 2002 i giochi erano chiari: sulla scorta di orrendi decreti emanati dal governo di centrosinistra alcuni ministri ( Tremonti ,Urbani, etc.) decretano lo scempio del patrimonio culturale e del paesaggio, in cui gli addetti alla tutela e al restauro sono certo coinvolti in prima persona.
A settembre 2003 Urbani presenta lo schema dell’attuale Codice (Codice dei beni culturali e del paesaggio), entrato in vigore il 22 gennaio 2004, ed oggi i sindacati confederali, Fillea CGIL in testa, lanciano una campagna di raccolta di cartoline da spedire al Ministro per denunciare alcune problematiche inerenti i restauratori.
Questa iniziativa ci appare sconcertante sia perché non tocca il problema generale del Codice e sia perché le problematiche toccate sono già state abbondantemente denunciate e affrontate in anni di lotte e campagne molto più serie di questa, e con obiettivi rivendicativi molto più idonei e alti di quelli che si leggono oggi sulle cartoline.

Quindi viene spontanea la domanda: perché il sindacato confederale, contro un atto ministeriale così importante e già vecchio, lancia solo oggi la sua campagna e per di più con obiettivi così regressivi?
E’ nettamente regressivo rivendicare la qualifica di collaboratore restauratore quando in questi anni c’eravamo orientati verso la “sanatoria”, dunque verso una articolazione della qualifica professionale su più livelli e non su qualifiche diverse, che ricalcherebbero antiche e irreali divisioni interne alla categoria.
Ricordiamoci che il 98% di circa 30.000 “tute bianche” in Italia opera da anni senza alcun riconoscimento statale, quindi in modo succube e sfruttato da chi invece ha “la patente” di restauratore: un 2% riconosciuto in base a titoli di studio che sono il retaggio di una cultura elitaria e/o in virtù di credenziali imprenditoriali (vedi il D.M. 294/00).

I “cartolinisti” rispondono dicendo che oggi è in preparazione un ulteriore Codice dei beni culturali più efferato di quello attuale, il quale minerebbe ancor più la professionalità dei restauratori. Quindi viene spontanea un’altra domanda: se la minaccia di un ennesimo colpo contro i restauratori è vera, perché non se ne sa nulla?
L’agitazione dei sindacati cartolinisti è sproporzionata alle informazioni che essi non hanno diffuso, su ciò di cui sono segretamente al corrente.
Beninteso, non è la mancanza di informazioni a stupirci, poiché sappiamo che storicamente le peggiori leggi e i peggiori accordi vengono firmati sempre all’oscuro degli interessati (compresi i Contratti di lavoro), ma restiamo alquanto perplessi di fronte alla grande mancanza di informazione in cui questi sindacati, che sanno sempre tutto in anticipo, sguazzano beatamente, lanciando campagne di mobilitazione senza informare i mobilitati. Infatti, dal nostro giro di interviste tra i restauratori emerge che nessuno sa veramente contro quali pericoli ci si mobiliti.
Pertanto, a nostro avviso, tale “cartolinizzazione” è una ennesima iniziativa cartacea e con fini propagandistici – mirante alle vicine elezioni politiche - che ha lo stesso cattivo odore degli attestati puramente cartacei rilasciati a chi ha frequentato gli ultimi seminari indetti dalla Fillea CGIL (è incredibile come per ogni coinvolgimento dei restauratori questi sindacati rilasciano un attestato di presenza!)

Arriviamo al sodo!
I restauratori hanno ancora troppi sassi nelle scarpe, troppi macigni nelle gole, per essere seriamente entusiasti di fronte all’iniziativa che gli si propone. Restano vivi vecchi sconcerti, bocconi che ancora oggi è difficile digerire, consistenti nella totale mancanza di iniziativa che ha visto silenziosi/assenzienti questi sindacati nei confronti di tutta una serie di leggi e provvedimenti che intanto sono passati e stanno devastando tutto.
Altro che cartoline di carta!
Un gruppo di restauratori, liberatisi dalle scartoffie, alla fine dell’anno 2002 ha fondato un Coordinamento di base (COBAS Restauro) ed ha presentato una serie di proposte di emendamento al D.M. n. 420/2001, discutendo col Senato per spingere la tanto richiesta SANATORIA, senza la quale, sia chiaro, nessun restauratore avrà mai ragione sulla propria professionalità!
Ma soprattutto il COBAS Restauro non poteva non concentrarsi sulla lotta contro l’alienazione dei beni culturali (legge 326/2003 e da ultimo il Codice Urbani), con cui lo Stato regala i propri beni culturali e ambientali a soggetti e società private, che possono disporne in modo commerciale e gestirne ogni aspetto, anche la tutela e la conservazione del bene stesso. E se passa questa logica ogni restauratore diventerà una sorta di “abbelitore di un prodotto da preparare per il mercato”!
Quindi, se veramente vogliamo ascoltare le istanze delle lavoratrici e dei lavoratori del settore e di tutti i lavoratori dei beni culturali, dobbiamo rivendicare, anche con mezzi sottili ma efficaci, due obiettivi:
1) rivedere totalmente il Codice Urbani al fine di difendere la cultura italiana e la figura del restauratore.
2) indurre il Ministero dei beni culturali a varare la famosa “sanatoria”.

Nino Stella

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