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    (Flessibili, precari, esternalizzati)

    28/06/2006: la lotta contro la precarietà è una sola.

    (30 Giugno 2006)

    Nel dibattito politico si parla sempre più del precariato come di uno dei grandi problemi del momento, da risolvere per permettere ai giovani di pensare al futuro. Le soluzioni proposte, però, partono da presupposti infondati.

    Si pensi alla discussione relativa alla legge 30, che ha reso il mercato del lavoro italiano uno dei più segmentati. Il centrodestra la ritiene assolutamente intoccabile, sostenendo che una sua qualsiasi modifica coinciderebbe col ritorno all’”inferno” della vecchia rigidità del lavoro e, quindi, con l’impossibilità di creare occupazione. Il governo attuale ha invece un’altra linea. Esso, da un lato vuole integrare la legge 30 con gli ammortizzatori sociali, avvicinandola ad un presunta “buona flessibilità” che non sfocerebbe in precarietà. Dall’altro intende comprenderla in un disegno del mercato del lavoro più vasto, tale da imporre ad ogni categoria e luogo di lavoro una precarietà solo apparentemente soft. Come a dire che l’attenuarsi di punte particolarmente estreme di precarietà avrebbe come contropartita l’intensificazione dei processi di precarizzazione in atto nei settori tradizionali del lavoro. Dunque, il dibattito in corso è totalmente interno alla gestione dell’esistente e vede come esclusi proprio coloro che vivono la precarietà. E’ per questo che ha grande importanza l’iniziativa di oggi, inventata dai precari per autonarrarsi e ri/conoscersi tra eguali seppur dispersi nei mille luoghi del precariato metropolitano.

    A ben vedere, ritrovarsi in piazza non vuol dire solo denunciare una condizione, sollevare dei problemi, bensì iniziare a creare rapporti nella quotidianità.

    Nella consapevolezza che lo spaccato qui presente, per quanto significativo, non comprende tutta la precarietà che attraversa la metropoli e che i rapporti che costruiamo oggi devono preludere ad altri rapporti ancora.

    Se la logica del centrosinistra consiste nel precarizzare ovunque (sia pure “moderatamente”) occorre cercare l’unità con settori più vasti.

    Settori che, seguendo schemi errati, potrebbero essere considerati garantiti e che invece lottano contro una precarizzazione crescente. Si pensi al pubblico impiego, dove è in corso la lotta per stabilizzare centinaia di migliaia di precari, figli di quel Pacchetto Treu che è un vanto del centrosinistra. Si pensi, ancora, agli operai dello Slai Cobas di Pomigliano. Otto di loro sono stati licenziati e poi – in seguito ad una incisiva mobilitazione – riassunti. Ciò, per aver lottato contro un contratto, firmato dalla triplice, che introduce forti dosi di precarietà, in particolare estendendo l’uso dei contratti di apprendistato. Dunque le vecchie tute blu non sono così lontane da noi. Creare momenti di comunicazione con loro ed altri settori, è più che mai necessario E’ il miglior modo per dare gambe alle rivendicazioni di questa giornata. All’abrogazione del pacchetto Treu e della Legge 30, certo, ma anche a quella rivendicazione che normalmente si traduce – col rischio di impoverirla – in una richiesta formale di reddito. E che in realtà rimanda al più universale dei diritti: l’accesso per tutte/i, indipendentemente da prestazioni lavorative, a quella ricchezza sociale di cui sono sempre in meno ad appropriarsi.

    Roma, 28 giugno 2006

    Corrispondenze Metropolitane – Collettivo di controinformazione e d’inchiesta

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