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Dichiarazione per la Risoluzione Democratica della Questione Kurda

(25 Agosto 2006)

Il Medio Oriente, un luogo con all’interno un acceso conflitto, è continuamente al centro dell’attenzione mondiale. Sebbene la motivazione stia nel suo essere territorio dove il sistema mondiale si è formato, la ragione principale è la non democratizzazione della regione. Quando non viene sviluppata una cultura democratica, la società e le forze politiche non sono rispettose dei diritti l’una delle altre, dando così luogo ad un conflitto. Il motivo e la base per l’intervento delle forze straniere è dovuto al fatto che i sistemi politici del territorio sono anti-democratici

Una delle ragioni fondamentali del perchè il Medio Oriente non è stato democratizzato è la mancata soluzione della questione kurda. Questa questione non viene risolta alla radice, di conseguenza gli sforzi per risolvere gli altri problemi nella regione rimangono inefficaci e non portano alla stabilità.

I responsabili per la mancata soluzione della questione sono le forze internazionali e territoriali. A causa di quanto sopra il popolo kurdo ha subìto molte afflizioni. Tuttavia, le forze che dominano sul Kurdistan non hanno raggiunto la serenità.

Senza una democratizzazione la pace non si svilupperà nel Medio Oriente e persisteranno il sospetto e l’ansia di arabi, kurdi, turchi, persiani, assiri e israeliani, gli uni nei confronti degli altri. La tensione che ne deriva sfocerà inevitabilmente nel conflitto.

Gli stati regionali che hanno mantenuto la loro politica conforme al Trattato di Losanna, che nega il popolo kurdo, non hanno mai riconosciuto I kurdi come popolo e a loro si rivolgono con la forza. Questi stati non hanno alcun sistema positivo verso i kurdi. Al contrario la loro unica politica consiste nel sopprimere con violenza quei kurdi che, giustamente, insorgono. Attualmente, con la stessa mentalità, c’è un’alleanza anti-kurda tra Turchia, Iran e Siria. In tutta la storia i kurdi hanno resistito contro la politica di annientamento e sono arrivati a questo punto di impasse. Pioniere di questa mentalità è lo stato turco con la sua politica di violenza contro il popolo kurdo, sfociata in conflitto e tensione.

L’attuale periodo nel mondo e nel Medio Oriente e gli sviluppi che il Movimento per la Liberazione Kurdo ha ottenuto, hanno messo la Turchia e l’Iran in un’atmosfera di panico per cui stanno avendo difficoltà nel continuare la loro politica di negazione e annientamento. Per questa ragione dalla scorsa primavera hanno intrapreso una serie di attacchi contro il nostro movimento. La Turchia da un lato crea alleanze con Iran e Siria, dall’altro si sta adoperando per sviluppare progetti di offensiva formando alleanze con gli USA e l’Iraq. Quando non riesce a raggiungere questi scopi, mette all’ordine del giorno operazioni militari al confine.

Fino ad ora in Turchia e a livello internazionale molti circoli, intellettuali, scrittori, istituzioni della società civile e il Governo Federale del Kurdistan del Sud, hanno fatto proposte e appelli ad entrambe le parti per un cessate il fuoco. Recentemente il portavoce del ministro degli esteri americano ha rivolto un appello al nostro movimento per un cessate il fuoco unilaterale e per il disarmo. Purtroppo un’azione unilaterale non è sufficiente per risolvere il problema. Se lo fosse tutti i nostri sforzi sarebbero indirizzati ad intraprendere, unilateralmente, qualunque azione necessaria alla soluzione della questione. Tuttavia, la storia della nostra lotta dimostra che gli sforzi unilaterali non bastano per porre fine al conflitto.

L’opinione pubblica sa bene che il leader del nostro movimento ha chiesto vari cessate il fuoco unilaterali nel 1993, 1995 e 1998, per aprire il cammino verso una soluzione democratica. Tuttavia queste iniziative non hanno portato ad una soluzione e lo stato turco vi ha trovato un’opportunità per sopprimere il nostro movimento aumentando le incursioni. Quando con l’arresto del nostro leader Abdullah Ocalan ad Imrali il 2 agosto 1999 tutti questi sforzi si sono rivelati inutili, il nostro movimento ha abbandonato la strategia della lotta armata, le forze della guerriglia si sono ritirate oltre il confine della Turchia posizionandosi sulla linea dell’auto-difesa. In tal modo il nostro movimento ha dato alla Turchia l’opportunità di trovare di sua spontanea volontà il modo per risolvere la questione, senza porre alcuna pressione. Lo stato turco, che non aveva alcuna giustificazione per non procedere alla soluzione, non ha mostrato alcun volontà di farlo. Sebbene fosse sotto pressione sia a livello nazionale sia internazionale, la Turchia ha continuato con la politica di negazione e annientamento secondo le nuove condizioni politiche. Sono stati introdotti, francamente un insulto per il popolo kurdo, trasmissioni televisive kurde di 45 minuti e corsi privati di kurdo aperti con molti ostacoli. Hanno dichiarato apertamente le loro vere intenzioni rilasciando molte volte la seguente dichiarazione, “abbiamo fatto quanto necessario, non ci dovrebbe essere chiesto altro”.

Ci siamo appellati allo stato turco molte volte per fermare la situazione di stallo e di annientamento messo in atto con la procrastinazione nel tempo della politica. Poichè nessun passo è stato compiuto nella nostra direzione, nel marzo del 2003, con la formazione della federazione kurda nel Kurdistan iracheno e con l’intervento degli USA in Iraq, lo stato turco ha creato un’alleanza con Iran e Siria temendo la costituzione di un Kurdistan più grande. Per annientare le dinamiche kurde indipendenti, sono state riprese operazioni militari su larga scala e politiche di tensione.

Contro questi attacchi, il 1° giugno 2004, il periodo dell’autodifesa ci è stato imposto. Secondo la nostra nuova strategia di lotta l’HPG (Forze di Difesa Popolare) non fa uso della lotta armata ma dell’autodifesa armata contro gli attacchi armati sul nostro popolo. E’ per contrastare queste aggressioni che il nuovo periodo è iniziato con le azioni di rappresaglia dell’HPG.

Il 10 agosto 2005 il nostro movimento ha iniziato un periodo di un mese di “nessuna azione” come gesto amichevole per il discorso del Primo Ministro Erdogan a Diyarbakir e per gli sforzi di pace di alcuni intellettuali, al fine di creare una possibilità per la pace e la soluzione democratica. In risposta a quanto sopra le forze armate turche hanno potenziato le loro offensive e il risultato di quel mese di “nessuna azione” è stato che la perdita delle forze dell’HPG è stata quadruplicata. Il Primo Ministro Erdogan, non rivendicando le sue parole, ha sostenuto la violenza perpetrata dalle forze armate. La ricerca di una risoluzione politica pacifica e gli sforzi del popolo kurdo sono stati valutati come debolezza e disperazione dalla tradizione politica che vede armi e violenza nel significato del termine forza.

Mentre il mondo è entrato in un periodo di dialogo come soluzione a questo tipo di questioni, c’è solo una ragione che spiega la sospensione di tutte le strade per dialogare con il Movimento per la Liberazione Kurdo, optando per l’annientamento: lo stato turco è inamovibile nelle politiche di negazione e di annientamento perché conta sulle forze armate e sulla sua forza politica.

Il Movimento per la Liberazione Kurdo non è la parte che sta sfuggendo da una soluzione o che insiste sulla violenza. Noi non vediamo la violenza come metodo per risolvere il problema. Al contrario, abbiamo fatto grandi sacrifici, unilateralmente, per una soluzione democratica e per la pace. Qualora gli interlocutori dovessero mostrare la volontà necessaria per una risoluzione, non ci sarebbero ostacoli da parte nostra. Come il nostro leader ha dichiarato alcuni anni fa, stiamo cercando un interlocutore. Se la Turchia mostrasse di voler procedere ad un appianamento delle divergenze, il cessate il fuoco sarebbe messo in atto in un giorno e la questione troverebbe una soluzione. Abbiamo esposto più volte diverse proposte e progetti di risoluzione all’opinone pubblica, tali che nessuna forza potrebbe respingere, ma non ci è stato sottoposto alcun progetto. Pertanto non siamo responsabili della crisi attuale e del proseguimento del conflitto. Nonostante tutto questo, il nostro movimento ha agito in maniera responsabile, ha mostrato impegno e sensibilità nel non accrescere la portata del conflitto e nel non eccedere i limiti dell’autodifesa.

Riteniamo che l’attuale crisi e conflitto danneggino i turchi, i kurdi e tutti i popoli del Medio Oriente. Per questo motivo abbiamo preso in considerazione gli appelli e il desiderio di pace di alcune forze internazionali, istituzioni internazionali e vari ambiti e, tenendo conto degli ultimi appelli di pace del nostro leader, abbiamo deciso di formulare una nuova proposta.

Con questo obiettivo noi come Consiglio Esecutivo del Koma Komalen Kurdistan (KKK, Confederazione del Kurdistan) ci siamo incontrati nei giorni tra il 7-9 Agosto 2006 per discutere della situazione e abbiamo deciso di avviare un nuovo periodo per la pace e la democrazia.

Pertanto lo stato turco deve rispondere con una dichiarazione per dimostrare la volontà di dialogo e di soluzione, deve cessare le offensive e porre fine alle pesanti condizioni di isolamento imposte al nostro leader. Non si tratta di condizioni ma di presupposti che qualunque forza dovrebbe accettare per dimostrare la propria disponibilità.

Se la Turchia sviluppasse queste posizioni costruttive, il Consiglio Esecutivo del Koma Komalên Kurdistan si impegnerebbe per un cessate il fuoco da parte dell’HPG. La Giornata Mondiale della Pace, 1 settembre, è un’importante opportunità per intraprendere questo processo. A partire da quel giorno il nostro popolo e il movimento faranno tutto ciò che è necessario per dar voce, in ogni circostanza, alla pace e alla soluzione democratica e accresceranno il numero delle azioni democratiche. Lo stato turco, da parte sua, può mostrare la sua determinazione democratica verso l’implementazione di questo processo adottando azioni di pace.

Le due parti possono sviluppare una base sui passi che seguono per arrestare il conflitto. Segue la possibilità di mettere la seconda fase all’ordine del giorno. La seconda fase rappresenta l’inizio della soluzione democratica alla questione kurda. Una prospettiva di autonomia democratica all’interno dei confini della Turchia, a sostegno della libertà del popolo kurdo, può essere fondamentale per una soluzione permanente.

La sequenza di azioni che le due parti devono intraprendere nella seconda fase per una soluzione permanente:

1- Il riconoscimento dell’identità kurda e delle garanzie costituzionali di tutte le identità sotto l’identità di Cittadini Della Turchia come identità superiore,

2- Il superamento di ostacoli posti davanti allo sviluppo della lingua e cultura kurda, il riconoscimento dell’istruzione nella lingua madre e del kurdo riconosciuto come la seconda lingua ufficiale accanto al turco nella regione del Kurdistan, e inoltre il mostrare rispetto per le altre minoranze culturali,

3- Il riconoscimento, sulla base della libera attività politica e di organizzazione, del diritto di manifestare il proprio pensiero, credo e libertà di espressione, il superamento, nella costituzione e nella legge, di tutte le disuguaglianze sociali, prima di tutto la discriminazione di genere,

4- Con un progetto di riconciliazione, al fine di pervenire ad un reciproco perdono tra i due popoli, costituire un sindacato di pace e libertà, e su questa base operare il rilascio dei prigionieri politici, incluso il leder del PKK, senza porre ostacoli alla loro partecipazione in politica e nella vita sociale,

5- Il ritiro delle forze presenti sul territorio del Kurdistan per motivi di guerre speciali, l’abolizione del sistema dei guardiani di villaggio, lo sviluppo dei progetti sociali e politici necessari per il ritorno nei villaggi ivi dislocati,

6- In parallelo alla realizzazione dei suddetti articoli l’inizio, con un calendario stabilito da entrambe le parti, del graduale disarmo e della partecipazione legale nella vita sociale democratica.

La soluzione permanente alla questione kurda in Turchia può essere attuata mettendo in pratica questi passi fondamentali. Questo significa anche che la Turchia diventerebbe un paese pienamente democratico. La risoluzione della questione kurda in Turchia comporterà anche la risoluzione democratica della questione kurda, entro gli attuali confini, in Iran e in Siria. La risoluzione della questione kurda in questi paesi porterà alla democratizzazione del Medio Oriente. Estirpando sospetto e ansia si avrà modo di trovare una soluzione a tutte le questioni della regione.

Appare chiaro che la risoluzione alla questione kurda in questi termini porterà benefici alle forze internazionali e ai popoli della regione. La stabilità e la pace possono essere sviluppati solo con una soluzione democratica alla questione kurda e con la prospettiva di democratizzare il Medio Oriente. L’amicizia tra i popoli, il rispetto reciproco e un sistema equo, possono essere realizzati solo con un simile progetto.

Quando in realtà si tende ad implementare piani di annientamento usando la violenza contro il movimento per la liberazione kurdo, le conseguenze possono solo essere conflitti e instabilità che non portano beneficio a nessuna delle parti.

Occorre riconoscere oggi che il PKK e il suo leader rappresentano la realtà principale del popolo kurdo. Cercare oggi di separare gli uni dall’altro, inseguire una soluzione di non esistenza del PKK e Ocalan, significa solo spingere la questione in un impasse e far intensificare il conflitto. E’una questione molto importante che tutte le forze devono seguire per uno sviluppo corretto ed equo della soluzione. Il progetto di soluzione del nostro leader Ocalan non riguarda solo i kurdi ma la libertà e la democrazia per l’intera popolazione del Medio Oriente. La giusta soluzione dei problemi tra i popoli, incluse le divergenze tra Palestina e Israele e lo sviluppo della stabilità, può solo passare attraverso questa prospettiva.

La piattaforma denominata meccanismo ternario tende a risolvere una questione alla radice, tende al dialogo, alla soluzione democratica. Noi come kurdi mostreremo l’impegno necessario e la dedizione per una risoluzione. In questo caso noi rappresentanti dei kurdi saremo esemplificati nel meccanismo ternario in cui il nostro popolo e movimento possono riporre la propria fiducia. Se però ci si basa sulla politica di violenza che la Turchia ha perpetrato contro i kurdi negli anni, noi non l’accetteremo e questo farà inasprire le ostilità e accrescerà l’impasse.

E’ comprensibile che la Turchia, che non ha altra politica tranne quella della negazione e dell’annientamento, speri che gli USA attacchino il Movimento per la Liberazione kurdo. Tuttavia, non c’è logica né spiegazione nell’attacco da parte degli USA contro il PKK. E’ contro gli interessi degli USA e delle forze alleate che affermano di essere in linea con la mentalità democratica, affrontare il Koma Komalén Kürdistan che si batte per questi princìpi. La realtà dei popoli democratici che il movimento ha sviluppato può essere facilmente identificata nell’atteggiamento della gente di Diyarbakir (Amed), che è il simbolo del popolo kurdo. Riteniamo inoltre che l’interesse delle forze internazionali passi attraverso l’accettazione e il rispetto della volontà mostrata dal popolo di Amed.

E’ una realtà indiscutibile che la soppressione del Movimento per la Liberazione Kurdo sia una perdita per il popolo, per le organizzazioni del Kurdistan meridionale e per tutti i kurdi. Le forze che insistono sulla negazione dei kurdi nella regione vogliono indebolire il popolo kurdo annientando il nostro movimento e di conseguenza credono di avere la meglio sulle politiche del Medio Oriente. Con questi mezzi prevedono che le forze internazionali accetteranno la loro politica di negazione. Riteniamo che tutti i kurdi ne siano consapevoli. In quest’ottica ci appelliamo al Governo Federale del Kurdistan Meridionale e a tutte le parti perchè prendano posizione contro ogni politica di annientamento e che si impegnino per una risoluzione democratica e pacifica della questione kurda. Dichiariamo di voler agevolare e partecipare a qualunque azione che vada in questa direzione.

Sebbene le forze internazionali e i paesi del territorio possano giocare un ruolo di agevolazione, il luogo per la soluzione della questione nel Kurdistan settentrionale come l’interlocutore, è la Turchia. La Turchia deve accettare che la soluzione avverrà con i kurdi che vivono nel paese. E’ opportuno che la Turchia si renda conto che non risolverà il problema implorando gli USA affinché si alleino contro la nostra organizzazione, creando un’alleanza anti-kurda con l’Iran e la Siria, attaccando le nostre forze, mettendo sotto pressione il KDP (Partito Democratico Turco) e il PUK (Unione Patriottica del Kurdistan) e inviando truppe in Libano per conferire un’immagine positiva alla comunità internazionale.

Lo stato turco dovrebbe ascoltare gli appelli del popolo kurdo e del suo leader invece di portare avanti relazioni diplomatiche contro il Movimento di Liberazione Kurdo, e di dare concessioni su concessioni, considerando che la questione potrebbe essere risolta in breve tempo. Poiché il progetto che abbiamo sviluppato contiene delle condizioni estremamente ragionevoli, gli interessi di entrambe le parti sono stati espressi. In realtà, se si mettono da parte negazione-annientamento e le lenti scioviniste, si vedrà che la soluzione va incontro agli interessi della Turchia.

Sulla base dell’amicizia tra i kurdi, turchi, arabi e tutti i popoli della regione, riteniamo che tutte le questioni possano essere risolte attraverso il dialogo e i metodi pacifici all’interno di un sistema equo e democratico. Crediamo che il conflitto armato non può risolvere i problemi. Tuttavia, laddove l’onore, la dignità e i valori umani fondamentali sono violati e non ci sono altri mezzi per difenderli, constatiamo che anche l’ONU ha accettato secondo le leggi internazionali che il diritto all’autodifesa, inclusa la resistenza armata, è legittimo ed è un diritto legale. La violenza armata che va oltre l’autodifesa è terrorismo e come tale la condanniamo.

Per la soluzione delle divergenze tra i popoli e per lo sviluppo di un sistema democratico libero, riteniamo importante e moderna questa prospettiva nella soluzione di tali questioni. Ci appelliamo ai circoli mediatici internazionali e regionali, intellettuali e scrittori, e a tutti gli ambienti vicini alla democrazia, per rivendicare il nostro progetto di soluzione pacifica e democratica e perchè prendano posizione contro le politiche di annientamento sulla base della violenza dello stato turco.

Come movimento vorremmo sottolineare ancora una volta che la soluzione corretta e giusta è l’autonomia democratica nei confini della Turchia. Crediamo che una soluzione nell’unità della Turchia rappresenti un vantaggio per il popolo kurdo e per i popoli della regione.

Ci appelliamo ancora una volta a tutte le forze politiche internazionali e regionali e ai circoli democratici affinchè si impegnino ad avviare una soluzione democratica e a sostenere la risoluzione democratica della questione kurda all’interno dei confini politici della Turchia.

20 agosto 2006

Consiglio Esecutivo del KKK

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