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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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L’autunno che verra’…

(2 Settembre 2006)

Non poche nubi si addensano sul lavoro pubblico… L’estate che volge al termine ha visto, a partire dal DPEF, susseguirsi voci inquietanti sui tagli al lavoro pubblico: dalla moratoria sui contratti, al blocco dei contratti integrativi, all’innalzamento dell’età pensionabile, l’unica certezza è data dal taglio di oltre 20 miliardi di euro della spesa pubblica.

In piena estate, Cgil Cisl Uil hanno sottoscritto “Il patto per il lavoro pubblico” attraverso un testo che rilancia in grande stile la concertazione tra sindacato e governo, quella stessa concertazione che ha già prodotto danni nefasti al potere di acquisto dei salari e al potere di contrattazione (sempre meno sono le materie oggetto di contrattazione nazionale e decentrata).

In particolar modo il testo invita il Governo ad aprire un tavolo di negoziazione che intervenga su 4 punti: lotta agli sprechi, rinnovi contrattuali, previdenza integrativa e questione precariato.

Cgil Cisl e Uil chiedono al Governo di non considerare il lavoro pubblico come un mero fattore di costo ma sembrano ignorare che investire sul settore pubblico significa mettere in discussione i “patti di stabilità interna” che si sono succeduti dal 1999 ad oggi, copia del più famoso Patto di Maastricht, e che hanno introdotto vincoli di controllo della spesa pubblica. Rilanciare la funzione sociale della P.A. significa rimuovere il blocco del turn over sancito nelle ultime leggi finanziarie che ha ridotto ai minimi termini la spesa per il personale ed ha costituito il pretesto per esternalizzare il personale della P.A. ed attingere al florido mercato del precariato.

Una diversa concezione della P.A non può prescindere dall’avvio di un percorso che permetta la re-internalizzazione dei servizi ceduti ai privati e dei lavoratori esternalizzati, assorbendo nei ruoli delle amministrazioni pubbliche tutto il personale esternalizzato. Quello che in primo luogo bisogna affermare, e poi agire di conseguenza, è la riappropriazione del termine pubblico come non legato a logiche di mercato ed a pareggi di bilancio.

Il pubblico può pure costare di più se garantisce diritti e qualità più elevata, maggiore accessibilità a tutti. In questa ottica non ha più senso parlare di esternalizzazioni

Sulla questione precariato gli ultimi dati sicuri sul lavoro nella Pubblica Amministrazione provengono dal Conto Annuale 2004 presentato dalla Ragioneria Generale dello Stato.

Tali dati che andrebbero aggiornati perché in questi ultimi due anni il fenomeno del ricorso a tipologie contrattuali atipiche ha continuato ad espandersi, ci parlano di un esercito di 350.000 precari nella P.A., con una percentuale di personale precario pari al 10% superiore all’industria.

Non possiamo dimenticare che nel pubblico impiego non si applica la legge 30 ma il Pacchetto Treu varato dal centro sinistra nel 1996, accolto trionfalmente e recepito nei singoli contratti proprio da Cgil Cisl e Uil che adesso straparlano di “superamento del lavoro precario”.

Poiché ci sembra alquanto cinico giocare con le aspettative di 350.000 precari riteniamo che alle parole debbano seguire i fatti e parlare seriamente di stabilizzazione dei lavoratori precari significa elaborare un piano che preveda nel più breve tempo possibile l’assorbimento in ruolo di tutti i lavoratori atipici e la messa in discussione del pacchetto Treu che ha generato tali tipologie contrattuali.

Altrettanto sconcertante è la proposta di Cgil Cisl Uil di estendere la previdenza integrativa al pubblico impiego per accaparrasi attraverso i consigli di amministrazione dei fondi la gestione del nostro tfr.

Una pensione dignitosa non può che passare attraverso il rilancio della previdenza pubblica e l’affossamento di ogni opzione di previdenza integrativa.

Sulla questione dei rinnovi contrattuali la cifra messa sul piatto dal Ministro Nicolais è di 4 milioni di euro in tre anni che tradotto in soldoni (anzi in soldini considerato l’irrisorietà della cifra!) significa 25 euro lordi di aumento per ogni dipendente.

Nel Patto per il lavoro si parla di recupero del potere di acquisto dei salari, ma come è possibile raggiungere questo obbiettivo rilanciando la concertazione che è stata l’origine di tutti i mali e dell’impoverimento salariale di milioni di lavoratori pubblici? E gli accordi e i rinnovi contrattuali sottoscritti dal 1993 ad oggi da Cgil Cisl e Uil (peraltro sempre con un incredibile ritardo) hanno per caso garantito il recupero del potere di acquisto delle retribuzioni?

Ci sembra insomma di trovarci per l’ennesima volta dinanzi alla solita levata di scudi, alla solita propaganda pre autunnale che preannuncia come già accade da troppi anni la sottoscrizione di contratti al ribasso.

E’invece necessario preparare da subito una massiccia mobilitazione per contrastare l’ennesimo attacco al lavoro pubblico le cui linee sono già presenti nel DPEF (oltre 23 miliardi di euro di tagli al lavoro pubblico) e rilanciare una battaglia generale contro il lavoro precario e le leggi che l’hanno introdotto (pacchetto Treu su tutte), per la stabilizzazione di tutti i lavoratori atipici e per l’apertura immediata della vertenza contrattuale, considerato che tutti i contratti del p.i. sono già scaduti da 8 mesi.

cobas pubblico impiego di pisa

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