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    Dal Molin: da aeroporto civile a macchina di morte

    (23 Settembre 2006)

    In queste ultime settimane a Vicenza e in provincia si discute molto della questione “aeroporto Dal Molin” ovvero della sua trasformazione in aeroporto militare sotto il controllo degli USA. Contro questa trasformazione si sono mobilitati cittadini e gruppi politici con motivazioni estremamente eterogenee. Si va dalla finta contestazione dei gruppi di estrema destra (come Forza Nuova) che serve solo per gettare “fumo negli occhi”– e che infatti si combina con la stipula di accordi, come alle recenti elezioni politiche nazionali, con coalizioni che fanno della servitù verso gli USA la loro “politica internazionale” – fino ad aree antimperialiste che da sempre si battono contro la presenza militare, politica e culturale degli USA in Italia.

    Ma perché questa operazione viene portata avanti proprio a Vicenza?

    Gli USA ritengono che Vicenza sia, grazie alla sua posizione strategica, il luogo giusto per sviluppare le proprie infrastrutture militari. E pensano di portare avanti i loro progetti in tutta tranquillità contando sul denaro che “fanno arrivare” alla città ovvero alle tasche dei suoi commercianti. Ma si può accettare, 60 anni dopo la fine della seconda guerra mondiale - ma naturalmente anche allora era comunque inaccettabile -, l’installazione di impianti di morte in cambio di qualche euro che ingrasserà le tasche di alcuni a discapito di tutti ?

    Dopo il crollo dell’URSS e la fine del quadro bipolare emerso dalla seconda guerra mondiale gli USA si trovano ad essere, di fatto, l’unica superpotenza militare rimasta in campo (pur non essendo l’unica potenza dal punto di vista economico) e usano questa loro supremazia per conquistare anche la supremazia assoluta in campo geo-strategico (economico, politico, ideologico).

    Naturalmente, tutti coloro che si sono opposti o si oppongono a questo disegno egemonico – fossero essi comunisti, pacifisti o semplici democratici… fossero essi russi, vietnamiti, arabi o latinoamericani… - sono stati invariabilmente bollati come “terroristi” …, mentre gli USA si sono auto-rappresentati sempre come “Difensori della Libertà e del Bene”. Che a questa favola possano crederci la maggioranza dei nord-americani è, con un po’ di fatica, comprensibile, ma che dobbiamo crederci anche noi è un po’ troppo.

    Ecco, a Vicenza c’è chi alla favola degli USA “difensori della Libertà e della Pace contro il Terrorismo” non ci crede neanche un po’ e non ha alcuna intenzione di lasciar passare sotto silenzio una operazione che si inscrive in un processo di ri-organizzazione strategica a livello internazionale della presenza USA nel mondo.

    Gli USA sono un paese che basa buona parte della propria economia sugli investimenti diretti al settore militare, prima giustificati in nome della difesa dall’ “impero del male” sovietico e oggi in nome dell’altra favola della “guerra al terrorismo”. E’ fin troppo chiaro che dietro alle chiacchiere sulla “libertà” o sulla “democrazia” si nascondono interessi economici, finanziari, strategici e, soprattutto, una fortissima competizione con alcune aree (Europa, Cina, Russia, in primis). Tanto per fare un esempio, la nascita dell’euro rappresenta un elemento di forte indebolimento della supremazia USA perché costituisce la base per la definizione, in prospettiva, di una area valutaria capace di proporsi come alternativa reale a quella del dollaro (fino ad oggi assolutamente egemone). E lo sviluppo degli scambi in euro non riguarda ovviamente solo l’Europa, ma anche tutti quei paesi che con essa hanno rapporti economico-finanziari (tanto per fare un esempio, si dice che la Cina stia formando riserve valutarie in euro equivalenti a quelle in dollari e la Cina, con i ritmi di sviluppo che ha, sta diventando uno degli attori fondamentali dello scenario economico-produttivo internazionale).

    In America Latina, popoli fino ad oggi soggiogati a causa di “borghesie compradore” fasciste e manipolate dagli USA si stanno lentamente, ma inesorabilmente, emancipando. La formazione di una sorta di “blocco bolivariano” (Venezuela, Cuba, Bolivia) e il sempre più chiaro fallimento delle varie “operazioni continentali” (ALCA, Plan Colombia, Plan Patriota…) danno fiducia a chi auspica la sempre maggiore indipendenza dagli USA (e, anche dall’Europa).

    Il tentativo di bloccare la crescente competitività dei poli economici, finanziari e politici contrastanti o antagonisti agli USA rappresenta la ragione decisiva che spinge questi ultimi a fare sempre più frequente ricorso alla propria forza militare nei diversi scenari internazionali. Gli USA tentano di giustificare questo iperattivismo militare con teorizzazioni del tutto arbitrarie circa l’uso preventivo della forza per garantire il mantenimento della “Pace” e della “Sicurezza” dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001 (evento che non hanno certo mancato di “cogliere al volo”).

    Ovviamente gli altri contendenti non stanno a guardare e stipulano accordi militari e politici - come quello tra Francia e Germania per la creazione di forze congiunte d’intervento rapido o quello relativo alla cosiddetta “gendarmeria europea” – che dimostrano come tutti si preparino in un modo o nell’altro a scenari di scontro che dai “teatri regionali” possono rapidamente spostarsi nel cuore stesso delle aree imperialiste o, comunque, si preparano ad un maggiore attivismo, sia sul fronte interno, sia sul fronte esterno.

    E’ chiaro che per gli USA è vitale una solida presenza militare in aree come quella del Mediterraneo o del Medio Oriente, con un progressivo sbilanciamento verso le aree più “calde” - e oggi la principale area “di crisi” è quella che va dall’Afghanistan-Pakistan al Medio Oriente (Iraq, Iran, Palestina, Libano, Siria, Turchia, Giordania, Arabia Saudita…) -.

    E siccome anche gli USA, checché se ne dica, non sono Onnipotenti e devono fare i conti con le risorse che hanno, decidono una strategia di ri-organizzazione che prevede la chiusura della più grossa base americana in Europa (40.000 militari), il massiccio ridimensionamento delle basi nel centro-Europa, la chiusura della base della Maddalena...

    Naturalmente, gli strateghi USA non disdegnano di considerare scenari di scontro “diretto” tra le grandi potenze, ma più o meno a tutti pare ovvio che uno scontro di questo tipo (specialmente nell’epoca nucleare) avrebbe effetti devastanti e non auspicabili. Dunque, sono paesi “terzi” a costituire il teatro di scontro tra le grandi potenze (anche perché rappresentano i principali mercati delle materie prime e della forza-lavoro, nonché potenziali nuovi mercati di sbocco delle merci).

    L’obiettivo principale è dunque quello di allestire forze ben addestrate e ben armate per l’intervento rapido nelle aree di crisi per preparare il terreno, ove ce ne fosse la volontà – come in Iraq - di un’invasione con grande spiegamento di forze. Ed è chiaro che queste forze, per essere efficaci, devono risiedere geograficamente vicino al campo del loro intervento. Questo è appunto il caso di Vicenza, dove, presso la caserma Ederle, risiede già una Brigata aviotrasportata di uomini ben addestrati e con armamento all’avanguardia.

    La trasformazione in aeroporto militare del “Dal Molin”, quindi, rientra in un progetto meditato, progettato, con investimenti e obiettivi precisi, e con altrettanto precisi coinvolgimenti di settori politici italiani, sia a livello locale che nazionale; il tutto finalizzato a trasformare il “Dal Molin” in base di appoggio per operazioni di aggressione contro popoli colpevoli solamente di non assoggettarsi agli interessi degli USA; operazioni effettuate attraverso massacri sistematici con uranio impoverito, fosforo bianco o bombe a grappolo; operazioni effettuate attraverso violenze e torture sui civili (che, rappresentando ormai il 90% delle vittime di ogni guerra, non muoiono certo “per errore”).

    Alcuni sostengono che questa nuova “base” a Vicenza non si deve fare, perché l’inquinamento acustico raggiungerebbe livelli preoccupanti, quello atmosferico aumenterebbe in maniera esponenziale e perché la quantità di cemento che si riverserebbe in quel sito metterebbe in crisi il sistema ambientale. Problemi, questi, sicuramente importanti che riguardano la qualità della vita degli abitanti dei quartieri limitrofi al “Dal Molin” e, più in generale, di tutti i vicentini. Ma se da una parte è necessario preoccuparci dei problemi che riguardano la nostra salute e l’ambiente che ci circonda, pensiamo che sia altrettanto e più necessario occuparci della vita di milioni di persone che hanno la sola “colpa” di lottare non per qualche decibel in meno, non per polveri sottili dimezzate, ma per la propria stessa vita.

    Purtroppo, il movimento pacifista che nel 2003 scendeva in piazza al grido di “fermiamo la guerra prima che la guerra inizi” è scomparso “prima della prima bomba” su Baghdad. E anche recentemente, i “pacifisti”, non hanno battuto ciglio mentre l’esercito israeliano massacrava bambini, donne, anziani e distruggeva buona parte del Libano. Così come non hanno battuto ciglio quando il governo del “democratico” D’Alema e del “pacifista” Bertinotti votava il rifinanziamento dell’intervento militare in Afghanistan.

    In questo contesto il centro-sinistra adotta una strategia su due livelli: a livello nazionale appoggia all’unanimità le missioni militari (come quella in Libano) mentre a livello locale mobilita la propria base (cattolica, del volontariato, sindacale, girotondina, no global…) contro la futura caserma Ederle su posizioni ‘finto-pacifiste’, non certo per questioni “etiche”, ma semplicemente per spostare la maggiore parte possibile dell’opinione pubblica vicentina contro l’amministrazione comunale di centro-destra.

    E’ probabile che se anche la maggior parte dell’opinione pubblica si schierasse contro la realizzazione della base questa non potrebbe comunque essere fermata, pena il mancato raggiungimento degli obiettivi dell’imperialismo americano e l’innesco a catena di una serie di conseguenze estremamente pericolose per i loro interessi.

    La consapevolezza che l’aeroporto si farà (lì o in un altro posto) non porta a dire che non serve lottare contro la sua costruzione. Anzi, ci fa comprendere che questa lotta deve compiere un salto di qualità e trasformarsi in movimento di opposizione antimperialista. Se comprendiamo che inquinamento ambientale, sfruttamento capitalistico del lavoro e guerra per impadronirsi di risorse e ricchezze, sono tasselli di uno stesso puzzle, avremo fatto un passo avanti molto importante per iniziare un percorso di liberazione dal modello di sviluppo capitalistico, vero responsabile della devastazione della vita di miliardi di persone sull’intero pianeta.

    Per informazioni contattare: EMAIL: caaav@libero.it
    TEL: 340.4063172 (Vicenza) – 348.2900511 (Schio) – 340.3261570 (Bassano del Grappa)
    c/o Centro Brecht – Schio – Vi


    Alto Vicentino, 16 settembre 2006

    Gruppo promotore per un Coordinamento
    antimperialista antifascista dell’Alto Vicentino

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