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Arsenico Lupin

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(6 Dicembre 2010) Enzo Apicella
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Acqua: il ritorno dei privatizzatori

(3 Ottobre 2006)

Il ritiro della delibera che apriva le porte alla gara d’appalto per la cessione ai privati della gestione del servizio idrico integrato nelle province di Napoli e Caserta ha rappresentato una battuta d’arresto del processo di privatizzazione – risultato senz’altro importante strappato dai movimenti che per due anni si sono opposti a quest’ennesimo esproprio padronale.
Da allora, ovviamente, i privatizzatori non si sono arresi.
Ad oggi rimangono in piedi due strade: rispetto alla via maestra della cessione ai privati, a lungo perseguita da Bassolino e trasversalmente dalle forze tanto di centrodestra che di centrosinistra, si fa strada ora l’ipotesi della costituzione di una società per azioni inizialmente a capitale totalmente pubblico: una politica dei due tempi, che intende imporre sin d’ora al settore la logica aziendalistica, con la copertura del pubblico e di una nuova concertazione, per poi aprire ai privati successivamente, quando, tra l’altro, il settore, adeguatamente ristrutturato, si sarà confermato appetibile e remunerativo.
La prima conseguenza sarà l’ulteriore precarizzazione dei rapporti di lavoro, con le ennesime esternalizzazioni, come ci insegnano i dieci anni di privatizzazione nel paese.
Ciò in un quadro nel quale il governo Prodi, col d.d.l. Lanzillotta impone la compiuta cessione ai privati dei servizi pubblici, secondo i principi della “libera concorrenza” e della “libertà d’impresa”, impedendo di fatto la stessa partecipazione degli enti pubblici nelle forme delle s.p.a.
E’ il punto di arrivo di un processo non a caso inaugurato dal centrosinistra alla metà degli anni Novanta, con le riforme Bassanini e il Testo Unico sugli Enti Locali, che decretavano la fine delle “municipalizzate” e inauguravano l’aziendalizzazione del settore, dando inizio alla stagione delle società miste e delle partecipate.
Oggi il cerchio si chiude, e se il d.d.l. Lanzillotta sostiene di salvaguardare la “gestione pubblica” dei servizi idrici, è solo perché prospetta un pubblico totalmente aziendalizzato, aperto, tra l’altro, alla cooptazione di quei dirigenti e “esperti” delle reti nazionali (a partire dal Contratto Mondiale per l’acqua) che hanno già dichiarato la piena subalternità al “governo amico”.
Tantoppiù è necessario oggi opporsi tanto alla logica privatistica delle società per azioni, “pubbliche” e private che siano, che alle ipotesi neocorporative che, sotto la bandiera di una supposta “partecipazione dal basso”, in realtà prospettano l’ingresso, nei vari consigli di amministrazione e quant’altro, dei rappresentanti della cosiddetta “società civile”.
Non a caso l’ideologia della società civile, nel suo preteso interclassismo, ignora la banale differenza di sfruttatori e sfruttati.
Questo significa, però porre con forza la questione di una municipalizzazione dei servizi fondata su una partecipazione vera e di massa: sul controllo da parte dei lavoratori e delle popolazioni dei territori.

Movimento per il Partito Comunista dei Lavoratori-Sezione provinciale di Napoli

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