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(21 Dicembre 2011) Enzo Apicella

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LO SCIOPERO GENERALE FERMA L'ITALIA

(21 Ottobre 2002)

In 120 città italiane milioni di persone, salariati, pensionati, studenti, giovani e meno giovani senza lavoro e senza reddito hanno manifestato in difesa dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, dei diritti già cancellati e di quelli che Berlusconi vorrebbe ancora tagliare, contro la finanziaria e, più in generale, contro la politica economica e sociale del governo.

C'è un modo semplicissimo quanto oggettivo per sapere quanto si è scioperato nelle fabbriche: consiste nel calcolare i consumi elettrici e raffrontarli con quelli di un giorno, diciamo così, normale. Il dato, diffuso dalla Flne-Cgil ma registrato alle ore 10 dal Gestore di rete di trasmissione nazionale (Grtn), parla di una riduzione del consumo di circa 6.300 megawatt.
Tradotto in adesioni, vuol dire che il 58% dei lavoratori dell'industria ha incrociato le braccia.

Ma lo sciopero è andato benissimo anche nei servizi, nei trasporti in particolare: l'85% nel settore aereo, nei treni l'80% negli impianti fissi e il 75% tra gli addetti alla circolazione, analoghe le adesioni nel trasporto pubblico locale e nel settore marittimo.

La maggior parte delle scuole sono rimaste chiuse ma studenti e professori non sono rimasti chiusi in casa ma hanno invaso le manifestazioni sindacali, da Torino a Roma, da Milano a Palermo, da Genova a Napoli, a tutte le 120 città in cui si sonpo tenuti cortei e comizi.

Altissime le adesioni negli ospedali, nei ministeri e in tutti i settori del pubblico impiego.

Sono moltissime le fabbriche e i posti di lavoro in cui lo sciopero ha coinvolto più lavoratori di quanti si fossero fermati il 16 aprile in occasione dell'ultimo sciopero unitario di Cgil, Cisl e Uil, indetto per ragioni non dissimili da quelle che ieri hanno visto in piazza tra gli organizzatori la sola Cgil.

Anche i sindacati di base hanno scioperato, e in molte città italiane hanno organizzato cortei autonomi a cui hanno partecipato "disobbedienti", studenti e centri sociali.
In qualche caso questi cortei sono confluiti nelle stesse piazze della Cgil, in altri - è il caso di Roma - si sono conclusi in piazze diverse, con comizi autonomi.

A Roma, alla manifestazione del sindacalismo di base, dal palco un operaio della Fiat di Cassino, area Sincobas, accusa il "polo borghese del centrosinistra" e "quel tale Fassino" che rifiuta la proposta di nazionalizzazione della Fiat.

Sono un po' le due anime di questo corteo, "alternativo" a quello della Cgil: il sindacalismo di base, che ha portato in piazza impiegati e precari (quelli della scuola avvolti da capo a piedi in una tuta bianca), e l'area che potremmo definire no global, composta soprattutto da studenti medi e da qualche centro sociale, e che contesta Moratti e il governo per la riforma della scuola.

Un corteo che impiega 35 minuti esatti a entrare in piazza San Giovanni: probabilmente 15-20 mila, comunque più di quanti se ne attendessero alla vigilia, considerato che buona parte del Roma social forum, che pure aveva lasciato libertà di scelta tra i due cortei, se n'è andata a quello della Cgil; che dei Disobbedienti che la notte precedente avevano preso parte alla Scioparade se ne sono visti ben pochi.

La parola d'ordine unificante del corteo è quella che campeggia in grande stile dietro al palco di San Giovanni, «No alla guerra», le altre sono un po' la sintesi delle diverse anime che sfilano ordinatamente ognuna dietro il proprio striscione: no «a una finanziaria che distrugge reddito, posti di lavoro e strutture pubbliche», no al Patto per l'Italia, estensione dell'articolo 18 a tutto il lavoro dipendente, reddito garantito e assunzione dei precari, "eliminazione delle gabbie salariali europee" con un contratto unico (magari pensando anche a giornate di lotta su scala continetale), ripristino della scala mobile, opposizione alla Bossi-Fini, solidarietà alla lotta del popolo palestinese.

"Obiettivi fortemente intrecciati", per Piero Bernocchi, che sottolinea l'"unità con gli studenti e con chi nel movimento si pone il problema di ricostruire nuove rigidità e di lavorare per un nuovo statuto dei lavoratori".

Ed è su questa piattaforma, alternativa a quella della Cgil, che i Cobas sono scesi in piazza in diverse città d'Italia, portando in piazza diverse decine di migliaia di persone (trecentomila, secondo le loro stime) tra la capitale, appunto, Milano, Napoli, Firenze, Bologna, Palermo e Genova.

A Cassino, corteo separato dei Sincobas dopo che la Cgil, per ragioni politiche, spiega Luciano Muhlbauer, aveva formalmente rifiutato la nostra proposta di unificare i cortei di Cassino.

Centro di documentazione e lotta - Roma

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