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La natura del nostro internazionalismo

Non è tutto rosso quello che luccica

(11 Ottobre 2006)

Il sostegno internazionalista ai movimenti nazionali di liberazione non può esimerci dall’analizzare seriamente la natura di questi movimenti.
Scritte di sostegno incondizionato ad Hezbollah, Amadinejad o Saddam magari firmate con falce e martello, mi lasciano alquanto perplesso. Come comunisti, non possiamo applaudire appassionatamente ogni manifestazione di opposizione all’imperialismo americano od europeo, senza approfondire e storicizzare, quasi che impugnare il kalashnikov e indossare la kefiah o altro abbigliamento e fisionomia esotico-guerrigliera sia condizione sufficiente per scatenare il più irrefrenabile ed acritico entusiasmo.

Prendiamo ad esempio il partito Hezbollah: indubbiamente coraggioso e tenace oppositore dell’aggressore militare sionista. E’ opinione diffusa che siano rimasti gli unici a contrastare militarmente il nemico sionista, mentre le sinistre libanesi (perché, non dimentichiamolo, gli Hezbollah sono un partito di destra, rappresentanza politica di settori della borghesia mussulmano-sciita) si sono quasi estinte.
C’è una ragione storica: l’eliminazione fisica operata negli anni 70-80 dalla Siria e dai suoi sicari (Amal, Hezbollah, socialpopolari drusi di Jumblatt) dei militanti della sinistra palestinese e libanese. Chi ricorda il massacro dei diecimila palestinesi a Tel el Zaatar, perpetrato materialmente dai fascisti della Falange, ma reso possibile dalla “cintura protettiva” dei carri armati di Damasco? Proprio come avvenuto pochi anni dopo a Sabra e Chatila, solo che in questo caso i carri armati portavano la stella di David. E ancora: l’attacco contro le basi di vari gruppi comunisti libanesi e del Morabitoun (sinistra nasseriana) ad opera delle milizie filo-siriane a Tiro, Sidone ed a Beirut. Tutto in funzione della penetrazione imperialista della Siria in Libano, che non ammetteva un contro-potere palestinese in Libano, dal quale traevano ispirazione e sostegno le forze di sinistra per superare la costituzione a carattere interconfessionale e che mal sopportavano la tutela siriana sul Libano. Militanti delle organizzazioni di sinistra palestinesi Fronte Popolare, Fronte Democratico, e Al Fatah, hanno ingaggiato delle vere e proprie battaglie contro le truppe di Assad (padre) che li attaccavano per scacciarli dal Libano.
Di fronte all’attacco concentrico (Siriani, Israeliani e Falangisti) alla fine degli anni settanta i palestinesi erano costretti a soccombere. E con loro venivano disarmate e ridimensionate le milizie della sinistra libanese Restava così in vigore l’ordinamento interconfessionale dello stato libanese, sotto tutela siriana.

Questa situazione è stata messa in discussione dall’imperialismo israeliano per propri fini di dominio regionale. In questo quadro hanno acquistato prestigio gli Hezbollah, pressoché irrilevanti militarmente nelle due fasi della guerra civile libanese (nel 1975-76 vinta di fatto dalle forze laiche e di sinistra, mentre la seconda fase 1978-79 dai filo-siriani). In seguito il “partito di Allah” ha costruito un potere economico-affaristico e politico nel sud del Libano, attraverso il controllo monopolistico del commercio locale, favorito dalla Siria. Anche in virtù di una sperimentata abilità mediatica. Grazie alla disponibilità di denaro (proventi di petrodollari iraniani, concessi generosamente per contiguità confessionale e espansionismo subimperialista dal regime teocratico di Teheran), di armi, di copertura politica e relazioni d’affari da parte del regime di Assad, si sono asserragliati nel sud e nelle zone a ridosso del confine israeliano e le controllano con metodi clientelari (ricordate la vecchia DC nel nostro mezzogiorno?) accompagnati da minacce per chi non si assoggetta (migliaia di persone sono state costrette a trasferirsi a Beirut) e sovvenzioni generose per chi invece li asseconda.

Trattandosi comunque di un movimento che opera sul suolo del proprio paese, è giocoforza in rotta di collisione con l’aggressione militare perpetrata da Israele, e costretto quindi a combatterlo.

Andrebbe aperta una parentesi sul ruolo dei movimenti islamico-integralisti, in medio oriente. Hamas in Palestina, Hezbollah in Libano, ecc., favoriti persino dagli Usa e da Israele in una prima fase, in funzione anti-sovietica e anti-OLP. Questi movimenti, che hanno assunto il ruolo di principali oppositori di Israele e difensori delle identità culturali e religiose dei popoli arabi, rappresentano di fatto il principale ostacolo allo svilupparsi di una coscienza laica e socialista tra le masse mediorientali.

Di fronte ad un nemico imperialista (Israele) che rappresenta la punta di diamante della strategia della guerra infinita ideata dall’imperialismo statunitense, l’opposizione dei marxisti rivoluzionari e l’imbastimento di una campagna antimperialista prevede anche il sostegno a quei movimenti di resistenza che vi si oppongono, Hezbollah compresi, che rappresentano comunque in questa fase un avversario ed un ostacolo per le strategie di dominio dell’imperialismo. Tuttavia occorrerà tenere gli occhi bene aperti, nostro interesse sarà di appoggiare le lotte del proletariato libanese e palestinese contro le aggressioni imperialiste ma al contempo anche contro i propri sfruttatori locali. Senza mai dimenticare che nel nostro orizzonte ci deve essere l’unione della classe operaia libanese, palestinese, siriana ed israeliana contro il dominio delle proprie rispettive borghesie, laiche o confessionali, filoamericane o filosiriane o filoiraniane che siano.

La sconfitta dell’imperialismo sionista (e sappiamo che non sarà una passeggiata) è solo il primo passo.

La coerenza della nostra azione politica verrebbe meno se da un lato continuassimo a combattere il nostro governo borghese e la strategia di sottomissione-collaborazione di classe dei partiti che la propugnano (Rifondazione e Comunisti tricolorati) e dall’altro accettassimo acriticamente di sostenere altrove forze espressione di lobbies delle borghesie nazionali, e magari coalizioni frontiste con le borghesie nazionali di altri paesi.
Hezbollah infatti è partito di governo nella coalizione liberista guidata dallo sciita moderato Nabih Berri (partito Amal), e protagonista della stessa politica di privatizzazioni e sacrifici che combattiamo qui!

E’ bene tenerlo presente, no?

Non faremmo un buon servizio alle masse libanesi o palestinesi se le invitassimo a mettersi sotto la direzione di Hezbollah od Hamas, anziché promovere l’autorganizzazione di classe del proletariato e la costituzione di partiti marxisti rivoluzionari
anche in quei paesi.

Umberto Cotogni
mPCL La Spezia

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Commenti (1)

La natura del nostro internazionalismo. Risposta a Cotogni

Ti arrampichi sugli specchi. La resistenza è tale anche se chi la fa è lontano dalla tua ideologia e gli obbiettivi sono diversi. Se la connotazione religiosa, così come si è delineata nei processi reali in corso nel mondo musulmano sotto occupazione, è l'UNICA risposta in grado di costruire opposizione "reale" ad un processo imperialista, l'unica in grado di unificare masse e magari anche vincere battaglie ebbene, bisogna tenerne conto. Non dimenticare che i movimenti socialisti di liberazione, le cosidette risposte "laiche" si sono progressivamente dissolti in ogni angolo del mondo, incapaci, ideologicamente incapaci, di reggere l'impatto dell'omologazione liberista e imperialsta. Sto solo dicendo che il pensiero "laico" da solo non basta più, e non ho difficoltà ad ammettere le mie piccole soddisfazioni per le "piccole" vittorie di Hezbollah contro un gigante arrogante e pericoloso, e gli affondi sinceri e dignitosissimi del Presidente iraniano. Saluti.

(12 Ottobre 2006)

saverio

rssp@email.it

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