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Considerazioni sulla Finanziaria

(sulla base delle notizie disponibili al 22 ottobre 2006)

(29 Ottobre 2006)

1 Secondo la Corte dei Conti “la manovra lorda per il 2007 risulta pari a 33,4 miliardi, dei quali 14,8 destinati al contenimento del disavanzo mentre i restanti 18,6 sono utilizzati per interventi sullo sviluppo, per misure di equità sociale e per altre esigenze di spesa molto differenziate…ma inderogabili”. Fra questi interventi c’è il cuneo, le nuove aliquote Irpef ma anche il rinnovo di contratti pubblici e le missioni militari.
Sempre secondo la Corte dei Conti, le maggiori entrate dovrebbero aggirarsi fra i 20 e i 22 miliardi, due terzi della manovra; se poi gli enti territoriali ricorreranno alla leva fiscale non è da escludere di arrivare, con le entrate, all’80% del totale della manovra.
Una precisazione: i 14,8 miliardi destinati al contenimento del disavanzo servono a portare il deficit dal 4,8 (una previsione molto discussa) al 2,8% a fine 2007.
Sull’entità totale della manovra è avvenuto una specie di giallo: in un primo momento è tornata a 34,7 miliardi, pare per qualche conto mal fatto, e ci è rimasta anche dopo lo sconto di 1 miliardo concesso ai sindaci. Ora pare sia cresciuta a 40 miliardi per via del rimborso dell’IVA, dopo l’intervento dell’Europa, relativo alle auto aziendali acquistate negli anni scorsi e sulle quali lo stato non aveva concesso l’esenzione. Si tratta di una cifra consistente, intorno ai 14 miliardi di euro da spalmare in più anni, che va a beneficio di parecchi; rigorosamente escluse le famiglie dei lavoratori dipendenti e quelle dei pensionati che vivono della loro pensione (a conferma che l’Europa sta sempre dall’altra parte). Secondo Il sole 24 ore, molto attento alla vicenda, la manovra è a quota 46 miliardi perché ci va aggiunta la manovrina d’estate. Non sbagliando.

2 La proposta di stabilizzazione del debito avanzata da numerosi economisti e sostenuta da Alfonso Gianni è stata ignorata. Ignorata anche quella del ministro Ferrero di spalmare su due anni la manovra (rientrare nei parametri di Maastricht a fine 2008 e non a fine 2007). Dopo che il ministro Padoa Schioppa aveva annunciato la riduzione della manovra di 5 miliardi, da 35 a 30, dalla sinistra era stata avanzata la proposta di ridurre ulteriormente la cifra a 25-26 miliardi di euro. Una proposta un po’ confusa visto che in una Finanziaria si sommano entrate e uscite (basta pensare alle auto aziendali dette sopra). L’intento era comunque chiaro: ignorata anche quella, più delle altre due.

3 Il ridisegno delle aliquote Irpef è il cosmetico di questa Finanziaria 2007, il fiore all’occhiello. E’ il capitolo che presenta le maggiori novità rispetto a tutte le Finanziarie precedenti, comprese, naturalmente, quelle degli anni di Berlusconi.
Sono stati fissati nuovi scaglioni di reddito, riscritte le aliquote, cancellata la no tax area sostituita da detrazioni. L’eliminazione della no tax area garantisce una maggior progressività alla tassazione: prima tutti i redditi usufruivano di una cifra, uguale per tutti, esentasse; con le detrazioni oltre un certo reddito sparisce la quota esentasse. Se da un lato questo nuovo metodo premia l’equità dall’altro danneggia perché fa aumentare, a parità di reddito, le addizionali dell’Irpef introdotte da comuni e Regioni
Cercare di arrivare, coi mezzi di cui dispone il singolo analista, ad una valutazione complessiva dell’intera manovra è praticamente impossibile: c’è il single, ci sono le famiglie, le persone a carico, le detrazioni… un puzzle inestricabile.
L’unica strada per arrivare ad un giudizio complessivo è affidarsi agli studi di chi ha gli strumenti per farli. Che sono, comunque, da interpretare.
E allora, secondo l’Isae (un istituto pubblico non governativo), la sola rimodulazione Irpef dovrebbe portare vantaggi al 60,3% delle famiglie, svantaggi al 25,8%, mentre per il 13,9% l’impatto sarà neutro.
Se si tiene conto, invece, di tutte le nuove misure fiscali introdotte dalla Finanziaria (oltre all’Irpef, le addizionali locali e i contributi), sempre secondo l’Isae, ne trarranno benefici solo il 48,5%, svantaggi il 45,5%, mentre sarà neutra per il restante 6%. L’Isae non ha tenuto conto degli assegni familiari.
L’Istat ha fatto un’altra simulazione: ha messo assieme la manovra Irpef e le modifiche degli assegni familiari (ma non le addizionali locali né l’aumento dei contributi). Viene fuori che avranno 263 euro in media l’anno 16 milioni di famiglie, mentre 4,8 milioni perderanno una media di circa 400 euro l’anno. La manovra dovrebbe far uscire dal limite fissato della povertà relativa 140 mila famiglie su 2,6 milioni.
Il sole 24 ore, dopo vari tentativi, ha pubblicato il 9 ottobre, un suo studio articolato in due capitoli: nel primo riporta le cifre complessive dell’operazione e come verrà ripartita, nel secondo gli effetti sui vari contribuenti senza tener conto, però, dei carichi di famiglia.
La cifra complessiva da distribuire è pari a 7,3 miliardi di euro che andrebbe così ripartita: ai lavoratori autonomi 1,6 miliardi, ai lavoratori dipendenti 3,8, ai pensionati 1,85 milioni di euro.
Per quanto riguarda soggetti senza carichi di famiglia, viene fuori che gli autonomi ci guadagnano in media 118 euro l’anno, i lavoratori dipendenti 60 e i pensionati 134. Fra gli autonomi, per i quali sono stati considerati i redditi medi dichiarati, pagherebbero di più solo notai, farmacisti, commercialisti, medici con proprio studio, dentisti e pochi altri.
Sempre secondo Il sole 24 ore la manovra non è a somma zero, come era stato inizialmente precisato: nel primo anno lo stato registrerà fra entrate e uscite, riferite al solo ridisegno dell’Irpef, un saldo positivo di 433 milioni che diventeranno 900 nel 2008 (serviranno ad incrementare il fondo per gli assegni familiari).
Per valutare l’effetto ridistribuivo della manovra è interessante uno studio pubblicato su il sito La voce riguardanti le famiglie suddivise in decili: non c’è decile di famiglie, fra quelle che ci guadagnano, che vede aumentare il proprio reddito oltre l’1%. A conferma di questo studio l’Istat ha comunicato che il decimo delle famiglie più povere vedrà aumentare il proprio reddito familiare disponibile dell’0,8%, e quelle a reddito basso e medio intorno all’1%.
Che dire davanti a tutte queste cifre? Che c’è una limitata redistribuzione della ricchezza a vantaggio dei redditi bassi e medi. Che se ne avvantaggeranno, in particolare, i lavoratori autonomi considerato che gran parte di questi dichiarano redditi inferiori a quelli di un operaio. Che andrà bene anche ai lavoratori con carichi di famiglia mentre andrà male, a parità di reddito, ai single. Draghi, il Governatore della Banca d’Italia, ha portato, in proposito, un esempio molto chiaro: un lavoratore che guadagna 1.468 euro il mese netti con moglie e due figli a carico porterà a casa, in più, 230 euro l’anno. Un single con la stessa retribuzione porterà casa, invece, 120 euro in meno. Stando alle numerose tabelle consultate ci risulta che il primo lavoratore, quello con famiglia a carico, dovrebbe essere il contribuente più fortunato di tutti.
Per concludere. Ci pare che la questione sia parecchio ingarbugliata ma è poco credibile addebitare alla incapacità di comunicare del governo lo scarso entusiasmo popolare per questa posta della Finanziaria. Poter bere, bene che vada, una decina di caffè in più il mese (Deaglio su La stampa) è meglio che doverci rinunciare. Ma difficile generi entusiasmo.

4 L’interveto meno accettabile è sicuramente quello riguardante la sanità. È convinzione ancora diffusa che la sanità debba essere un diritto universale da garantire, pertanto, a tutti. Già il cittadino che è costretto a ricorrere alla sanità non può certo definirsi fortunato se poi ci si aggiunge una tassa da pagare vien da dire agli zoppi grucciate! Il governo ha deciso di non finanziare la spesa sanitaria prevista per il 2007 e ha, contemporaneamente, deciso il modo come le regioni debbano sopperire a questo taglio: previsti nuovi ticket per le visite non seguite da ricovero al pronto soccorso, un nuovo ticket per le ricette riguardanti esami e visite specialistiche. Spesa annua prevista, a detta della Turco, per ogni famiglia 44 euro (ai 3 miliardi di minor spesa complessiva si arriva con una manovra riguardante i prezzi dei farmaci praticati dall’industria del settore). La ministra ha avuto il coraggio di sostenere che è stato fatto “un vero capolavoro” che era dovere del governo (cioè suo) “salvare il sistema sanitario”. Non sarebbe male smettesse di fare capolavori e facesse quello che ha fatto qualche suo predecessore. Ultimo piccolo capolavoro: nelle regioni dove gli amministratori non riusciranno a rientrare nella spesa prevista si potranno introdurre nuovi ticket col bel risultato di scaricare sui cittadini le colpe degli amministratori.

5 Seconda voce rilevante di tagli, i trasferimenti a comuni e province per un importo pari ai 3,4 miliardi di euro e 1,8 miliardi alle Regioni. I comuni e le province sono arrivati a questa cifra dopo un duro confronto col governo riuscendo a strappare anche la possibilità di mantenere l’attuale tetto dell’indebitamento in un primo tempo drasticamente ridotto. Alle Regioni, anch’esse in ribellione, il governo non ha fatto sconti ha concesso solo di mantenere il tetto del precedente indebitamento. Nessuno obbliga, ha detto Padoa Schioppa ad aumentare le tasse “basta amministrare nel modo più economico possibile”. Ma intanto il governo ha concesso la possibilità di un incremento dell’addizionale Irpef, di istituire tributi di scopo, di introdurre una tassa di soggiorno, di gestire autonomamente il catasto. In aggiunta per i comuni in disavanzo scatteranno sanzioni automatiche di aumento dell'addizionale Irpef.
Quanto costerà a famiglia, in media, questo taglio non è difficile calcolarlo: tutti questi soldi che mancano si ripartiranno fra 20 milioni, quante sono, grosso modo, le famiglie italiane. Si può tranquillamente affermare che la spesa in più si rimangia parecchi benefici dovuti all’Irpef. Questa riduzione dei trasferimenti va ricordata a chi considera un gran successo alcuni stanziamenti previsti nella Finanziaria come quelli per gli asili nido (100 milioni) o per i non autosufficienti (altri 150 milioni dopo i 300 aggiunti nella manovra bis di giugno). Come fa osservare giustamente Il sole 24 ore varie volte, in passato, questi tipi di stanziamenti sono stati vanificati dalle riduzioni dei trasferimenti.

6 Il cuneo fiscale, Come ha scritto giustamente su Liberazione Sansonetti, non è certo una misura che va nel senso dell’equità la riduzione del cuneo fiscale di 5 punti visto che alle imprese andrà il 60% e il resto “doveva” andare ai lavoratori. Come tutti sanno il valore aggiunto, la ricchezza che si crea nelle imprese, si ripartisce fra le imprese e chi lavora. Ebbene, da trent’anni a questa parte, le imprese stanno aumentando, anno dopo anno, la loro quota: nel 1975 si prendevano il 29%, nel 1990 il 35%, nel 1996 il 42%, nel 2000 il 44%, oggi il 46%. Vista la ripartizione del cuneo fiscale decisa dal governo Prodi non ci sarà da meravigliarsi se la tabella riguardante questa voce, che di solito accompagna la Relazione annuale del Governatore della Banca d’Italia, vedrà le imprese, il prossimo anno, portare a casa uno 0,5% in più. Un risultato che consoliderà il primo posto che, in questa classifica particolare, occupano da parecchi anni i “padroni” italiani.
Il taglio dei cinque punti del cuneo porterà alle imprese, sotto forma di uno sconto sull’Irap, 2,45 miliardi nel 2007, 4,4 miliardi nel 2008 e non riguarderà banche, enti finanziari, settori regolati dei servizi di pubblica utilità.
Poiché l’Irap è una tassa che va alle Regioni per finanziare, essenzialmente, la spesa sanitaria non è chiaro il modo come lo stato restituirà, se li restituirà, questi soldi alle regioni (l’Irap era la tassa più “adatta” per introdurre il cuneo).
Ha generato una profondissima delusione, ma è un eufemismo, il fatto che il 40% del cuneo che doveva andare ai lavoratori è compreso nella rimodulazione delle aliquote Irpef (che, come tutti sanno, non riguarda solo i cittadini lavoratori dipendenti ma tutti i cittadini contribuenti). E così i lavoratori che erano stati illusi dai benefici che sarebbero dovuti arrivare dal taglio del cuneo, si troveranno non con una riduzione ma con un cuneo più marcato visto che in Finanziaria è previsto un aumento dei contributi pensionistici (lo 0,3% in più).
Due considerazioni finali.
La prima. Poiché il regalo (permanente) riguarderà solo i lavoratori a tempo determinato dovrebbe consentire il passaggio a questa condizione di parecchi contratti oggi a tempo determinato. E’ probabile.
La seconda. Questi soldi dovrebbero favorire un rilancio delle spese per investimenti. Siamo pronti a scommettere, con i ritmi di crescita previsti, che non accadrà; c’è da aggiungere che l’Italia sta registrando, si può dire da sempre, la più alta quota di investimenti, in rapporto al PIL, fra i paesi europei (più anche degli Stati Uniti). Un dato troppe volte ignorato anche dalla sinistra.

7 Doppio intervento sulle rendite finanziarie: titoli di stato e plusvalenze derivanti dai guadagni di borsa non saranno più tassati al 12,5% ma al 20%. Sui conti corrente la tassazione passerà dal 27 al 20% (e questa è una buona notizia anche per i redditi fissi). Non è ancora deciso ma, stando alla proposta della Commissione istituita dal governo, per quanto riguarda i titoli di stato, non ci sarà alcuna distinzione fra emissioni vecchie e nuove. Tassare tutte le rendite finanziarie con la stessa aliquota, senza adottare franchigie per le “classi meno agiate”, è una misura tutt’altro che equa perché equipara il lavoratore che va in pensione e investe la sua liquidazione in Bot a chi specula in Borsa. Al quale, in aggiunta, è concesso di scovare in giro per il mondo occasioni di investimenti esentasse.

8 Il trasferimento all’INPS del 50% degli accantonamenti annuali non optati, cioè non investiti in fondi privati, per le liquidazioni, non riguarderà, come era stato indicato in un primo momento, tutte le imprese ma solo quelle con oltre 50 addetti (è l’accordo fatto con Confindustria). L’entrata prevista, 5,5 miliardi, non dovrebbe cambiare di molto visto che verrà versato non più il 50 ma il 100%. Dovrebbero essere soldi da destinare alla opere pubbliche ma non è detto: secondo la commissione europea dovrebbero andare a ridurre il debito. Le proteste espresse fin da subito dalla Confindustria avevano chiare motivazioni politiche avendo il governo garantito tutte le dovute compensazioni (“alle imprese andranno le compensazioni già previste nel caso in cui il Tfr vada ai fondi pensione” ha detto subito il Ministro Santagata). La Confindustria ha voluto andare a vedere e ha strappato un patto che prevede, per i suoi associati che verseranno all’INPS la quota di Tfr, forse, qualcosa in più di una compensazione. Questo trasferimento è un marchingegno che ricorda, da vicino, la finanza creativa dell’ex Ministro Tremonti: secondo Draghi, in tempi brevi, al governo risulterà più conveniente finanziarsi in Bot anziché ricorrere a questo prestito forzoso.
La cosa che scandalizza è che a decidere di come impiegare i soldi dei lavoratori siano Confindustria, governo e sindacati confederali senza neanche porsi il problema di consultarli (si indigna perfino l’economista Tito Boeri, sostenitore a spada tratta dei fondi pensione privati).
Da aggiungere che viene anticipata di una anno la scelta della previdenza integrativa utilizzando il metodo del silenzio assenso, un sistema taglia gole...

9 Il gran parlare dell’aumento del bollo per i Suv ha posto in secondo piano un aumento delle accise sul gasolio e un aumento del bollo tutt’altro che selettivo visto che si abbatterà su ben 30 milioni di automobilisti: la media dell’aumento, che varierà secondo il tasso di inquinamento del mezzo, è pari al 10,5% (entrata complessiva in più, 452 milioni). Chi pensa che questa tassa abbia all’origine una volontà ambientalista è… fuori strada: serve esclusivamente a far cassa. Questo non toglie che il settore auto sia il principale responsabile delle emissioni di CO2 dopo il termoelettrico.

10 Dalla revisione degli studi di settore e dalle norme per contrastare l’evasione il governo si aspetta entrate pari a 8 miliardi di euro. Gli studi di settore, che verranno aggiornati ogni tre anni anziché quattro, dovrebbero far entrare 3,2 miliardi in più. E’ opinione generale che la cifra complessiva prevista sia decisamente sovrastimata. Secondo il governo, è quindi dato ufficiale, il valore aggiunto che sfugge al fisco è pari a 200 miliardi di euro l’anno. La cifra si riferisce, sicuramente, ai redditi occultati nell’ipotesi l’Italia registrasse la media di evasione europea (stando alla Cgia di Mestre, nel 2005, è stato occultata al fisco una cifra pari a 311 miliardi di euro). In alcune regioni l’entità dell’evasione è addirittura superiore alla base imponibile.
Una campagna di stampa ben orchestrata ha indicato nei lavoratori autonomi e nelle piccole imprese l’area della maggior evasione fiscale. Una evasione che si basa sulla mancata emissione di scontrini, ricevute e fatture fiscali. Secondo la Cgia, una indiscussa autorità in materia, questa evasione fa mancare allo stato 4 miliardi di euro l’anno. Una cifra decisamente maggiore, 7 miliardi di euro, la fanno mancare le 700 mila società di capitali esistenti nel nostro paese, metà delle quali dichiarano redditi negativi o pari a zero (e quindi non versano un euro di tasse). Per quanto riguarda le multinazionali hanno mille possibilità a disposizione per non finire nell’elenco degli evasori e neanche in quello dei contribuenti. I buchi neri restano, comunque, l’economia sommersa, con 200 miliardi di redditi occultati e l’economia del crimine con 100 miliardi.
Visco ha promesso in cinque anni di portare l’Italia ad un livello di evasione pari a quello europeo.
La base di partenza è tutt’altro che buona. Stando ad una recente inchiesta pubblicata da Il sole 24 ore il lavoro degli organi preposti a combattere l’evasione ha scoperto, nel 2000, 18,7 miliardi di tasse non pagate (secondo le solite stime le tasse non pagate dovrebbero aggirarsi intorno ai 120-130 miliardi). A distanza di cinque anni la cifra entrata è pari a 416 milioni il 2,22% di quanto accertato e lo 0,3- 0,4% dell’evasione totale.
Chi scrive riconosce a Visco capacità, volontà di fare ma per vincere battaglia del fisco non bastano queste doti. C’è bisogno di altro: della gente in piazza.

11 Viene ripristinata la tassa sulle successione e le donazioni, soppressa dal governo Berlusconi nel 2001, dai patrimoni che superano la cifra di 1 milione di euro. Porterà pochi soldi nelle casse dello stato ma è una buona notizia: non si vive di solo pane. Positiva la decisione di assumere 150 mila precari nella scuola, negativo che questo provvedimento sia all’interno di un piano che prevede un taglio complessivo al settore della scuola di 1,4 miliardi con la perdita di almeno 50 mila posti di lavoro.

12 Il commento finale lo lasciamo a Prodi che, in una intervista alla spagnolo El Paìs, ha detto: “Non abbiamo dato niente ai sindacati. Abbiamo dato tutto il possibile alle categorie più deboli del paese. Onestamente, i più favoriti dal progetto di legge di bilancio sono la Confindustria, gli imprenditori. Le imprese avranno a disposizione 7 miliardi di euro per stimolare l’economia... per il momento abbiamo dato il segnale che intendiamo cambiare la situazione italiana, dove la sperequazione nella spartizione della ricchezza raggiunge livelli che non eguali in Europa”. Niente da aggiungere.

Gianni Rigacci

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