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Iraq: la fattoria degli orrori

Un lager nella villa di Chalabi, l’uomo di fiducia di Washington

(23 Ottobre 2006)

Ahmed Chalabi sarebbe coinvolto direttamente nei sequestri e nelle stragi delle famigerate ‘squadre della morte’. Secondo il sito iracheno d’informazione Iraqirabita, l’ex uomo di fiducia di Washington in Iraq, all’interno della sua fattoria a Baghdad, avrebbe un piccolo campo di concentramento dove vengono rinchiuse intere famiglie di sunniti.

Una figura controversa. Ahmed Chalabi, per un periodo, è stato su tutte le prime pagine dei giornali. Era il 2002 e la diplomazia degli Stati Uniti preparava mediaticamente l’attacco all’Iraq. Oltre alla diffusione dei preoccupanti report sulle armi di distruzione di massa possedute da Saddam, che non sono mai state trovate, e al legame tra il dittatore iracheno e al-Qaeda, mai provato, si parlava anche del fronte dissidente degli iracheni all’estero, guidato da Chalabi. Il finanziere, noto alle cronache per il crack finanziario di una banca giordana, era presentato come l’uomo nuovo dell’Iraq del futuro. Chalabi in realtà si dimostrò un bluff. Privo dell’appoggio interno che millantava (alle elezioni di dicembre 2005 il suo partito non conquistò neanche un seggio), grazie al quale si era guadagnato uno stipendio dalla Cia, venne successivamente scaricato dagli Stati Uniti. Venne addirittura emesso un ordine di cattura ai suoi danni, ma alla fine Chalabi se l’è sempre cavata, restando a galla e continuando a fare buoni affari grazie allo sfruttamento delle risorse dell’Iraq ‘liberato’, e collaborando, più o meno apertamente, con le forze della Coalizione.

Due testimoni scomodi. A raccontare del coinvolgimento di Chalabi nei rapimenti a sfondo religioso è stato un uomo che ha lavorato per lui, in qualità di giardiniere e guardia del corpo, nella sua tenuta a Baghdad (nel cuore del quartiere residenziale di al-Huriya), dove il testimone oculare ha visto con i suoi occhi una parte del parco adibita a carcere con 140 gabbie metalliche. Il giardiniere di Chalabi racconta anche di aver chiesto spiegazioni a uno degli uomini della milizia personale di cui si circonda l’uomo politico, ricevendo come risposta l’invito a farsi i fatti suoi e a non curarsi di quei terroristi. L’uomo racconta anche che l’esercito di Chalabi, con 17 Land Cruiser, 9 Bmw e 6 Opel, tutte senza targa, partiva la notte per vere e proprie spedizioni punitive in città ai danni dei sunniti. Personalmente non ha mai visto uccidere qualcuno, ma ha constatato come decine di cadaveri venissero poi ritrovati alle porte della fattoria. Per non parlare di un uomo, definito un ladro, che è stato crocifisso all’ingresso della tenuta, come monito, ed è rimasto là fino a quando non si è decomposto. Infine l’uomo ha aggiunto che, ogni giorno, Chalabi riceve nella sua casa Jalal al-Din al-Sagir, uno dei religiosi maggiormente coinvolti con le squadre della morte. Dei legami tra Chalabi, la Coalizione e il governo iracheno ha parlato anche un altro testimone diretto, ex miliziano al servizio di Chalabi, il quale più o meno un mese fa aveva dichiarato che le ‘squadre della morte’ agivano con il compito preciso di destabilizzare il Paese per arrivare al federalismo, obiettivo delle forze di occupazione e soluzione mirata all’attuale caos iracheno. Gli uomini di Chalabi, secondo la testimonianza raccolta dal giornalista Sabah Ali e pubblicata in Italia dal manifesto, partecipavano in prima persona alle stragi e poi molti di loro sono stati fatti confluire nell’esercito e nella polizia iracheni.

19.10.2006

Christian Elia
PeaceReporter

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